Il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità della nuova legge elettorale alla Camera di mercoledì scorso, è l’esempio della fragilità dell’accordo raggiunto fra le principali forze politiche. La stessa assenza di una riflessione seria che ha caratterizzato il passaggio del proporzionale al maggioritario, si riproduce nel momento in cui si vorrebbe compiere il percorso inverso.
In questi ventitré anni, si sono succeduti 13 diversi governi. Per cui che sia la legge elettorale a dare maggiore stabilità di governo, è un’idea antidemocratica, ampiamente smentita dalla realtà. I governi del secondo dopoguerra, composti da forze politiche che guardavano agli interessi generali e alla ricostruzione, eletti con il proporzionale puro, governavano negli interessi del paese, erano stabili e avevano autorevolezza internazionale.
In Germania, dove vige il sistema proporzionale, non è lo sbarramento elettorale a rendere stabili quei governi, ma la convergenze delle forze politiche sugli interessi della nazione tedesca, oltre al meccanismo di sfiducia costruttiva, che la nuova legge in discussione in Italia ignora completamente.
Nel caso in cui la nuova legge elettorale venisse approvata, i suoi effetti sicuri, saranno solo quelli di una ridistribuzione dei seggi in favore dei partiti più grandi. In Germania, in base alla legge non c’è nulla che lo impedisca, ma in Italia, l’amico Riccardo Bruno lo ha ricordato, esiste l’articolo 49 della Costituzione che consente a tutti i partiti di concorrere alla determinazione della vita nazionale, non solo a quelli che superano il 5 per cento.
In base all’articolo 49 della costituzione repubblicana un partito dell’un per cento può svolgere una funzione politica dirimente e l’Italia deve molto della sua vita democratica alle forze di minoranza oggi così stoltamente disprezzate. Se questa legge elettorale in discussione alla Camera dovesse essere il riferimento delle prossime elezioni, avremo o un governo Renzi – Berlusconi, o un governo Grillo – Salvini, oppure un veloce scioglimento delle camere, per cui o dei governi senza una sufficiente impostazione politico programmatica, che avranno come conseguenze il proliferare della spesa pubblica, o nuove elezioni. Approvata la nuova legge elettorale, il Pri dovrà scegliere. O contribuiamo a formare delle aggregazioni con altre forze politiche cementate intorno agli obiettivi programmatici che da sempre sosteniamo, o ci isoliamo, tentando di rivolgerci a tutti quei cittadini che si sentono sempre più insoddisfatti da una politica tanto confusa e improduttiva.
In questi lunghi anni non abbiamo avuto una seconda Repubblica, ma un’agonia della prima, così come ora, riteniamo che non si apra una terza fase della vita repubblicana, ma si protragga una decadenza estenuante che bisogna fermare.
Dobbiamo capire come il Pri possa essere utile alla ripresa del Paese.