Ancora sangue, ancora morte in Venezuela.

 

Le forze armate hanno annunciato di avere stroncato un tentativo di rivolta da parte di un gruppo di militari. Stando alle ultime notizie alcuni di questi militari sono stati arrestati e Leopoldo López, uno dei più importanti oppositori del presidente Nicolás Maduro, è stato rimesso agli arresti domiciliari dopo che era stato prelevato da agenti della polizia con la forza da casa sua alcuni giorni fa.
Nell’azione contro l’attuale regime sono morti due dei ribelli e qualche ora dopo durante una manifestazione è stato ucciso un dirigente politico locale.

Va ricordato che non è la prima volta che il governo si trova a fare i conti con una ribellione che trova origine proprio all’interno dell’esercito o delle stesse forze dell’ordine in cui si registrano forti tensioni. Ne è la prova quanto è accaduto il 27 giugno scorso quando alcuni poliziotti avevano colpito con granate e proiettili le sedi della Corte suprema e del ministero degli Interni, a Caracas. Ora, alla luce dei fatti, ci si chiede quanto ancora il potere di Maduro potrà durare dato che il governo da lui presieduto potrebbe perdere da un momento all’altro il sostegno dei militari che di fatto hanno già manifestato insofferenza nei confronti della deriva autoritaria del presidente venezuelano.

Puntualmente sono anche in questo caso i social a descrivere la drammaticità del momento.
Nelle ultime ore è apparso su YouTube un video che ritrae un gruppo di militari che inneggia alla ribellione contro Maduro.
In questo caso i militari affermano che la rivolta trova il pieno appoggio di ufficiali e nello stesso tempo evidenziano che il loro non è un golpe ma una azione che ha come unico obiettivo quello di ristabilire l’ordine costituzionale in rispetto ai dettami dell’Assemblea Nazionale.

Va detto che la ribellione si è scatenata dopo giorni di pesante agitazione e repressione causata dell’insediamento della nuova Assemblea Costituente voluta da Maduro per riscrivere la Costituzione. Nuovi equilibri che oltre ad essere considerati illegittimi dalle opposizioni, che tra l’altro in Parlamento detengono la maggioranza, hanno ricevuto la severa reprimenda da parte di Papa Francesco e di buona parte della politica internazionale.
Tuttavia Maduro ha tirato dritto e sabato è iniziato il primo colpo di mano facendo approvare dall’Assemblea la rimozione dal suo incarico di Luisa Ortega Díaz, procuratore generale e uno dei funzionari più alti in grado che negli ultimi mesi è stata, guarda caso, molto critica nei confronti di Maduro. Dal canto suo Ortega Diaz, proprio quale procuratrice, non si è fatta intimidire e ha dichiarato di non riconoscere assolutamente tale “licenziamento” e non ha nessuna intenzione di mollare.

Intanto si assiste a una fuga dal Paese di migliaia di persone terrorizzate dalle ripetute ondate di violenza consumatesi in questi ultimi giorni da parte di gruppi armati voluti e organizzati dal governo in carica. Persone che cercano rifugio negli Stati confinanti come Perù, Ecuador, Columbia, Cile nella speranza di trovare una nuova vita lontana dall’oppressione causata dalla crisi istituzionale che sta martoriando il Venezuela.