di Aldo Cisi (Presidente M.P.I.)
Nell’affrontare l’argomento non ci fossilizzeremo sui risvolti politici bensì sui meccanismi che portano inevitabilmente alle crisi. Non è la prima volta che uno Stato interviene nel salvataggio delle banche.
Prima di noi è accaduto negli USA e proprio in occasione di questa ultima crisi che ci attanaglia ormai dal 2008. Quel che è accaduto è storia. Nel 2008, la prima banca che venne salvata fu la Bear Sterns. I suoi titoli furono acquistati dalla Morgan Stanley con la garanzia data dal governo USA circa la copertura dei debiti della Bear, cosa che non avvenne per la Lehman & Brothers. In quella sede il “mercato” parlò di ingerenza della politica negli affari (1).
E da lì prese definitivamente il via la crisi,ormai quasi decennale. Una cosa molto importante da sottolineare è che la garanzia data dal governo USA prevedeva la copertura attraverso nuovo debito pubblico, ed il debito pubblico si copre o con tagli alla spesa pubblica esistente o con l’aumento delle imposte; nel caso Italia, si arriva a vendere il patrimonio per fare cassa. In tutti e tre i casi si assiste ad un impoverimento del privato cittadino. Allora ci accorgiamo che la divisione tra debito pubblico e debito privato non esiste. La distinzione serve solo a catalogare la provenienza del debito, quindi se è stato contratto da soggetto pubblico o privato. Alla fine il debito è sempre privato, e questo il sistema bancario lo sa benissimo.
Ad un attento lettore verrà subito da chiedersi: per quale motivo Bear Sterns è stata salvata e Lehman & Brothers invece no? Una risposta può essere data dalla attenta lettura di questo passo dell’articolo citato in precedenza “Lehman, come le altre banche d’affari, non erogava mutui. Però, regolarmente, andava dalle piccole società finanziarie e dalle banche di provincia e comprava i mutui che queste società avevano emesso. Le piccole finanziarie così si liberavano dei loro mutui, ottenevano nuovi liquidi con cui fare nuovi prestiti, mentre Lehman e le altre banche d’affari usavano quei mutui come garanzie per costruire complicati titoli derivati”.
Si potrebbe obiettare che non vi è nulla di nuovo che già non si conoscesse. Le banche d’affari statunitensi avevano inondato il mercato di derivati definiti “titoli tossici”. Lo stesso articolo ci racconta che qualcosa era già stato captato sin dal 2006, ossia qualche anno prima dell’esplosione della crisi. In pratica chi doveva sapere già sapeva. E tutti gli altri erano rimasti sul Titanic a suonare in attesa che affondasse, possiamo aggiungere. Infatti chi doveva sapere sapeva ed è stato sacrificato chi era sacrificabile. Occorre, per questo motivo, fare riferimento alla struttura finanziaria dello stato patrimoniale di una banca per comprendere il rischio sistemico connesso all’attività creditizia.
Il sistema bancario emette moneta bancaria, ossia “assegni ed ogni altra disposizione di pagamento in conto, per questo anche definita moneta scritturale, a circolazione fiduciaria, convertibile in biglietti legali”(2), dal che è comprensibile e logico che la quasi totalità della moneta posta in circolazione è di natura fiduciaria ed emessa dalle banche commerciali. La conseguenza diretta è che si offre al sistema bancario la possibilità di porre in circolazione propri debiti come strumenti di pagamento a patto che si detenga una minima quantità di moneta legale necessaria alla conversione di una certa proporzione dei propri debiti in circolazione (3). Quanto detto precedentemente, unito alle possibilità fornite dal moltiplicatore creditizio, permette alla banche un certo tipo di sviluppo, ma fino ad un certo punto. Il moltiplicatore creditizio è una funzione per effetto del quale le banche, fornite di una base monetaria, creano massa creditizia. Le banche, una volta accantonata una quota a riserva a seguito di un nuovo deposito, possono reimmettere nel circuito, sotto forma di un altro prestito, la somma residua.
La funzione matematica del moltiplicatore è pari al reciproco del tasso di riserva. Proprio su questo rapporto si basa il presupposto di erogazione di nuovo credito alla clientela. Esso risponde a questa funzione matematica:dove r corrisponde al tasso di riserva.
Ipotizzando un tasso di riserva al 2% il moltiplicatore creditizio disponibile sarà 49 ossia le banche potranno prestare fino a 49 volte il deposito iniziale.
