Il manifesto lanciato da Politica Insieme, rete Bianca e Costruire insieme per un nuovo soggetto politico ha svegliato e risvegliato in molti l’interesse per una rappresentanza autonoma dei cristiani nel nostro paese.
Non sono mancati gli scritti sull’inutilità del proposito visti i fallimenti di esperimenti simili (non certamente uguali) negli ultimi anni e non sono mancati gli interventi, in ambito cristiano, che volutamente o meno hanno fuso e confuso nelle loro riflessioni la questione del dialogo con la questione della rappresentanza.
In modi diversi e con gli adeguati distinguo, erroneamente a mio giudizio esposti pubblicamente con il rischio di una semplificazione del messaggio, tutti hanno constatato e convenuto come la stagione della “libera partecipazione ad ogni formazione politica” abbia condotto alla sostanziale irrilevanza.
Una irrilevanza politica che si accompagna, con una minore riflessione pubblica, ad una irrilevanza nel mondo dell’economia, del lavoro, dell’istruzione ed anche sociale dove la presenza, soprattutto in ambito assistenziale, viene percepita come comodo recinto dove i cristiani vengono utilizzati per sopperire alle carenze dello stato o per meglio intenderci dove l’azione dei cristiani solleva lo stato dai suoi impegni soprattutto dal punto di vista economico.
Con la conveniente possibilità di assorbire, da parte delle classi dirigenti, le risorse economiche che sarebbero dovute essere destinate al soddisfacimento di bisogni che, invece, l’azione quotidiana, diffusa e costante dei cristiani si fa carico.
Constatata l’irrilevanza persiste, però, in molti una resistenza che antepone la domanda delle alleanze all’adesione ad un progetto che, come tutte le cose umane, non ha garanzia di successo.
E’ un tema importante non nascondiamocelo. Dobbiamo intenderci su cosa vogliamo. Noi non vogliamo creare un luogo a presidio di un segmento del mercato politico all’interno di una compagine di rappresentanza. Noi vogliamo una rappresentanza autonoma riconosciuta e riconoscibile dei cristiani in questo paese. Per fare questo dobbiamo costruire una casa comune, una militanza, una classe dirigente.
Questa operazione è propedeutica alla questione delle alleanze. Costruire un partito significa accettare le regole elettorali, le modalità della rappresentanza, i compromessi, fare delle scelte. Un partito è uno strumento attraverso il quale è possibile esprimerci.
Senza un partito organizzato e “capace” non c’è materiale possibilità di rappresentanza compiuta in un contesto democratico. Questo concetto della necessità e convenienza di una casa comune, una militanza, una dirigenza deve diventare il punto imprescindibile della nostra azione, direi quasi una ossessione, in quanto senza questo le alleanze non sono scelte ma adesioni.
Questa è la risposta a quanti, in buona fede, si preoccupano dei compagni di viaggio o temono (a ragione) che le alleanze da questione tattica diventino una realtà strategica.
Se saremo maggioranza governeremo da soli, se saremo minoranza opteremo per le alleanze che vorranno realizzare i nostri programmi e ci permettano di aumentare il protagonismo, come tutti i partiti accetteremo la meccanica della democrazia che porta con se la constatazione che persone che la pensano allo stesso modo si ritrovano nel medesimo contenitore e cercano la maggiore rappresentanza possibile nelle istituzioni.
Non illudiamoci che esistano altre formula per la difesa e la proposta del nostro intendere, nessuno lo farà per noi, nessuno lo farà meglio di noi.
di Luigi Milanesi – politicainsieme.com