Grandi opere, burocrazia, MES, le contorsioni dei politicanti, intanto la gente comincia ad avere fame.
Assistere alle contorsioni incomprensibili dei nostro governanti, sta diventando un esercizio nonché faticoso, insidioso. Il perché sia faticoso è evidente. Il perché sia insidioso potrebbe esserlo meno. Ma se ci pensate lo capite subito. Uno si arrovella, cerca di capire, guarda Giuseppe Conte – pochette che fa i gesti a sé stesso guardandosi in video (certo dobbiamo ammetterlo, siamo l’unico Paese al mondo con un onano-presidente-del-consiglio … beh forse Trump sarebbe un buon secondo!) oppure facendoci vedere come corre in un corridoio stretto, con la giacchetta che si apre sul petto nerboruto (si suppone) facendo fare capolino alla pochette … mah! E dunque è evidente: è insidioso tutto ciò per l’equilibrio mentale di chi cerca di capire cosa diavolo sta succedendo, ma specialmente perché.
E sì, perché ora, pare, è in atto uno scontro sordo ma maschio tra Conte, aspirante Segretario di Con.Te, e Nicola Zingaretti. Zingaretti? Perché Zingaretti si scontra, davvero con qualcuno, con quell’aria paciosa di mozzarella un po’ stagionata? Mah, sarà, certo che il suo vice, Andrea Orlando, uno che sembra sempre che la moglie gli ha appena fatto mangiare una spigola andata a male, borbotta frasi criptiche, in cui si sente sostanzialmente che nessuno nel PD vuole mandare a casa Conte, ma trattandosi di cose importanti, cioè del progetto di rinascita (pardon, risorgimento, rinascita non si può dire … era la rivista del PCI diretta, se non ricordo male, anche da Berlinguer che non mi pare fosse un golpista) vuole solo dire che si deve discutere bene prima. Tradotto in italiano corrente, vuol dire: fosse per me Conte sarebbe già in istrada a chiamare il taxi per tornarsene a casa, e quanto a questo anche molti di noi (con l’ovvia eccezione di Franceschini, che, al solito, vuole tutto e il suo contrario, per lui le convergenze parallele sono l’abecedario) ma siccome fare cadere ora il Governo sarebbe da mentecatti non lo mandiamo al diavolo, ma che non si permetta di prendere iniziative senza prima consultarci. E così impara!
Ma, direte, come mai Matteo Renzi non ha piantato anche lui, anzi, prima, la grana per lo stesso motivo? Eh no, via, ma non li leggete i giornali, non lo avete visto l’altra sera tutto impomatato (una roba da incubo!) a sciorinare a Massimo Giletti, al quale faceva i complimenti per la sua bella trasmissione, le genialità scritte nel suo libro -il solito libro rituale di questi politicanti: non se ne può più. E Giletti, facendo domande che sembravano preparate ma si sa io sono un malpensante, lo sollecitava sulle genialità del Renzi-pensiero, sulle stupende proposte, ivi compresa quella di condonare ai cittadini che hanno in cassette di sicurezza denaro contante la multa per fare riemergere quel denaro … sarebbe la soluzione di tutti i mali italiani, ci sono, dice Renzi e se lo dice lui … , 120 miliardi tondi tondi. Deve averglielo detto la fata turchina, ma certo è una cifra curiosamente simile a quella dell’evasione fiscale: magari le sommiamo e abbiamo fatto tombola, non vi pare?
Vedete, questa è la cosa che mi manda il fegato tra i molari, questa è la cosa insopportabile di questi politicanti, chiacchiere, numeri a caso, ma sotto sotto si intravede il retropensiero: facciamo perdere tempo e fatica a cercare i denari nella cassette e la gente si dimentica delle tasse. Ottimo.
Ma tant’è, questa è la nostra politica.
E Zinga è arrabbiato perché Conte non lo consulta prima di convocare gli stati generali e, specialmente, non gli dice che cosa proporrebbe di fare in questa riunione, addirittura, se ho ben capito, di tre giorni interi! Sarà il Colao-task-pensiero? No, non vi illudete: Colao sta già antipatico a Conte, sì qualche idea se la prende (magari senza nemmeno avvertirlo) ma per il resto, pare di capire, Colao ha perso tempo. Buon per lui che a Londra stava e a Londra sta.
Anche Matteo Salvini, a dire il vero, si lamenta patetico: ‘noi vogliamo collaborare ma non ci ascoltano’, poverino, mandiamogli lo psicologo. Silvio Berlusconi, invece, sorride furbetto e liscia il pelo a Conte, in prospettiva di Renzi: la bella politica!
E insomma siamo qui a pendere dalle labbra di Conte e di Zingaretti (ma tanto quest’ultimo dopo aver dato un guizzo, riparla fra tre mesi) per sapere cosa vogliono fare.
Intanto le cose semplici e già decise o di facilissima realizzazione? Ne avevo accennato ieri.
Ma no, per carità, troppo facile, troppo semplice. Intanto c’è da discutere sul MES, diamine si tratta di convincere quella roccia di economista che si chiama Giggino e quindi prendiamo tempo. Tanto ci pensa Pasquale Tridico, con comodo, a pagare la cassa integrazione, e poi sta arrivando l’estate e quindi si può rinviare, anche perché il coronavirus immancabilmente si fermerà, va in vacanza, lui!
Naturalmente si deve alleggerire la burocrazia. Faranno un bel piano, un decreto di trecentodiciotto paginette e fra un paio di secoli se ne riparla. E poi discetteranno delle ‘grandi opere’, per rilanciare il Paese.
Questa è un’altra delle chiacchiere sempre uguali a sé stesse che i politicanti tirano fuori dal cappello quando non sanno che fare e vogliono fare vedere a qualche amico che da quelle parti potrebbe scappare un po’ di ciccia mentre si fanno i progetti sui grandi progetti.
Come ho detto più volte, io non sono un economista. Orbene, che le grandi opere, talune grandi opere, siano necessarie, è perfettamente logico. Si tratta di quelle cose che costituiscono, se mi perdonate la completa atecnicità, la stoffa il filo portante intorno alla quale si attorcigliano mille altre attività, più piccole. Giusto. Ma quelle opere richiedono anni di progettazione e decenni per la realizzazione, giuste o sbagliate che siano, vedi il Mose di Venezia. Ma intanto ci sono due piccole cosucce delle quali accorerebbe occuparsi.
Vi sono mille, centomila ‘operette’ che devono essere fatte prima o poi: perché non cominciare da quelle intento che si progettano le grandi?
E poi, secondo punto, la gente comincia ad avere fame: bisogna cominciare a creare subito occasioni di lavoro, piccole ma certe e di rapida progettazione e esecuzione. Ieri parlavo delle scuole, ma ce ne sono tante altre.
Per non parlare delle tasse che non paga nessuno per cui le casse dello Stato sono a secco.
Uno si aspetta che, in attesa degli stati generali (che portano pure male) intanto si faccia qualcosa di utile oggi, subito: ripeto, oggi.
Ma i nostri politicanti pensano. E poi gli stati generali, credetemi, servono solo a negoziare tra chi conta e chi può.
Fateci caso: hanno convocato il capo della Confindustria e i sindacati e tutte le organizzazioni rappresentative. Ci sarà la folla, e a questa folla, pare, nessuno ha detto cosa si vuole proporre. Negli stati generali del 1789, il terzo stato (il popolo) era largamente maggioritario anche rispetto alla somma degli altri due. Le sue richieste furono irrise. La domanda a questo punto è: chi impersona Luigi XVI?
di Giancarlo Guarino – L’Indro