Indagine “esplosa” nel 2013: «Concussione e voto di scambio all’Asl di Benevento». Cadute tutte le accuse, anche per gli altri imputati. La Procura voleva 8 anni di carcere
«Oggi vince la giustizia e finisce un incubo. Ma ho perso sette anni di serenità della mia vita, che mi hanno causato enormi sofferenze». L’ex ministro Nunzia De Girolamo commenta così l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» pronunciata ieri dal tribunale di Benevento nei confronti suoi e degli altri sette imputati per presunte irregolarità di gestione nella Asl sannita.
Dunque l’ex ministro delle Politiche Agricole del governo Letta, Nunzia De Girolamo, dopo una lunga gogna mediatica è stata assolta dalle accuse di associazione per delinquere, concussione e utilità per ottenere il voto elettorale quando il pm Assunta Tillo aveva chiesto 8 anni e 3 mesi di reclusione.
Di fatto i giudici Fallarino, Simonetta Rotili e Francesca Telaro non hanno riconosciuto l’impianto accusatorio in merito alla gestione opaca del sistema sanitario sannita, con nomine, consulenze e appalti utilizzati per creare consenso elettorale. L’inchiesta risale al 2012 e fu innescata dalla denuncia dell’ex direttore generale dell’Asl di Benevento, Michele Rossi.
L’inchiesta Sanitopoli è stata quindi completamente smontata: insieme a De Girolamo sono stati assolti con la stessa formula tutti gli altri sette imputati.
Gli accertamenti sul caso, come detto, erano scattati dopo la denuncia dell’ex direttore generale dell’Asl Michele Rossi contro l’ex direttore amministrativo Felice Pisapia. A parere di Rossi i conti non tornavano, considerando i mandati di pagamento emessi a favore di alcune ditte fornitrici dell’Asl. Rossi prende dunque la decisione di consegnare agli inquirenti un fascicolo che a suo dire avrebbe messo in evidenza una gestione non trasparente delle risorse.
A dicembre 2012 viene licenziato il direttore amministrativo e i magistrati cominciano, con la Guardia di finanza, a spulciare i conti dell’azienda sanitaria. Nel 2013 arrivano i primi provvedimenti cautelari. Finiscono nel mirino lo stesso Pisapia, ma anche Rossi risulta indagato e si scoperchia il vaso di Pandora. E tra gli indagati figura per la prima volta anche l’allora ministro Nunzia De Girolamo.
La parlamentare di Forza Italia passata nella fila del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano per sostenere il governo, viene indicata dai pm come l’apice di un direttorio politico che a Benevento gestisce nomine, consulenze, affari. Interrogato per giorni, Pisapia consegna agli inquirenti anche due cd contenenti registrazioni audio che avrebbe fatto in casa del padre della De Girolamo in occasioni di riunioni di quel direttorio, come viene poi definito dal gip di Benevento Flavio Cusani. Sull’utilizzabilità di quelle registrazioni, poi acquisite attraverso perizie di esperti nominati dalla procura di Benevento, si consumerà anche uno scontro processuale, ma quei file audio vengono poi acquisiti come fonti di prova.
Il rinvio a giudizio per gli otto indagati arriva a settembre 2016 e il processo comincia due mesi più tardi. Da allora, la vita di Nunzia De Girolamo viene completamente sconvolta. Ma ieri finalmente la sentenza di assoluzione per De Girolamo e il resto degli indagati perché il fatto non sussiste.
A difendere De Girolamo l’avvocato Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali: «Siamo enormemente soddisfatti del risultato e di aver incontrato un collegio di giudici sereni, equilibrati, che hanno saputo restituire dignità a una persona ingiustamente colpita nella sua carriera pubblica, oltre che nella sua vita privata». Insieme a lui nel collegio difensivo anche l’avvocato Domenico Di Terlizzi: «L’assoluzione perché il fatto non sussiste da tutti i reati e per tutti gli imputati deve porre all’attenzione di tutti la patologia di questa iniziativa giudiziaria che ha determinato le dimissioni di un ministro e l’espulsione dalla vita politica di una giovane donna. Questa patologia il legislatore deve eliminarla, potenziando il controllo sulle iniziative infondate dei pubblici ministeri. Qui siamo in presenza di un mero teorema accusatorio, e una parte della stampa, specie quella che ama il populismo giudiziario, farebbe bene a riflettere quando vengono enfatizzate le richieste di condanna a 8 anni. Ovviamente ben diverso è il discorso sugli organi giudicanti, che ancora una volta dimostrano di essere il vero argine allo strapotere delle Procure».