Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle si dicono soddisfatti per il risultato raggiunto, una loro quasi vittoria. Contenti loro, perché deluderli, disilluderli, spiegar loro quanto dovrebbero sapere: che le loro velleità giustizialiste una volta tanto si sono dovute piegare di fronte al buon diritto?
L’impresa eccezionale, canta Lucio Dalla, ‘è essere normali’, Vale anche il suo contrario: le cose eccezionali diventano ‘normali’. E’ normale che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho, e il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, per esprimere il loro dissenso dalla riforma del Ministro della Giustizia Marta Cartabia, si esprimano con termini che rasentano la villania e non accada nulla. Sono normali gli insulti, sempre al ministro della Giustizia, da parte di direttori di giornali che sono la gola profonda di procure della Repubblica, e chi sente questi insulti non reagisca o applauda con favore; è normale che il Consiglio della Magistratura censuri la riforma ancora prima che sia discussa dal Parlamento, e debba intervenire, sia pure con molto fair play, il Presidente della Repubblica, che del CSM è Presidente; è normale che i vertici della magistratura associata muovano lancia in resta contro una riforma che ha origine e giustificazione soprattutto dopo l’inerzia di quei vertici stessi, che per anni non hanno saputo e voluto estirpare i tumori che al loro interno crescevano (e il libro di Luca Palamara, ‘Il Sistema’ è solo una piccola parte, punta di un enorme iceberg)…
E’ normale che Roma e Milano, le due più importanti procure d’Italia, siano la prima da mesi senza guida, la seconda con il procuratore sotto inchiesta (e che inchiesta…), e nessuno dica o faccia nulla tra i tanti che pure molto potrebbero dire e fare: presidente della Repubblica, CSM, Associazione dei magistrati…È normale che nessuno abbia battuto ciglio, al sentire il Ministro della Giustizia Cartabia scandire: «La posta in gioco era molta alta, e questo si avvertiva in ogni richiesta di modifica, anche di una virgola: la partita politica si preoccupava delle proprie bandierine, ignorando i contenuti della legge». E’ normale.
La pur timida riforma (che un giurista di vaglia come l’ex giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese definisce i primi 500 metri di una lunga marcia) è stata approvata, sia pure con la forma della fiducia, alla Camera; e così sarà al Senato.
E’ l’annuncio dell’apocalisse prossima ventura, come mostrano di credere in tanti? Proprio no. Al contrario: si è fatto quello che doveva essere fatto. L’obiettivo è assicurare all’Europa che si cambia rotta sulla giustizia; condizione per ottenere dalla stessa Europa, gli indispensabili aiuti economici. Questo l’obiettivo, e lo si è raggiunto. Il Ministro Cartabia ha fatto ciò che le si chiedeva di fare, e dimostrato di essere all’altezza del compito. Si doveva inoltre dare un preciso segnale: la volontà di andare al di là della pessima riforma voluta dall’ex Ministro Alfonso Bonafede. Averla di fatto cancellata, è qualcosa che dovrebbe rallegrare ogni giurista degno di questo nome. Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle si dicono soddisfatti per il risultato raggiunto, una loro quasi vittoria. Contenti loro, perché deluderli, disilluderli, spiegar loro quanto dovrebbero sapere: che le loro velleità giustizialiste una volta tanto si sono dovute piegare di fronte al buon diritto?
Nel merito: il ‘regime particolare’ previsto per reati di mafia, terrorismo, traffico internazionale di stupefacenti e violenza sessuale, che consentono una proroga dei termini della prescrizione, si tratta di aggiustamenti che non minano la sostanza del provvedimento. La riforma non influirà molto sulla lunghezza dei processi; ‘semplicemente’ elimina l’abominio della loro eterna durata introdotta voluta da Bonafede.
Abuso d’ufficio: certo, sarebbe stato opportuno abolirlo. Non c’è amministratore che non sia di fatto minacciato da possibili indagini per reati evanescenti. L’abuso di ufficio e il traffico di influenze sono reati che andrebbero aboliti. Per quel che riguarda amministratori disonesti corrotti, il codice ha una quantità di altre leggi che bastano e avanzano. Peccato che la riforma Cartabia non abbia provveduto. Ma si intuiscono le ragioni politiche che sono alla base di questa ‘omissione’. Occorre ora puntare sulla riforma del processo civile: è la riforma più importante. In questo momento l’emergenza è essenzialmente economica e la lentezza delle cause impatta sull’economia ancora di più di quella dei processi penali, perché impedisce gli investimenti degli stranieri in Italia, e favorisce la fuga all’estero degli investimenti degli italiani.
Avanti dunque. Mario Draghi e Cartabia, ovvero la gentile fermezza caparbia del buon diritto.
Valter Vecellio – L’Indro