La questione migranti non riguarda solo l’Italia. Quello che è accaduto alla nave Aquarius ha inevitabilmente innescato una serie di reazioni a catena. Anche in Germania c’è una crisi politica profonda che sta lacerando l’intesa di governo tra il cancelliere Angela Merkel e i suoi alleati storici della Csu bavarese. Inoltre sul problema c’è attesa per ciò che si deciderà nel corso del vertice europeo fissato per il 28 e 29 giugno prossimi mentre Merkel con il premier francese Emmanuel Macron e l’Ue si trovano a fare i conti con il fronte anti immigrati destinato a rafforzarsi. Fronte formato dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, dal primo ministro ungherese Viktor Orbàn assieme al nostro ministro dell’Interno Matteo Salvini e al suo omonimo tedesco Horst Seehofer. In sostanza l’avvicinamento tra estrema destra e destra mette in dubbio la già fragile coesione europea.
La Francia e l’Italia divergono profondamente sulle modalità di accoglienza dei migranti malgrado l’intesa – almeno in apparenza così sembra – raggiunta tra Macron e il presidente Giuseppe Conte durante l’incontro di venerdì scorso a Parigi.
Contestualmente altre nubi si addensano a Berlino: Merkel è sottoposta a una pressione congiunta tra l’estrema destra “Alternativa per la Germania” e il presidente della Csu ministro Horst Seehofer che da tempo reclama criteri più stringenti sulla politica migratoria, regole che prevedano di limitare l’accoglienza anche a costo di indebolire un cancelliere sempre più isolato. Non dimentichiamo che Seehofer è uno dei più importanti esponenti della Csu, un partito di centro che è presente solo in Baviera dove è molto forte, ed è alleato da sempre della Cdu, il partito di Merkel. Di conseguenza una rottura di questa alleanza rappresenterebbe per la Germania la più grande crisi politica dal dopoguerra.
Porte chiuse anche in Ungheria. Orbàn rifiuta i migranti in nome della “difesa della civilizzazione”. Il dossier che viene definito “crisi migratoria” è tornato prepotentemente sul tavolo come la posta in gioco nel dibattito europeo e minaccia una profonda spaccatura nell’Unione. A completare il quadro va aggiunto il fatto che l’Austria dal primo luglio assumerà la presidenza semestrale del consiglio dell’Ue e tutto fa pensare che ne approfitterà per negoziare con alcuni Paesi dei Balcani riguardo alla già ventilata organizzazione di campi di detenzione per migranti indesiderati a cui è stato rifiutato l’asilo in attesa di un lori rimpatrio nel Paesi d’origine.
A questo progetto, condannato da Bruxelles, si vogliono naturalmente associare i populisti danesi, l’Italia e il sottosegretario belga all’immigrazione Theo Francken.
La vicenda dell’Aquarius dimostra dunque in maniera inequivocabile le laceranti divisioni tra i membri dell’Ue, la loro incapacità di trovare soluzioni consensuali mentre l’opinione pubblica è passata dall’emozione ad una forma di indifferenza assoluta. E in tutto questo l’Italia è stata abbandonata, costretta ad affrontare da sola una emergenza immigrazione senza precedenti, un dramma umano che ha fatto migliaia di vittime che hanno perso la vita nel Mediterraneo.
Inqualificabile la posizione della Commissione europea che ha mostrato tutta la propria inefficienza. Tra i tanti errori non ha saputo muoversi per tempo contro i Paesi dell’est che hanno violato i valori enunciati dall’art. 2 del trattato dell’unione lasciando passare l’idea che gli Stati membri possano dimenticarsi i valori da sempre proclamati come la solidarietà interna tra Paesi membri. Questo muto e imperdonabile immobilismo ha avuto un solo effetto: gli intransigenti, i duri dell’Europa dell’est hanno trovato terreno fertile, ovvero nuovi alleati tra i vecchi Stati membri dell’ovest pronti a sostenere la loro causa. Insomma, un fronte comune di irriducibili pronto a scontrarsi con Merkel e Macron alla disperata ricerca di una soluzione europea condivisa e ragionevole.
Con la riforma del regolamento di Dublino 3 – che obbliga i Paesi di primo ingresso a procedere all’analisi delle richieste di asilo – Merkel nonostante le grane interne ostenta fiducia ed è pronta a scommettere su un improbabile accordo al prossimo vertice di fine giugno. Una mossa che viene letta più che altro come un tentativo di calmare soprattutto la sua maggioranza, visto che sull’accordo sono in pochi a crederci.
Intanto Salvini non molla consapevole, tra l’altro, che se impedirà altri avvicinamenti alle coste difficilmente Bruxelles condannerà l’Italia che in cinque anni ha accolto oltre 700 mila migranti. Vale a dire che il nostro Paese la propria parte l’ha fatta, eccome l’ha fatta, mentre gli amiconi dell’Ue giravano la testa dall’altra parte e oggi hanno anche la sfacciataggine di farci addirittura la morale.
L’unica cosa che è stata offerta all’Italia dall’Ue sono stati i soldi per fronteggiare la massa di disperati che venivano scaricati sulle nostre spiagge o in mezzo al mare dai nuovi negrieri che si stanno arricchendo sulla pelle di questa povera gente.
Dinnanzi a questa tragedia, all’incapacità dell’Europa – che si sveglia dal letargo solo quando ci sono in ballo gli interessi delle banche – che ha vergognosamente abbandonato l’Italia non c’è da sorprendersi se la maggioranza degli italiani ha deciso di mandare al potere una coalizione di collera popolare contro l’establishment di Bruxelles, contro una Europa che appare sempre più incapace di reagire addirittura contro quel populismo che dice di temere.
Ora ci si chiede se esista una via di uscita da questa crisi epocale. La burocrazia dell’Ue fa sapere che vuole accelerare ciò che cova da tempo, ovvero un controllo più severo delle frontiere, una revisione degli accordi di riammissione e delle regole d’asilo.
Oggi è l’Europa di Schengen a essere minacciata. Serve quindi una leadership in grado di intraprendere un percorso realista che non si faccia incantare da facile demagogia o dai cazzari di turno.
L’urgenza c’è, l’esito è incerto.