In Europa non è prevista riserva frazionaria per le seguenti operazioni:
- depositi con durata prestabilita oltre i due anni;
- depositi rimborsabili con preavviso superiore a due anni;
- pronti contro termine;
- titoli di debito emessi con durata prestabilita superiore a due anni.
Per tutto il resto è prevista una riserva frazionaria del 2% che è scesa all’1% dal 18/01/2012 (4). Con riserva frazionaria all’1% il moltiplicatore ci rende 99, ossia le banche potranno prestare fino a 99 volte il deposito iniziale. È fin troppo palese il disequilibrio finanziario a cui è sottoposto il sistema bancario dove da una parte ha un’altissima percentuale di depositi a vista e dall’altra vede le somme prestate vincolate ad una duration anche ventennale, come per esempio i mutui. “Ciò postula un’insanabile divergenza, nell’aspetto della durata, tra i finanziamenti attinti e gli investimenti in corso bancari”(5). L’insanabile divergenza obbliga e indirizza il sistema bancario verso la ricerca spasmodica di nuova clientela (sostituibilità) a cui affidare nuovi prestiti con cui finanziare nuova emissione per remunerare la propria attività, come del resto fatto dalla Bear Sterns e dalla Lehman & Brothers, come fanno tutte le banche, compresa la nostra MPS, immersa nello stesso sistema da loro creato. Come del resto è sempre alla ricerca spasmodica di nuova clientela da indebitare per permettere al ciclo monetario di provvedere alla copertura delle precedenti emissioni/erogazioni; infatti non bisogna mai dimenticare che tutta l’emissione monetaria è a debito. Ma a tutto c’è un limite e questo limite è dato proprio dal moltiplicatore creditizio, che dall’iniziale 2% e dopo la crisi, è stato portato all’1% proprio per scongiurare, per ora, l’entrata in crash di tutto il sistema bancario. Tale manovra è solo un palliativo perché serve solo a rimandare l’inesorabile ed insanabile divergenza.
Una volta raggiunto il limite le banche hanno pochi strumenti a disposizione per allargare la base monetaria:
- reintegrare le riserve (ricapitalizzazione vedi MPS);
- revoca dei prestiti (credit crunch);
- diminuzione dei prestiti (credit crunch).
Riguardo i punti 2) e 3) è fin troppo evidente l’attuazione da parte del sistema bancario, essendo sotto gli occhi di tutti, la diminuzione del credito erogato alle aziende. Il punto 1) ci fa ricordare che alla fine il garante di ultima istanza è sempre lo Stato e non certo una Banca Centrale. È giusto e doveroso aggiungere che l’insanabile divergenza è acuita dall’inesistenza della moneta degli interessi che, nel medio lungo periodo, porta all’inesorabile manifestazione di quello che viene definito rischio creditizio con i succedanei “naturali” default. Infatti, al momento dell’erogazione di un nuovo prestito l’istituto erogante provvede alla messa disposizione dell’importo richiesto ma non della moneta occorrente per ripagare gli interessi. Inoltre c’è da aggiungere che ogni volta che la Banca Centrale interviene sulla percentuale di riserva o sul tasso ufficiale di sconto mina ulteriormente l’Insanabile divergenza gettando le basi per la nuova crisi. Ecco spiegata l’apoptosi (meccanismo di morte programmata della cellula umana) della cellula bancaria, apparentemente apoptosi naturale ma che, visti i presupposti, ha tutti i crismi di essere una distruzione comandata, come tutte quelle cellule dormienti che si attivano improvvisamente detonando nel tessuto sociale causando danni incalcolabili.
Purtroppo la stragrande maggioranza della popolazione, inclusi i bancari, continua a suonare sul Titanic convinta che non affonderà mai ma abbiamo visto che non è affatto così ed il Prof. Auriti lo aveva intuito già quarant’anni fa. La stella polare dei suoi insegnamenti ci indica che l’unica soluzione è la proprietà di popolo della moneta. Il Prof. di Guardiagrele aveva altresì intuito che occorre separare la funzione creatrice della moneta dalla funzione della circolazione, la cui circolazione, doveva avvenire con riserva al 100% ma, per evitare la rarità monetaria, doveva prevedere l’immissione dell’esatta quantità di moneta occorrente per acquistare beni e servizi prodotti.“La quantità della moneta da emettere dovrà essere determinata in base a due criteri fondamentali: 1) la quantità dei cittadini; 2) il potenziale incremento produttivo della Nazione”.