Quello presentato al Presidente della Repubblica e al Paese è a tutti gli effetti il suo governo. Non ha alibi: scelte, attività, comportamenti prossimi, nel bene o nel male, saranno imputabili a lei sola. I dossier urgenti: Europa, crisi, recessione, giustizia
I simboli: la soglia di Palazzo Chigi, in questi anni, oltre alle immancabili auto blu è stata varcata da un loden, un semplicissimo cappotto indossato da un compassato Mario Monti; poi ecco Mario Draghi: immortalato con tra le dita una semplice penna a biro, strumento di scrittura tra i più economici. Filmati ufficiali lo mostrano mentre firma atti di governo con una biro, a volte senza neppure il cappuccio. L’immagine di Giorgia Meloni si lega a una Fiat 500 che entra nell’enorme cortile del Quirinale e capelli legati da una semplice ‘coda di cavallo‘. Un’attenta regia mediatica consegna una Meloni ‘minimalista‘, ‘sobria‘. Non scivola nella demagogia grillina (l’ex Presidente della Camera Roberto Fico che si fa fotografare il primo giorno in autobus); al tempo stesso nulla concede agli sfarzi pacchiani alla Silvio Berlusconi.
Questa immagine a bordo di una ‘normale’ automobile con marchio italiano, e il fatto, di per sé storico, che finalmente una donna è Presidente del Consiglio, è sufficiente perché si possa dire che si assiste a un ritorno della ‘politica’?
Ovvio che Meloni, come tutti, va ‘pesata’ sulla base dei fatti concreti. Già in questi primi giorni, quelli della tradizionale ‘luna di miele’, si avrà modo di capire come intende rispondere alle gravose sfide ‘interne‘ ed internazionali. Appuntamento, dunque, a gennaio/febbraio 2023. Meloni ha chiesto tela, l’ha avuta, ora deve mostrare quale sia la qualità del suo filare.
Rinnovata l’adesione atlantista e occidentale per quel che riguarda il conflitto in Ucraina, la netta scelta di campo anti-Putin, a differenza delle ‘tentazioni’/propensioni di un Matteo Salvini o di un Berlusconi; preso atto che non è una boutade quel «non sono ricattabile»; il problema di Meloni si chiama ‘Europa‘: centri di potere organizzati e diffidenti, sono in riva al guado e osservano attenti e severi: sono insediati a Bruxelles, e nelle cancellerie dei Paesi UE del Nord, i cosiddetti ‘Paesi frugali‘. Fino a ieri si era coperti dall’ombrello Draghi: la sua autorevolezza, esperienza, le sue conoscenze, il suo ‘percorso‘. Meloni è personaggio diverso. Basterà la sua particolare temperie politica e culturale? E’ interesse di tutti che sappia e voglia proseguire nella rotta impressa dall’esecutivo Draghi, lavorare per la Grande Casa Europea e non cedere alla tentazione delle Piccole Case Europee. Saprà e vorrà farlo? Questo è l’interrogativo decisivo. Ha fortissimamente voluto la bicicletta. Ora Meloni deve pedalare.
Da far tremare le vene dei polsi le sfide ‘interne‘. Le risposte sono quelle tracciate da Draghi. I distinguo contenuti nei programmi elettorali lasciano il tempo che trovano: la realtà e la gravità delle emergenze non sono granché compatibili con le promesse e le affermazioni in campagna elettorale.
Quello presentato al Presidente della Repubblica e al Paese è a tutti gli effetti il suo governo. Ha superato, e in molti casi ignorato, le richieste degli alleati della coalizione; nei posti chiave ha collocato persone di sua fiducia. Non ha alibi: scelte, attività, comportamenti prossimi nel bene o nel male, saranno imputabili a lei sola.
Qui si torna alle ‘immagini’. Quando comunica ‘in diretta’, di essere stata ‘indicata’ dalla destra-centro quale Presidente del Consiglio. Alla sua destra e alla sua sinistra, per una volta silenti, Berlusconi e Salvini; lei, la ‘ragazzina’ parla, e i due si scambiano occhiate, fate voi se di complicità, di allusioni, di frustrazione per quello che avrebbero voluto fosse e non era.
Prodromi. Salvini continuerà i suoi stop and go già messi in essere con il governo Draghi, la politica di un piede dentro e di un piede fuori; ma avrà meno margini: la sua forza elettorale non è più quella di un tempo; sono venuti meno appoggi e sostegni, all’interno della Lega si levano voci di contestazione e perplessità. La neo-inquilina di Palazzo Chigi quando a brutto muso dice che tra le sue ‘qualità’ c’è anche quella di non essere ricattabile, non solo a Berlusconi manda un preciso messaggio. Quest’ultimo si rassegnerà al declino, a non giocare più, come finora ha cercato di fare, il ruolo del protagonista a tutto campo? Chissà se i figli maggiori, il più che leale Gianni Letta e gli altri ‘moderati’ sapranno imbrigliare le sue ancora esuberanti pulsioni.
‘Il governo di alto profilo’. Si lasci perdere questa affermazione/promessa. Quale esecutivo non promette di esserlo? Come per il budino, la prova se sia buono è nel mangiarlo.
I dossier: si chiamano Europa, il ruolo dell’Italia nella troika di governo (Francia, Germania, Italia e, vicina, la Spagna); la gestione della crisi energetica, con le maxi-bollette che mettono in crisi aziende e famiglie; il deficit di bilancio con l’attuale sostegno della BCE… Tra le priorità impedire la incombente recessione e il contrasto alla povertà, i cui livelli raggiunti solo qualche anno fa erano inimmaginabili.
Non ultima, la riforma della giustizia. Aver voluto a via Arenula un personaggio della caratura di Carlo Nordio è un preciso segnale politico. Annuncia e promette un ritorno del garantismo, il ristabilimento dei confini costituzionali tra i poteri dello Stato. Sarà imbragato come Gulliver da mille lacciuoli già predisposti da altrettanti lillipuziani? Anche qui si gioca una bella scommessa. Quella della Giustizia non è solo un’emergenza, è forse la più importante e urgente riforma dello Stato. E’ un elemento costitutivo della democrazia che la magistratura rientri nei suoi ranghi e sia privata di quell’enorme potere devastante che ha assunto in virtù del ‘vuoto’ lasciato dalla politica.
La politica: è qualcosa di complesso e difficile, non si improvvisa. Richiede professionalità che si acquisisce col tempo: è un mix di pensiero, di cultura, di tradizione. Postula conoscenza di tattiche, strategie, capacità duttile di compromessi e lucidità nelle decisioni e negli obiettivi da perseguire.
Anche per Meloni è tempo di hic Rhodus, hic salta…
Valter Vecellio – L’Indro