Ci risiamo, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, da sempre nemico dell’Italia assieme ad altri burocrati di Bruxelles, ha annunciato che chiederà al governo italiano di rispettare “la parola” sugli obiettivi di bilancio nel 2019. “L’Europa funziona secondo regole prestabilite prima dell’arrivo dei governi”, dice lui.
Ma fortunatamente il governo gialloverde tira dritto e bene ha fatto il ministro Giovanni Tria a tenere la barra al centro nonostante gli attacchi sul Def di Ue, Bankitalia e Fmi. Non dobbiamo dimenticare che se palazzo Chigi dovesse cedere di una sola virgola tutto si sbriciolerebbe nel giro di poche ore. Anche perché se l’attuale esecutivo non dovesse agire in questo modo non avrebbe più ragione di esistere. Dunque non abbassare il tiro, costi quel che costi, anche se abbiamo il mondo contro.
Basta con le solite e ormai logore politiche economiche, si deve cambiare registro pur rimanendo nell’euro. Questa è la direzione giusta
facendo capire contestualmente al resto di questa sciagurata Unione che la musica della situazione italiana è cambiata.
Non illudiamoci comunque poiché dall’Europa le critiche continueranno.
L’Italia che ha avuto finalmente il coraggio di alzare la testa ha dato un pugno allo stomaco all’establishment dell’eurozona, alle maggiori banche, ai potentati finanziari che vogliono dettare legge in casa altrui, un pugno talmente forte che devono ancora riprendersi… se mai si riprenderanno.
L’Italia che ha avuto finalmente il coraggio di alzare la testa ha dato un pugno allo stomaco all’establishment dell’eurozona, alle maggiori banche, ai potentati finanziari che vogliono dettare legge in casa altrui, un pugno talmente forte che devono ancora riprendersi… se mai si riprenderanno.
Addirittura qualche economista si spinge più in là convinto che servirebbe una manovra ancora più audace che di fatto andrebbe ad incidere maggiormente sul pil con la conseguenza di una netta riduzione del debito e l’aumento dei posti di lavoro. Ma per ora accontentiamoci del risultato.
Intanto la “dittatura europea”, così come è sempre stata concepita ai danni dell’Italia, ha accusato un altro duro colpo arrivato dai risultati catastrofici nelle elezioni in Baviera.
I conservatori alleati di Angela Merkel sono stati puniti incassando solo il 37,3% dei voti, una lezione storica dopo 60 anni che con ogni probabilità si ripercuoterà sul già traballante governo di coalizione a tre partiti. Naturalmente il vice primo ministro italiano Matteo Salvini gongola e attraverso i social scrive che il responso scaturito dalle urne dimostra ancora una volta il crollo del “vecchio sistema” e si è complimentato per l’ottima performance ottenuta dal partito anti-immigrazione Alternativa per la Germania che con il 10,2% entra per la prima volta nel Parlamento regionale della Baviera.
Sappiamo bene che Merkel ha raccolto quel che ha seminato, vale a dire che la sua politica sull’immigrazione – che ha visto l’ingresso nel Paese di oltre un milione di persone dal 2015 – non è andata giù a buona parte di quell’elettorato che per anni ha sostenuto la cancelliera. Ma ora la misura è colma e dai seggi è arrivata la severa batosta.
Assistiamo quindi a un terremoto politico che ha avuto diversi epicentri nel vecchio continente e inevitabilmente a Bruxelles, con la tornata delle europee a maggio, si avvertiranno le scosse di assestamento. Quei fenomeni di turno dei Juncker, dei Moscovicis farebbero bene a preparare la valigia.