Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, entrambi usciti malconci dalle urne, ogni giorno alzano il prezzo e l’asticella. Presidenza del Senato a La Russa, alla Camera Riccardo Molinari. Per il governo, cinque ministri a Forza Italia e altrettanti alla Lega. Solo che non tutti i ministeri sono uguali

Il Movimento 5 Stelle, che ha ridotto drasticamente la sua presenza parlamentare e registra un pesante calo di voti e fiducia, canta vittoria. Il Partito Democratico, che negli ultimi dieci anni ha commesso tutti gli errori possibili e immaginabili, invece di concentrarsi nell’unica cosa che può e dovrebbe fare (l’opposizione), si dilania su questioni irrilevanti come l’ennesimo cambio del nome…
Non è certo da M5S e PD che (almeno per ora) arrivano le minacce per Giorgia Meloni. Da questo punto di vista, la leader di Fratelli d’Italia e futura presidente del Consiglio può dormire sonni tranquilli.
No. A impedirle di gustare fino in fondo la vittoriae l’innegabile soddisfazione di essere la prima donna a varcare la soglia di palazzo Chigi, per paradosso che possa sembrare, sono gli alleati. Come dice il proverbio: «dagli amici mi guardi Iddio…».
Amici e alleati. Silvio Berlusconi e Matteo Salvinientrambi usciti malconci dalle urneogni giorno alzano il prezzo e l’asticella: devono dimostrare di contare ancora qualcosa, e -voraci- chiedono, chiedono, chiedono… Meloni deve trovare la quadra: il suo problema è da una parte scongiurare che alleati inaffidabili e vogliosi di potere possano impossessarsi di caselle importanti; dall’altra, qualche ‘osso’ lo deve pur concedere. Non bastasse, ci sono anche i sodali interni che scalpitano: dopo un lunghissimo digiunoecco la pletora dei notabili di Fratelli d’Italia che chiedono parte delle spoglie che spettano al vincitore: al Governo, nei ministeri, negli enti del potere reale. I vari Ignazio La Russa, Guido Crosetto, Adolfo Urso…anche loro: chiedono, chiedono, chiedono…

Come ogni leader che si rispetti, anche Meloni ha il suo ‘cerchio magico’: la sorella Arianna e il di lei marito Francesco Lollobrigida, da sempre fidatissimi consiglieri; e Giovanbattista Fazzolari, ideologo da più di dieci anni del Meloni pensiero, più che un collaboratore-confidente: è lui, oggi, il filtro per i ‘messaggi’, le telefonate, le richieste di colloquio, le ambasciate… Nel nuovo organigramma è lui a tenere aggiornata l’agenda della Presidente del Consiglio in pectore.
Cogitabonda, Meloni è alle prese con il logorante puzzle che a giorni dovrà essere composto. Già il primo problema: le presidenze di Senato e Camera. Postazioni ambite sia da Lega che da Forza Italia, e più la prima della seconda, perché il Presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, quella che può subentrare al presidente della Repubblica, in caso di impedimento temporaneo. Roberto Calderoli, dice la Lega. Elisabetta Casellati, sostiene Forza Italia. Ignazio La Russa, dice Fratelli d’Italia, che vorrebbe destinare a quella postazione istituzionale uno dei fondatori ‘storici’ del Movimento, ma esponente da sempre di quella destra che dal vecchio Movimento Sociale di Giorgio Almirante si è poi evoluta nell’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Uno dei problemi di Meloni è quella di farci accettare dai poteri reali internazionali: gli Stati UnitiBruxellesgli istituti di credito e le banche internazionali nelle cui mani c’è una buona parte della nostra economia. La fedeltà atlantica di Meloni è fuori discussione, ma l’Amministrazione di Joe Biden non dimentica che Fratelli d’Italia si è schierata risolutamente al fianco di Donald Trump. Meloni ha necessità di essere ‘accettata’ dalla Casa Bianca; un personaggio come La Russa, legato alla vecchia guardia, è meglio destinarlo alle ‘istituzionali’ più che al Governo. In qualche modo, comunque, Meloni riuscirà a ‘governare‘ gli appetiti del suo partito.

Più spinose le questioni e i rapporti con gli alleati di coalizione.
L’altro giorno Meloni, Berlusconi e Salvini si sono affrontati a Milano in una sorta di ‘triello’. Lasciamo perdere i comunicati e le dichiarazioni ufficiali, della serie ‘colloqui franchi e cordiali’, che significano: ognuno è rimasto fermo sulle sue posizioni.
Dopo un’ora e mezza di ‘scambi di opinione’, in attesa di quello determinante fissato tra martedì e mercoledì, Meloni ha dettato le sue condizioni: «Se e quando il capo dello Stato mi conferirà l’incaricoun minuto dopo sarò pronta a presentare la mia squadra di governoNon perderò tempo in trattative e tira e molla per i posti: il Paese è in difficoltà, dobbiamo dare prova di serietà. Non accetterò di fare un governo al ribasso, con nomi non all’altezza. Non farò mai cose che non mi piacciono».

Meloni ufficialmente fa sapere che per la presidenza del Senato La Russa è l’uomo giusto. Dribbla l’obiezione: presidente del Consiglio e presidente del Senato dello stesso partito, ricordando che Marcello Pera e Renato Schifani hanno occupato la stessa poltrona con Berlusconi presidente del Consiglio, e nessuno ha trovato di che ridire. Al leghista Riccardo Molinari la presidenza della Camera, così Salvini si rabbonisce un poco. Per quello che riguarda il governocinque ministri a Forza Italia e altrettanti alla LegaSolo che non tutti i ministeri sono ugualiCe ne sono di ‘pesanti‘, e qui comincia il braccio di ferro. Non solo: Meloni rivendica a sé anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Una cosa appare assodata: nei ministeri che contano ci devono essere persone di cui lei decide la nomina, a prescindere dal partito di appartenenza. Come questo si armonizzi con le aspirazioni di Berlusconi e Salvini è da vedere.
Berlusconi chiede che nel prossimo consiglio dei ministri siedano tre suoi fedelissimi: Licia Ronzulli, (Sanità?), Elisabetta Casellati (alla Giustizia), e Antonio Taiani. Salvini pretende Agricoltura, Infrastrutture, Interni (anche se meno convintamente rispetto ai primi giorni). Poi si è inventato un ministero ad hoc, per ‘la famiglia e la natalità’. Magari per quest’ultimo, lo accontenta. La lunga partita a risiko è in pieno svolgimento.
Questa la situazione, questi i fatti.

Valter Vecellio – L’Indro