Ancora una volta Matteo Renzi dimostra quello che veramente è: una pistola scarica che fa clic, una cane che abbaia ma non morde, un bugiardo cronico al quale non bisogna mai credere, un tizio che sbraita, che fa tanto rumore ma alla fine si accuccia al solo scopo di proteggere esclusivamente i suoi interessi personali.
Il partitino del toscano Italia Viva salva così il ministro della giustizia Alfonso Bonafede dopo settimane di duri attacchi e minacce di far cadere il governo. Renzi, che con la solita strafottenza aveva brandito l’arma della sfiducia, racconta ai suoi la solita storiella per giustificare la sua ennesima imbarazzante retromarcia: “Il nostro è un atto politico, dobbiamo imboccare il bivio della responsabilità”. In parole povere quello che intende Renzi è soprattutto tutelare le poltrone acquisite cercando di conquistarne altre con il solito ricatto della tenuta dell’esecutivo. Questo è ciò che significa in concreto la narrazione del “bivio della responsabilità” del buon Metteo al quale non bisogna mai credere.
Alla fine, dopo una lunga serie di interventi, a Palazzo Madama in 160 senatori bocciano la mozione contro il guardasigilli presentata del centrodestra – in sintesi si criticava il guardasigilli di essere stato troppo morbido nella gestione delle carceri durante l’emergenza coronavirus – mentre 158 respingono quella di Emma Bonino di + Europa che invece accusava il ministro di essere troppo giustizialista nella gestione del dicastero. In sostanza due facce della stessa medaglia che evidenziavano perfettamente l’incompetenza di un parvenu della politica catapultato a guidare il dicastero di via Arenula. A favore della sfiducia hanno votato rispettivamente 130 e 124 parlamentari. Dunque dopo svariate sceneggiate in cui l’ex presidente del Consiglio si agitava facendo credere di creare un terremoto politico – inutili pagliacciate alle quali nessuno crede più – il leader del partitino della Leopolda fa il puntuale dietrofront e annuncia l’intenzione di votare contro i due documenti che fino a qualche minuto prima sembrava avere la volontà di condividere cavalcandone le conseguenze.
Ora a conti fatti, inutile nasconderlo, l’obiettivo di Renzi era chiaro anche perchè lo stesso giochino lo aveva utilizzato in precedenti occasioni: alzare la posta per aumentare il peso di Iv all’interno della compagine di governo. Appare altrettanto chiaro un altro elemento che rafforza tale tesi: nelle ore antecedenti all’appuntamento in Aula sono intercorsi serrati colloqui tra Conte e Renzi che hanno prodotto sicuramente accordi sottobanco tra i due. Infatti non è un caso che l’ex premier abbia affermato nel suo intervento che “Conte ha dato negli ultimi tempi segnali importanti”. E anche in questo senso non è certo un caso che proprio la sera prima della seduta in Senato si sia svolto un incontro tra Maria Elena Boschi e Giuseppi a Palazzo Chigi.
Un vertice decisivo che evidentemente ha garantito ai renziani altre posizioni chiave come le nomine in alcuni enti come altrettanto potrebbe profilarsi all’orizzonte un terzo ministero per il partitino renziano. Non male per una misera compagine che in caso di elezioni anticipate rischierebbe di non essere neppure in grado di raggiungere la soglia minima che garantisce una rappresentanza parlamentare. E peggio ancora appare più incredibile che una formazione del genere abbia la forza di tenere in scacco come e quando vuole l’esecutivo. Insomma, dopo una trattativa serrata Renzi è passato di nuovo all’incasso e ha quindi dato il via libera rinunciando alla spallata: il ministro resta al suo posto e con lui è salvo il governo di “mister pochette”.
Finisce quindi il bluff dello spaccone di Rignano sull’Arno. Ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, ha dimostrato che più che essere un leader politico è uno spregiudicato e ambizioso lobbista alla ricerca continua di spazi di potere per sé e per la sua compagnia di avventurieri alla Brancaleone.
E pensare che era stato proprio lui, Renzi, a invocare la sfiducia contro il Guardasigilli ancora nel febbraio scorso, poco prima dell’emergenza coronavirus. Pressioni che alla fine hanno fatto incassare al capo di Iv determinate aperture da parte del piccoletto e paffuttello ministro della Giustizia come la cancellazione dell’Irap, la regolarizzazione dei lavoratori irregolari portata avanti a spada tratta dal ministro Bellanova, renziana di ferro, e non ultimo il sì del ministro ad una commissione tecnica per studiare le conseguenze della riforma della prescrizione.
Ma sul piatto della bilancia c’è soprattutto la questione di nuove poltrone che Renzi vuole accaparrarsi a tutti i costi alla faccia dei pentastellati e degli ex compagni di partito del Pd che altro non possono che mandare giù il rospo dell’umiliazione se non vogliono tornarsene a casa. Del resto Mattarella è stato chiaro: se cade Conte si va al voto e questa accozzaglia di inetti sono disposti a tutto pur di tenere lontano lo spettro delle urne.