Le immagini provenienti da Teheran e da numerose città iraniane testimoniano da giorni l’esasperazione di una fetta di popolazione, sfinita dalle vessazioni e dal malgoverno del regime teocratico
L’assassinio di Mahsa Amini
Le ritorsioni e le minacce sono sfociate in un nuovo eclatante episodio di estrema violenza: la 22enne Mahsa Amini, fermata ed arrestata dalla polizia morale per “non aver indossato correttamente il velo”, è stata picchiata a morte dagli agenti all’interno di una caserma.
Un barbaro assassinio che evidenzia la disumanità del fondamentalismo islamico, una brutale repressione che purtroppo è la norma in Iran, un Paese che rappresenta anche una minaccia per la stabilità globale. A maggior ragione, dunque, l’Occidente dovrebbe alzare la sua voce e schierarsi al fianco dei manifestanti.
Al grido di “morte al dittatore” numerosi cittadini, soprattutto giovani, sono scesi in piazza a Teheran e in numerose città per opporsi alla repressione del regime. Migliaia di donne hanno coraggiosamente scelto di sfilarsi il velo pubblicamente, in occasione del funerale della giovane Mahsa. A proposito, dove sono le nostre femministe?
La reazione violenta della polizia e dei basiji, che sono arrivati a sparare sulla folla, evidenzia una gestione del potere sempre più difficoltosa da parte del regime degli ayatollah.
Da anni sotto sanzioni occidentali, la corruzione endemica, le spese militari e l’inflazione alle stelle hanno impoverito la popolazione, che già negli scorsi mesi era scesa in strada per protestare contro la carenza dei prodotti nei supermercati e l’elevato costo anche dei generi alimentari essenziali.
La minaccia nucleare
L’opportunità che scaturisce dalla determinazione degli iraniani nel ribellarsi alla dittatura non andrebbe sprecata dall’Occidente, anche al fine di tutelare la nostra sicurezza. L’Iran è sempre più vicino a dotarsi dell’arma atomica e al rappresentare dunque una minaccia inaccettabile per i suoi vicini e avversari – Israele, Arabia Saudita, Iraq, ma ovviamente anche i Paesi occidentali.
A causa delle costanti minacce e delle attività aggressive di Teheran in tutto il Medio Oriente, il rischio è che prima o poi finisca per provocare un conflitto o la reazione di un’altra potenza regionale, come Israele e Arabia Saudita. Una motivazione ulteriore per impegnarsi a contrastare Khamenei ed i suoi proxies.
Sostenere concretamente le rivolte popolari amplierebbe le possibilità di una caduta del regime sciita, al quale quanto meno non andrebbero offerte boccate d’ossigeno, come un nuovo accordo sul programma nucleare con relativo alleggerimento delle sanzioni.
Tommaso Alessandro De Filippo – Atlantico