Non è deprimente che in Italia ci sia solo una persona a cui affidare i propri destini, e che se lo si elegge per il Quirinale, ecco che il Governo va all’aria; mentre se non lo si manda, non si capisce chi possa andare al Colle, e il Governo rischia di finire ugualmente?
«Conclave, conclave! Chi entra papa esce cardinale! Conclave, conclave! Oh, ohoho…Conclave, conclave! Chi entra papa esce cardinale!”», canta il coro di suore nella commedia musicale ‘Er Papa tosto‘, di Giancarlo Ripani. Proverbio che ha una sua validità non solo nella scelta dei successori di Pietro; accade spesso anche quando si tratta di eleggere il Presidente della Repubblica.
I candidati Pontefici (e potenziali cardinali), per il Quirinale sono due: Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, che si è proposto in modo esplicito, pur se non ufficiale; e Mario Draghi, che è candidato ‘naturale’, ma felpato nei toni e nelle parole, quasi lo sia sul serio, un cardinale. E dunque, potrebbe esserci un Pontefice il cui nome si sussurra, avendo nel contempo cura di tenere occultate intenzioni e possibili alleanze? In questa ipotesi, i nomi si sprecano: da Marta Cartabia a Pier Ferdinando Casini; da Letizia Moratti a Giuliano Amato. Per ognuno di loro scattano una serie di ‘pro’ e di ‘contro’ che rendono più che problematica la scelta. Del resto, è inevitabile: il Parlamento oggi è un mar dei Sargassi che rivela appieno la sua incapacità di fare scelte appena razionali.
L’unico dato certo è che nessuno vuole le elezioni anticipate: più di due terzi di parlamentari sono sicuri di non ritornare a sedersi sugli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama; e questa ‘palude’ è ben intenzionata a restare nei due ‘Palazzi’ fino all’ultimo momento, la scadenza naturale della legislatura nel 2023. In questo senso si muove Berlusconi: conta sulla compattezza dello schieramento di centro-destra, ed è convinto di riuscire a ‘convincere’ almeno una cinquantina di parlamentari nella grande cesta del variegato e confuso ‘gruppo misto’. Se riesce a giungere alla quarta votazione, quando è sufficiente la maggioranza semplice, è convinto di farcela. Da dove ricavi questa certezza, non è dato sapere: gli ‘alleati’ della Lega e di Fratelli d’Italia perché dovrebbero seguire, uniti e compatti, Berlusconi? Perché dovrebbero fargli questo regalo, e che beneficio ne ricaverebbero? E’ noto che al di là del SI di facciata, sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni cercano una via d’uscita e vorrebbero votare altri candidati.
Una matassa particolarmente ingarbugliata. Berlusconi al Quirinale comporterebbe fatalmente la caduta del governo Draghi, non foss’altro perché il Partito Democratico si troverebbe con le spalle al muro, ed Enrico Letta non potrebbe che ritirare la delegazione del suo partito. Stesso discorso per l’Italia Viva di Matteo Renzi. Dunque, il temuto spettro di elezioni anticipate, sarebbe una realtà.
Non si vuole eleggere Draghi subito? A questo punto (ma forse qualche indizio ulteriore lo si potrà ricavare questo pomeriggio, dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio), quale altra soluzione, comporterebbe fatalmente il venir meno dell’attuale maggioranza, e le dimissioni di ‘Super Mario‘. Certo: sarebbe auspicabile che la politica si riappropriasse del suo ruolo, e i ‘tecnici’ tornassero al loro ruolo specifico di ‘consiglieri’ e ‘attuatori’ delle scelte politiche. Il non piccolo particolare è che non c’è, sia nel centro-destra che nel centro-sinistra, una classe politica che risulti credibile agli occhi della pubblica opinione italiana (e questo sarebbe perfino il meno), ma soprattutto a Bruxelles e nelle altre cancellerie mondiali (e per quanto possa non piacere, ai grandi poli economico-finanziari, che contano, pesano, incidono).
Vale quello che racconta Boccaccio: si deve nominare il capo della delegazione diplomatica che i Fiorentini vogliono inviare a Roma dal papa. La decisione cade su Dante, che pensoso chiede (e si chiede): “Se io vado, chi resta? Se io resto, chi va?”. Dante si riteneva il solo di valore per entrambe le cose, l’andare o il restare; e forse con qualche ragione. Ma per venire ai giorni dell’oggi: non è deprimente che in Italia ci sia solo una persona a cui affidare i propri destini, e che se lo si elegge per il Quirinale, ecco che il Governo va all’aria; mentre se non lo si manda, non si capisce chi possa andare al Colle, e il Governo rischia di finire ugualmente?
Si potrebbe auspicare un qualcosa di simile a quello che facevano i sindacalisti (quando c’era un sindacato degno di questo nome), che non arrivando a un compromesso accettabile con la controparte, decidevano di usare l’artificio del blocco dell’ora: fermati gli orologi, guadagnavano il tempo necessario per consentire agli ‘sherpa’ di trovare soddisfacenti soluzioni. Accampando le emergenze legate al Covid e alla crisi economica, si può anche costringere Sergio Mattarella a non lasciare subito il Quirinale, e lasciar le cose come sono. Ma fino a quando? Nulla fa credere che gli attuali protagonisti del teatro politico italiano riescano e sappiano trovare soluzioni e recuperare credibilità in pochi mesi. Il nodo è bene che sia gordianamente sciolto in questo inizio di 2022; e senza ulteriori strappi (se ne sono fatti anche troppi) costituzionali.
E’ l’occasione, per il centro-destra, di mostrare la sua maturità politica e la sua affidabilità istituzionale: Berlusconi, che ha già, di fatto, riacquistato una ‘centralità’ insperata, dando prova di equilibrio: indicando un candidato del suo ‘campo‘ accettabile anche dai suoi storici avversari; Salvini e Meloni facendogli capire in modo inequivocabile che solo facendo un passo indietro può salvare la coalizione, il suo partito, e anche la sua immagine: ‘Presidente Bunga Bunga’, e ‘cene eleganti al Quirinale’; par già di immaginare cosa verrebbe detto, per sette anni; e a ogni pié sospinto la storia della nipotina di Mubarak; e figuriamoci se non sono già pronte le copie, a mo’ di volantino, della lettera dove l’ex moglie Veronica Lario, nel 2009, parla di Berlusconi ‘malato‘ e di ragazze minorenni come «figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica…».
Questa settimana dovrebbe aver luogo un vertice del centro-destra. Toccherà soprattutto a Salvini assumere una decisione, e comunicarla successivamente a PD e Movimento 5 Stelle. Il leader della Lega aspira a un ruolo di ‘banco’, in questa difficile partita. L’impressione però è che non conosca neppure le regole del gioco. Si ritorna al punto di partenza: «Conclave, conclave! Chi entra papa esce cardinale! Conclave, conclave! Oh, ohoho…Conclave, conclave! Chi entra papa esce cardinale!». L’unica certezza è che non c’è nulla di certo.
Valter Vecellio – L’Indro