Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella tenta di evitare un voto prima dell’estate contro il parere più volte ribadito dei 5 Stelle e della Lega. Ma uno degli interrogativi è cosa si intende per governo neutrale, come annunciato dal Quirinale, nel momento in cui i due grandi vincitori della tornata del 4 marzo scorso, appunto pentastellati e M5S, contestano da sempre la legittimità degli impegni europei e internazionali sottoscritti dall’Italia. Così come il risanamento dei conti pubblici avviati dal governo uscente. Ma andiamo con ordine.
Nel caos istituzionale post-elezioni lunedì scorso  la delegazione dei grillini è arrivata per prima al Quirinale per l’ultimo giro di consultazioni programmato dal Capo dello Stato. Poi  è  stato il  turno del centrodestra e infine è stata la volta del Pd. Quello che ha impressionato erano i volti scuri e  grigi  dei dem  che salendo lentamente le scale del palazzo il segretario reggente Martina  sembrava      più alla testa di un corteo funebre che di una rappresentanza di partito. Un quadro che offriva una immagine perfetta dello stato in cui si trova la sinistra italiana.
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Ognuno ha espresso la propria posizione davanti a Mattarella che ha portato alla stessa impossibilità dalle elezioni del 4 marzo di produrre una  maggioranza le forze politiche si sono dimostrate,  tra veti e ripicche,  incapaci di superare le proprie divergenze per riuscire a definire una alleanza in grado di dare un governo al Paese. Tuttavia ci sono decisioni a Roma e a Bruxelles che non possono essere rinviate all’infinito. Così Mattarella  ha fatto  sapere la sua volontà di mettere in piedi un esecutivo politicamente neutrale almeno fino alla fine dell’anno per adottare la legge di bilancio. Il presidente renderà noto nelle prossime ore l’identità della persona incaricata a costituire questo governo provvisorio.
Ma l’interrogativo, come anticipato sopra, è cosa si intenda per neutralità governativa quando i due leader che hanno trionfato alle politiche, Salvini e Di Maio, contestano aspramente la legittimità degli impegni presi dal governo Gentiloni sia  in sede europea che  a   livello  internazionale  così come la rotta dei conti pubblici. Ci si chiede dunque come si potrebbero gestire gli affari correnti quando Lega e grillini hanno promesso al loro elettorato di rovesciare il tavolo sia a Roma che in sede europea.
Pochi minuti dopo il discorso del presidente Mattarella del resto Di Maio non ha  tardato a far sapere di opporsi a questa soluzione di governo cosiddetta    neutrale che ricorda troppo i governo tecnici del passato chiedendo quindi elezioni rapide. A stretto giro di boa gli ha fatto eco Salvini che ha reclamato l’incarico di formare un governo anche in assenza di una maggioranza. Ma in caso di rifiuto, ha sottolineato il leghista, la parola deve tornare agli elettori.
Prudente   e  accorto Mattarella ha lasciato parecchio tempo ai negoziati ma tutto è stato inutile fino alla rottura tra Lega e M5S      del 29 aprile scorso. E   da allora il ritorno alle urne appare ogni giorno  sempre  più inevitabile. Ma quando? La Lega e 5 Stelle insistono per un voto veloce ma proponendo un governo neutrale Mattarella fa capire di avere le intenzioni di rinviare la scadenza nel tentativo di mettere in piedi il progetto di bilancio 2019 evitando il rischio di panico nei mercati finanziari. Ma l’idea è fare il possibile che queste nuove elezioni si svolgano in un contesto diverso evitando una banale ripetizione dell’attuale scenario.
Ma all’orizzonte si profilano ombre che alimentano i dubbi su  questa crisi creata, questo non va dimenticato, da una legge elettorale sciagurata votata da tutti meno che dai 5 Stelle. Rifiutando di accettare lo schema elaborato dal Colle i due maggiori protagonisti, Salvini e Di Maio, potrebbero passare come  irresponsabili dinnanzi all’opinione pubblica. Mentre accettando deluderebbero il loro elettorato che da anni viene influenzato con la demonizzazione degli accordi dietro le quinte tipici degli equilibrismi  fatti    di intrecci di potere e interessi diffusi  del parlamentarismo italico.
Più in generale è che in questa dinamica di funzionamento delle istituzioni sta il centro della crisi politica  attuale. Tutto è saltato, le regole un tempo condivise hanno lasciato il posto alla cultura dello scontro, della intransigenza che cancella la ricerca del compromesso. E tutto questo intrigo vergognoso si concretizza spesso  per meri interessi di bottega che provocano danni enormi agli italiani.
Mattarella sembra non avere la possibilità di pesare in maniera determinante sugli avvenimenti, una   realtà completamente diversa rispetto a quella vissuta dal suo predecessore Napolitano, in particolare sulla crisi  post elettorale del 2013.
Di certo è che i  nuovi attori del gioco politico rifiutano ostinatamente  di piegarsi  alle vecchie abitudini. Se il governo neutrale annunciato da Mattarella non dovesse vedere la luce un voto immediato appare inevitabile. La data evocata è il 22 luglio, una opzione che metterebbe in pericolo un altro principio fondamentale del funzionamento della democrazia italiana: la tregua estiva. Rimangono così due questioni aperte: come può definirsi neutrale un governo nel momento in cui la maggioranza è ostile agli impegni presi oltre confine e poi che fine ha fatto la cultura del consenso che fa presagire la fine della concezione tradizionale della democrazia rappresentativa.