di Stefano de Luca – Partito Liberale
Lo stravolgimento del panorama politico, determinato dal risultato delle recenti elezioni politiche, non è un fenomeno isolato, ma, pur con caratteristiche specifiche italiane, dipende dalle medesime cause complesse che hanno determinato profondi mutamenti in tutto l’occidente. Il fattore principale è costituito dalla insoddisfazione popolare perché il miraggio della società opulenta promessa nei decenni passati è andato progressivamente scomparendo dal nostro orizzonte. Ovviamente dove la delusione sulla speranza di futuro è stata più cocente, come nel nostro Meridione, la reazione è stata più violenta. Le cause sono molteplici. Certo, la grande crisi economica che abbiamo attraversato a partire dal 2007 e che in alcune aree, come il Mezzogiorno d’Italia, è ben lungi dall’essere superata, ha avuto un’influenza determinate. Se l’unico traguardo offerto dalla società moderna consisteva nel benessere a scapito di tutti gli altri valori che caratterizzavano la nostra millenaria civiltà, era ovvio che una depressione economica di grande portata non poteva che produrre conseguenze gravissime.
La tendenza a semplificare ed a cercare un colpevole cui attribuire tutte le responsabilità nel ceto politico ha dato luogo, di fatto, al peggioramento che è dinnanzi ai nostri occhi. Un ricambio delle classi dirigenti, principalmente quelle elettive, è necessario, ma uno sconvolgimento come quello cui ormai assistiamo da troppi anni, finisce con l’essere dannoso. Per poter assumere delicate responsabilità di gestione amministrativa, legislativa o di governo, la qualità della selezione è cruciale. Quindi il ricambio, necessario e salutare, deve essere bilanciato dalla garanzia di poter fare affidamento anche su personale che abbia esperienza e conoscenza dei meccanismi complessi della macchina pubblica.
Inoltre sembra completamente cancellato il rapporto, invece essenziale, tra politica e cultura. Una sorta di assalto alla diligenza ha portato una quantità enorme di dilettanti allo sbaraglio nel Parlamento italiano, senza che vi sia stato un luogo di preparazione, come avveniva un tempo. Ai partiti, in passato eccessivamente ideologizzati, ma in grado di garantire un indirizzo identitario ed una preparazione culturale e programmatica, si sono sostituiti movimenti, che alimentano soltanto una protesta demolitrice, senza avere le necessarie cognizioni per costruire qualcosa di alternativo che possa costituire un’offerta politica migliore.
Un dilagante fenomeno di cancellazione quasi totale delle differenze, che stavano alla base della contrapposizione tra visioni diverse e sovente opposte delle linee di sviluppo della società, ha trasferito il terreno dello scontro su quello di concrete e spesso effimere promesse di privilegi o nuove regalie da concedere con denaro pubblico che non esiste più, avendo lo Stato raggiunto un livello di indebitamento che non può essere altrimenti accresciuto.
Infine non si può non rilevare, accanto all’abbassamento della qualità effettiva della rappresentanza politica, una caduta, altrettanto, anzi forse più grave, sul piano etico. Infatti, eliminate le barriere della contrapposizione tra culture politiche, il fenomeno deteriore del turismo tra un partito ed un altro, tra un gruppo politico ed un altro, è diventato normale. Basta che un parlamentare non vada più d’accordo con il capo partito che lo ha nominato, per fargli decidere di cambiare schieramento, senza che vi sia un’adeguata sanzione morale nei confronti di tali comportamenti trasformistici. L’unico ostacolo per impedire questa pratica indecente, non è la cancellazione del precetto costituzionale del divieto di mandato imperativo, che inciderebbe gravemente sulla libertà personale del singolo, ma quello di recuperare la passione politica, il desiderio di perseguire una utopia, il piacere spiritualmente sublime di partecipare in prima persona ad un progetto di trasformazione della società, contrapposto ad altri di segno diverso.
La moralità nella vita umana è legata sempre all’altezza del fine che si intende perseguire e dall’emozione di sentirsi parte attiva e protagonista di un disegno in cui si creda fermamente. La corruzione invece è figlia dell’ignoranza, della miopia, del drammatico limite di soffermarsi soltanto al quotidiano, di non sentirsi gratificati dal privilegio di svolgere una funzione pubblica, badando invece al proprio personale, spesso miserabile, interesse. L’uomo che non ha sogni, è destinato ad affondare nella avvilente quotidianità, soprattutto quando non è esaltante come nei periodi di crisi.