Il referendum sulla giustizia non ha raggiunto il quorum. All’election day di domenica 12 giugno, col voto previsto anche in 971 i Comuni, l’affluenza alle urne per il referendum si è fermata sotto il 21%.
Ben diverso il risultato dell’affluenza alle amministrative, che hanno visto una affluenza che alle 23 ha sfiorato il 55%.
Secondo gli exit poll del consorzio Opinio Italia per la Rai, al referendum numero 1 sull’abolizione della legge Severino il sì è tra il 52-56 e il no è tra il 44-48%; il numero 2 sulla limitazione della custodia cautelare il sì è tra il 54-58% e il no è tra il 42-46%; il numero 3 sulla separazione delle carriere dei magistrati il sì è tra il 67-71% e il no è al 29-33%; il numero 4 sul voto dei membri laici dei Consigli giudiziari nella valutazione dei magistrati il sì è tra il 67-71% e il no è tra il 29-33%; il numero 5 sull’abolizione della raccolta firme per l’elezione dei togati al Csm, il sì è tra il 66-70% e il no è tra il 30-34%, con una copertura del campione dell’80%.
Un grande successo per il ‘Partito dei Pm’ e per i giornali megafono delle Procure, che non si sono neanche sprecati in una campagna per il No: hanno puntato dall’inizio, da quando la Corte Costituzionale ha ammesso cinque dei sei quesiti (bocciando quello sulla responsabilità diretta dei magistrati), al boicottaggio del voto, invitando ad “andare al mare”.
Una battaglia che ha visto il ‘Partito dei Pm’ affiancato da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico: il primo da sempre connotato dal manettarismo, il secondo che da Berlusconi in poi non ha mai smesso di indossare la casacca del giustizialismo.
Ma a fasi alterne è stato anche l’appoggio del centrodestra ai referendum: Salvini dopo aver promosso i quesiti assieme ai Radicali per settimane ha praticamente cestinato il tema, Forza Italia è ormai la ‘terza gamba’ della coalizione e Fratelli d’Italia aveva anche annunciato il No a due quesiti su cinque.
Il Riformista