Era da parecchio tempo che non si sentiva parlare di lui e a dir la verità non se ne avvertiva neppure la mancanza.
Così un vecchio democristiano torna improvvisamente alla ribalta con una proposta bislacca che in un Paese normale non sarebbe neppure presa in considerazione al bar sport sotto casa.
Ma questo un Paese normale non lo è purtroppo e Pierluigi Castagnetti, ex segretario del Ppi e tra i fondatori dell’Ulivo assieme a Romano Prodi, con una sparata da spiaggia è riuscito a creare un clima teso, una inutile bagarre tra schieramenti, come se ce ne fosse stato bisogno, proponendo di rinviare il referendum sulla riforma istituzionale fissato per il prossimo 4 dicembre. Il motivo? L’emergenza terremoto.
Con la scusa del sisma tornano
i furbetti della politica
Squallida scusa di bassa scuola democristiana che punta sempre a spostare la soluzione delle questioni a dopo, sempre a dopo, continuando a tirare a campare galleggiando, vivacchiando.
Una inerzia atavica che ha onestamente stancato. Tuttavia Castagnetti insiste e argomenta la sua strampalata ipotesi di rinvio accampando di fatto un paio di motivi per procrastinare (a quando non si sa) la consultazione popolare: due Regioni sono state sfregiate dal sisma e ci sono migliaia di sfollati. Insomma, l’ex parlamentare, che vanta un antico legame di amicizia con il presidente Mattarella, non riesce ad immaginare dove i terremotati potrebbero andare a votare vista la devastazione subita da quei territori. Bene, a questo punto bisognerebbe allora chiedere a Castagnetti come hanno fatto a votare gli italiani subito dopo la guerra in una nazione letteralmente distrutta dai bombardamenti. Con un ragionamento come il suo i nostri nonni, i nostri padri sarebbero andati a votare dopo anni.
Naturalmente in Parlamento la boutade del democristiano ha invece fatto breccia e ora dopo ora aumenta il fronte di coloro che chiedono di rinviare l’appuntamento. Tra i primi ad esprimersi il ministro Angelino Alfano favorevole a questa ipotesi se l’opposizione è d’accordo.
Poi si è fatto sentire il premier Renzi che astutamente ha snobbato sulle prime un possibile rinvio ma che in realtà, poco più tardi, tale eventualità è stata in realtà presa in seria in considerazione da palazzo Chigi e che ora si faccia di tutto per spingere in questa direzione.
A questa baraonda si aggiunga poi che si è in attesa dell’ordinanza del Tribunale civile di Milano che dovrà esprimersi sul ricorso presentato dall’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida che chiede di accertare, in via d’urgenza, il diritto dei ricorrenti a votare “su quesiti non eterogenei, a tutela della loro libertà di voto”.
In sostanza i promotori del rinvio si sono inventati una scusa davvero barbina: in questo momento in cui parte dell’Italia è in ginocchio per il terremoto c’è bisogno di unità mentre la chiamata alle urne sarebbe motivo di grave contrapposizione, di ulteriori lacerazioni. Ma possiamo credere davvero a queste motivazioni?
Non è tutto. Il fronte del rinvio è costituito anche da personaggi di prima fila schierati per il “Sì” come lo stesso Napolitano, il presidente ombra della Repubblica che non è certo andato in pensione ed è sempre prodigo nel dare suggerimenti a Renzi. E guarda caso queste trame di palazzo si intensificano proprio quando i sondaggi continuano a dare in vantaggio il “No” alla proposta di riforma costituzionale. A questo punto non ci vuole molto per capire che guadagnare tempo sul calendario potrebbe portare vantaggi a chi vuole invece la riforma ma che al è però in difficoltà.
Sfruttare dunque la disgrazia del terremoto rinviando così il voto e di conseguenza tentare di invertire la rotta dei sondaggi sfavorevoli alla riforma potrebbe diventare la parola d’ordine dei renziani.
Dopo dunque tre presidenti del consiglio non eletti, le Provincie non più elettive e ora la storia infinita del referendum confermativo si ha l’impressione che qualche eminenza grigia non voglia che gli italiani si esprimano democraticamente. Ma è possibile inventarsi la faccenda del terremoto per bloccare di nuovo la nazione?
Intanto da Forza Italia arriva una secca bocciatura al rinvio attraverso Brunetta e Romani, anche se, stando alle solite gole profonde bene informate, lo stesso Berlusconi non sarebbe proprio contrario a un ipotetico rinvio.
Evidentemente i bizantinismi che fanno parte del dna della politica italiana non moriranno mai (m.a.)