Venuti da India, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka e Pakistan in cerca di un lavoro e di un futuro migliore, sono caduti in una trappola di sofferenza: interminabili giornate a più di cinquanta gradi con quasi nessuna misura di sicurezza o possibilità di riposo. Migliaia i morti. Questo il costo dei mondiali del Qatar. Accendi la televisione e goditi lo spettacolo, quello della nostra disumanità
Se qualcosa la storia ha dimostrato, è che lo shock degli esseri umani per la sofferenza dei loro coetanei è selettivo. Quando non si verifica, di solito è dovuto all’ignoranza, all’ignoranza della situazione e, fondamentalmente, alla disumanizzazione del gruppo che ne soffre, alla mancanza di empatia di alcune persone verso i propri coetanei con i quali hanno rotto il legame di umanità che li unisce.
Entrambi proteggono lo Stato che viola i diritti umani e l’autore di gravi crimini internazionali. In alcune occasioni, conduce persino i suoi cittadini lungo il sentiero della disumanizzazione come parte del suo piano premeditato. In altri, contribuisce semplicemente spontaneamente e naturalmente all’indifferenza e, con essa, all’impunità per le violazioni commesse.
Il 2 dicembre 2010 il Qatar riuscì ottenere di ospitare i Mondiali di Calcio 2022, con 14 voti su 22 possibili, spodestando inaspettatamente il grande favorito: gli Stati Uniti. Fu solo l’inizio di una serie di polemiche. La sua nomina era venata di sospetto. La rivista ‘France Football’ scoprì quello che chiamava ‘Qtargate‘, un nugolo di pratiche corrotte che sarebbero riuscite a cambiare la direzione del voto di, tra gli altri, allora presidente della UEFA, Michel Platini, in cambio dell’acquisto del Paris Saint Germain da parte del Qatar e una serie di accordi concordati con l’allora presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy.
Il cambio storico della data della celebrazione o l’assenza di infrastrutture non sembravano essere un impedimento. E ancor meno, evidentemente, la situazione dei diritti umani in questo Paese.
La costruzione ex novo e nel deserto della sede della Coppa del Mondo, la città di Lusail, simboleggia lo sforzo del Qatar di proiettare un’immagine internazionale impressionante e mostrarsi come una grande potenza economica. Tuttavia, un gran numero di opere indispensabili per adempiere all’impegno, la pressione della scadenza e le condizioni climatiche in uno Stato che viola sistematicamente i diritti del popolo non costituivano di buon auspicio.
Coloro che da India, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka e Pakistan sono venuti alla chiamata del Paese con uno dei redditi pro capite più alti al mondo in cerca di un lavoro e di un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie, sono caduti in una trappola di sofferenza: interminabili giornate a più di cinquanta gradi con quasi nessuna misura di sicurezza o possibilità di riposo,condizioni antigeniche nelle case e minacce di espulsione o confisca del passaporto se non accettassero queste condizioni. La kafala in tutto il suo splendore, il ‘sistema di sponsorizzazione’ per le aziende in vari Paesi della penisola arabica, tra cui il Qatar, il che significa che i lavoratori migranti difficilmente hanno diritti o una reale possibilità di rivendicarli. Lavoro forzato, schiavitù.
È difficile sapere esattamente quante persone siano morte dal 2010 a causa di queste condizioni di lavoro. Un’indagine di Amnesty International stima in 15.021 il numero di morti non qatariote dal 2010 al 2019, rendendo impossibile specificarne le cause, dal momento che lo Stato responsabile non ha mai indagato su queste morti, né ha fatto nulla per impedirne il verificarsi. Nega persino alle famiglie del defunto il corrispondente indennizzo.
Ha un alleato atteso in questa strategia che, vergognosamente, ha assunto lo stesso discorso: la FIFA, come il Qatar, ha confermato 3 morti nella costruzione degli stadi dei Mondiali. Questo corpo occidentale ha naturalmente intrapreso la strada dell’indecenza e sostiene l’ospite senza condannare o fare alcun tentativo di migliorare la situazione di coloro che subiscono le violazioni dei suoi diritti.
Non c’è maggior complice per uno Stato che viola i diritti umani del silenzio, dell’indifferenza e della normalizzazione delle sue azioni. Sponsorizzando eventi sportivi, squadre di calcio… lo Stato violatore riesce a imbiancare la sua immagine, a farci dimenticare le sofferenze che provoca e a condannare all’oblio le sue vittime, che nell’assoluta impotenza possono fare ben poco per evitare l’impunità ai loro carnefici.
Poco importa alla FIFA che non ci sia libertà di espressione, che la discriminazione contro le donne sia una realtà, anche normativa, o che l’omosessualità sia vietatain questo Paese.
Timidamente, alcune federazioni calcistiche, Germania, Norvegia, Belgio o Svezia, hanno espresso pubblicamente la loro preoccupazione sull’argomento. Quella spagnola, invece, tace. Un silenzio tanto cinico quanto coerente, visto che il suo presidente, Luis Rubiales, ha deciso, in cambio di cospicui profitti, di trasferire la sede della Supercoppa spagnola in Arabia Saudita per due trienni, 2019-2021 e 2022- 2024, nella stessa linea d’azione della FIFA.
Manca poco all’inizio del Mondiale. Parteciperemo a cerimonie abbaglianti, strutture all’avanguardia ed eventi sontuosi, consapevolmente inconsapevoli del costo umano coinvolto. La nostra indifferenza verso la sofferenza di questi cittadini senza volto con i quali sentiamo di avere poco in comune avallerà gli abusi di questo e di altri Stati, sapendo quanto sia facile comprare silenzio e complicità di fronte alla loro barbarie. La disumanizzazione di queste persone, le atrocità di molti altri e l’eccessiva ambizione di tanti ci hanno portato qui. La nostra indifferenza li incoraggia.
Accendi la televisione e goditi lo spettacolo, quello della nostra disumanità.
The Conversation – L’Indro