Il carcere sia un luogo adeguato per chi vi opera e funzionale per chi vi è ristretto, che dia la possibilità a tutti di tornare nella società. L’appello del Garante dei Detenuti ai leader politici
Il Ministro della Giustizia Marta Cartabia si conferma persona che presto rimpiangeremo, a prescindere da chi la sostituirà alla guida del Ministero della Giustizia. Interviene alla 46esima edizione del Forum Ambrosetti a Cernobbio, annuncia che il Governo, e lei in prima persona, si impegnano perché le riforme di sua competenza siano comunque approvate; e ricorda per l’ennesima volta come “un efficace sistema di giustizia sia strettamente connesso con il benessere collettivo della vita sociale. Esiste una stretta correlazione tra certezza e tempi della giustizia e ambiente favorevole agli operatori economici”.
Una buona amministrazione della giustizia, aggiunge, “è prerequisito per il mantenimento di un ambiente fecondo per la vita dei cittadini, per la prosperità sociale, per il buon andamento dell’economia a vantaggio di tutti”. Per questo l’assicurazione di un personale impegno dare modo alle Commissioni parlamentari competenti di avere tutto il tempo (i 60 giorni previsti per legge, ndr) per esprimere i loro pareri sulle riforme del processo penale e civile: “A inizio ottobre, scaduti i 60 giorni, il Consiglio dei ministri potrà esprimersi per il passaggio finale. Sarà compito del nuovo governo, invece, attuare la delega sull’ordinamento giudiziario”.
Traduzione: a prescindere dalla coalizione di governo che uscirà dalle urne, a prescindere da chi sarà il prossimo ministro della Giustizia, le riforme previste dal Pnnr, vanno attuate. Lo ricorda anche il presidente della Repubblica, nel suo monito discreto ma fermo dell’altro giorno. Richiami in questo senso vengono anche dal commissario dell’Unione Europea alla Giustizia Didier Reynders, anche lui presente al Forum Ambrosetti: “L’Italia continui a portare avanti il processo di riforma della giustizia, con attenzione anche alla lotta alla corruzione. Per quanto riguarda la digitalizzazione, sono felice di vedere che tra i progetti del Pnrr ce ne sono vari legati alla digitalizzazione della giustizia, utili per rendere il sistema più efficiente”.
Giustizia, dunque, questione prioritaria e centrale. S’assiste così a un paradosso: a parte belluine parole d’ordine scervellate e senza senso, dettate più che altro dalla meschina volontà di catturare facile consenso, la questione (e il suo epifenomeno: il carcere e le condizioni dell’intera comunità penitenziaria), è assente dal dibattito politico. “La ragione”, dice Mauro Palma, garante nazionale dei diritti dei detenuti, “è che il carcere non porta voti”.
Nonostante una prima parte dell’anno drammatica nelle carceri, con una sessantina di suicidi ufficiali nei primi otto mesi dell’anno, il carcere è il grande assente della campagna elettorale; un silenzio pressoché assoluto.
Palma lancia un appello a tutti i partiti e ai loro leader: “Il carcere”, si legge nell’appello, “è assente non solo perché porta pochi voti e scarsi consensi, ma richiede anche uno sguardo ampio e prospettico capace di superare la tendenza di gran parte dell’attuale dibattito politico a guardare solo all’immediato”. Il Garante invita le forze politiche e i candidati “a mettere al centro dei loro programmi il tema dell’esecuzione penale, non per proporre facili e talvolta vuoti slogan di bandiera ma per affrontare concretamente i problemi”.
L’appello invita i partiti a un deciso cambio di rotta, liberandosi dello scontro ideologico e ragionando in termini di utilità e funzionalità, nel quadro delineato dalla nostra Costituzione. Uno spunto di riflessione per una finalità che secondo il Garante deve essere comune: il carcere sia un luogo adeguato per chi vi opera e funzionale per chi vi è ristretto, che dia la possibilità a tutti di tornare nella società.
Palma si dice convinto che “alcune criticità del sistema possano trovare risposte comuni, su almeno quattro punti, al di là delle diversità di idee sul carcere. Proposte che non possono non trovare spazio nel dibattito preelettorale, nei programmi e negli impegni dei partiti e delle coalizioni”.
Sono quattro i punti che il Garante ritiene fondamentali e trasversali: 1) Impegno dei territori ad aprirsi per istituire delle strutture di accoglienza e di controllo di quelle persone che invece attualmente per pene brevissime sono inutilmente in carcere; persone rappresentano una minorità sociale che rischia di trovare solo risposte di tipo reclusivo. Così decongestionando l’attuale sistema sovraffollato. 2) Investimenti culturali massicci sull’istruzione e sulla formazione all’interno delle carceri: su quasi 55mila detenuti ce ne sono 1.200 che frequentano l’università ma anche 900 italiani e analfabeti. 3)Una immissione importante di professionalità in carcere al fine di potenziare tutti i percorsi di connessione con il mondo esterno e anche con il suo fondamentale aspetto tecnologico: operatori sociali, educatori, psicologi, mediatori culturali, formatori professionali. 4) Maggiore assunzione di responsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale che in carcere svolge una funzione complessa e impegnativa. Affrontare le difficoltà comportamentali e il disagio psichico deve essere una priorità. Una maggiore attenzione a chi in carcere opera.
“Sono alcuni punti su cui è possibile trovare convergenza”, scrive il Garante nazionale, “fermo restando l’impegno civile di tutti a che il nostro Paese possa comunque avere a breve strutture detentive materialmente adeguate alla sua tradizione democratica”.
Silvio Berlusconi, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, se ci siete, un colpo lo battete?
Valter Vecellio – L’Indro