Renzi è un capo senza un partito di sinistra e Berlusconi è un capo in disarmo.

lo ha certificato lo stesso Berlusconi

di Domenico Ricciotti

Il paradosso della politica italiana è questo: Renzi, con tutti i suoi difetti, è ancora l’unico leader che calca la scena politica italiana, come ha riconosciuto lo stesso Berlusconi.

Però il problema di Renzi è che non ha dietro di se un partito politico coeso che ne segua le azioni e ne rafforzi l’efficacia. E’ un generale senza esercito. Ma forse è proprio questo che vuole. Un capo senza una classe politica degna di questo nome è un limite per il partito, ma rafforza indubbiamente la sua leadership. Non vuole assolutamente condividere alcuna decisione; non vuole che qualcuno gli faccia ombra; vuole assolutamente le mani libere nel decidere e agire; non vuole collaboratori, ma solamente degli esecutori. Infatti, si è circondato di “sette nani” che sanno solo dire si. Nel breve periodo questo ha rafforzato la sua capacità di conquistare un partito, come quello democratico, che nasceva da un ibrido forse innaturale (ex democristiani, ambientalisti e postcomunisti), ma alla lunga si dimostrerà il suo tallone d’Achille, la sua debolezza e la causa della sua caduta, infatti si è fatto troppi nemici interni ed esterni, perfino in Europa e nel mondo.

Una miriade di gruppuscoli incapaci di progettare un’idea di società capace di unirli e proporre all’insieme degli iscritti e al corpo elettorale un programma condiviso e realizzabile.matteo_renzi_november_2014 Renzi, invece, corre ancora sulle ali dell’entusiasmo, quello che lo ha portato da sindaco di Firenze alla guida del partito, prima, e a quella del governo poi, con una semplice congiura di palazzo vecchio stampo. Prima era libero di criticare e congiurare, oggi invece accusa i suoi avversari di critiche e congiure. E’ il bello dell’uomo solo al comando. Ricordiamo Craxi e la sua fine politica.

Ma l’alternativa, oggi, non esiste. E la sconfitta referendaria non significherà che un semplice piccolo inciampo per il governo Renzi. Dopo il 4 dicembre il presidente Mattarella, secondo la prassi costituzionale, a fronte di dimissioni dell’esecutivo, rinvierà il governo alle Camere e questi riotterrà la fiducia. E tutto continuerà come prima, tranne che per la riforma della legge elettorale.

Di converso, il centrodestra è un esercito senza generale e che si ritrova con un leader in totale disarmo, ma con velleità non ancora sopite. Mentre due dei tre partiti che lo compongono sono in piena fibrillazione, invece il terzo è come il leader, ovvero quasi in disarmo e totalmente inebetito dall’incerta guida del suo capo che, prima, invita un manager come Parisi a mettersi a servizio del partito, a ristrutturarlo e riorganizzarlo, ma poi non gli fornisce l’appoggio necessario. Salvini e la Meloni spingono il centrodestra su posizioni lepeniste alla francese, ma la storia del centro moderato e della destra sociale italiana è completamente diversa.

dito-medio

Berlusconi, pur essendo in disarmo, fa l’occhietto a Renzi, e pur facendo propaganda contro la riforma renziana lo accredita con una intervista come l’unico leader italiano, falciando l’erba sotto i piedi dei suoi; Parisi è stato abbandonato, dopo essere stato invocato come salvatore della patria; Toti è troppo piccolo, marginale e con una storia politica senza spessore; Salvini è troppo populista e demagogo; la Meloni è troppo retorica e con poca presa sull’elettorato moderato per la sua non celata simpatia per la destra politica.

Se Atene piange, Sparta non ride” e l’Italia trema per il suo futuro con buona pace di tutti.