Fumata nera dell’Eurogruppo. Così si conclude il summit fiume dei ministri delle Finanze europei chiamati a trovare un punto d’incontro da portare al prossimo consiglio dell’Ue sulle misure economiche da adottare per sostenere i Paesi più martoriati dal coronavirus. Un nulla di fatto che arriva dopo 16 ore di vertice in videoconferenza iniziato alle 16 di ieri e conclusasi  alle 8 di questa mattina.

Consiglio-europeo

La sospensione dei lavori e il rinvio del vertice a domani (giovedì) è stata annunciata da presidente Mario Centano su Twitter: “Dopo 16 ore di discussione  ci siamo avvicinati a un’intesa ma ancora non ci siamo. Ho sospeso l’Eurogruppo che riprenderà domani. Il mio obiettivo rimane quello di creare una forte rete di protezione contro le conseguenze della pandemia“. “Nonostante i progressi, nessun accordo ancora all’Eurogruppo – gli ha fatto eco sempre su Twitter il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri – continuiamo a impegnarci per una risposta europea all’altezza della sfida del Covid-19. È il momento della responsabilità comune, della solidarietà e delle scelte coraggiose e condivise”. Di fatto si tratta di due massaggi che fanno ben capire il clima teso che ha caratterizzato l’incontro e quale sia il nodo cruciale che ha bloccato per tante ore il confronto e che sostanzialmente divide profondamente i vari protagonisti chiamati al tavolo virtuale: il Mes.

Del resto lo si sapeva che non sarebbe stata una riunione facile. Anzi, dopo parecchi giorni di scontri a distanza il vertice di ieri è apparso  già dalle prime battute come un percorso in salita ed estremamente scivoloso. L’utilizzo o meno del Mes e la questione degli eurobond hanno dunque creato una enorme frattura tra i partner dell’Ue è questo non lasciava certo presagire una possibile convergenza sulla materia del contendere. E così in effetti è stato. Le distanze sono rimaste abissali.

Da una parte il nostro paese che punta sui Coronabond e dall’altra i famosi rigoristi come Olanda, Austria e Paesi scandinavi capeggiati naturalmente dalla Germania. I paesi che continuano a insistere sull’adozione del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) considerato uno strumento adeguato a risolvere la crisi. Ad aggravare lo scontro è oltretutto l’isolamento in cui si trova l’Italia alla quale ha già girato le spalle la Francia mentre la Spagna mantiene ancora un atteggiamento ondivago  sui coronabond-eurobond.

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Una possibile intesa resta quindi lontana. I cosiddetti  rigoristi non sembrano intenzionati a mollare le loro posizioni e bocciano senza se e senza ma l’ipotesi eurobond mentre l’Italia respinge categoricamente il Mes, almeno questo è quello che dice in ogni occasione questo governo.

Il pacchetto che i ministri hanno preso in esame comprende tre punti:

  • Il primo è il sostegno ai Paesi, attraverso l’utilizzo di un Mes alleggerito delle sue condizionalità più rigide e in grado di dare crediti per 240 miliardi di euro. Ogni Paese potrebbe prendere in prestito fino al 2% del proprio Pil, e per l’Italia sarebbero circa 35 miliardi.
  • Il secondo punto è il sostegno ai lavoratori attraverso il Sure (strumento contro la disoccupazione) con un meccanismo da 100 miliardi per aiutare la cassa integrazione dei 27 Paesi Ue.
  • Il terzo è il sostegno alle imprese, con la Bei che entra in campo per far arrivare 200 miliardi alle Pmi. In tutto sono 500 miliardi, appena un terzo dello stimolo necessario a far ripartire l’economia europea secondo i calcoli della Commissione Ue.

Diciamo che su Bei e Sure la convergenza c’è ma lo scoglio resta la creazione un fondo finanziato da obbligazioni comuni o Coronabonds con il quale investire nella ripresa dopo la scomparsa del virus.

La partita sugli eurobond va perciò ai tempi supplementari. Dopo 16 ore di negoziati l’Eurogruppo non ha trovato neppure l’ombra di un accordo sulle misure da mettere in campo per affrontare la crisi economica conseguente all’emergenza coronavirus. E questo mette a nudo ancora una volta – se ce ne fosse stato nuovamente bisogno – l’indifferenza, il menefreghismo di questa dis-Unione – meglio definirla così – di intervenire rapidamente e con coraggio attraverso azioni di solidarietà nei confronti dei Paesi in difficoltà. Del resto è inutile negarlo: troppe le diversità che compongono le varie anime di questa Unione forzata in cui convivono in maniera innaturale obiettivi, politiche ed equilibri strategici profondamente inconciliabili.

A dimostrazione di questo bastano i fatti: a fronte di un’emergenza sanitaria gravissima è nuovamente tornato puntualmente in scena il conflitto tra i falchi del nord, i rigoristi dei conti pubblici, e  l’Italia colpita al cuore dalla pandemia. E ora gli sciacalli nordisti giocano sulle nostre disgrazie con la speranza di vederci consegnare al famigerato Mes e quindi alla Troika. E questo significherebbe mettere il collo in un cappio come è successo alla Grecia ridotta alla fame e divenuta terra di conquista a basso costo da parte soprattutto della Germania. Berlino da settimane tenta di convincere Conte e il resto della compagnia di palazzo Chigi minimizzando sugli effetti del Mes sostenendo che non sarebbero certo quelli pesantissimi inflitti alla Grecia. Ma non facciamoci prendere per i fondelli. Di questa gente non c’è da fidarsi.