Manovra in alto mare. Nel Governo rimane alta la tensione e all’orizzonte non si intravedono possibili rasserenamenti. Al momento non c’è l’accordo nella maggioranza sugli emendamenti al documento economico. E’ quanto emerge al termine del vertice durato due ore a Palazzo Chigi ieri sera. La riunione, a quanto si apprende, è stata aggiornata a stamane.
La tensione rimane quindi alta anche se a palazzo Chigi si tenta di far il possibile per ostentare un clima di buona collaborazione tra componenti che sostengono l’esecutivo. Ma tutto è inutile, lo stato di fibrillazione rimane ed è facilmente avvertibile. Nel corso del summit a mettersi di traverso e di conseguenza a complicare la definizione di un possibile accordo è stata Italia Viva di Matteo Renzi che ha presentato dei subemendamenti al maxiemendamento del Governo.
Serve perciò altro tempo. Le liti giallorosse ormai sono quotidiane e per ogni cosa si consuma il solito braccio di ferro. Nel giorno in cui la Camera vota la fiducia al decreto fiscale con 310 sì, la formazione renziana mette come al solito i piedi nel piatto, torna ad alzare la posta sulla legge di bilancio mettendo puntualmente con le spalle al muro il governo. La richiesta è quella di abrogare del tutto la “plastic tax”, la “sugar tax” e la tassa sulle auto aziendali. In sostanza il partito di Renzi chiede di più, ossia ritiene insufficiente la mezza marcia indietro proposta dall’esecutivo. Renzi perciò mantiene alto il livello di scontro e insiste sostenendo che se queste tasse rimarranno si rischiano 5mila licenziamenti nei settori colpiti.
Una battaglia, quella dell’ex presidente del consiglio, che ha subito trovato l’appoggio del centrodestra che ne approfitta minacciando di votare la proposta di Iv. Di conseguenza la maggioranza sarebbe nettamente battuta.
Così, dopo un vertice burrascoso, ha tentato di riportare ordine il premier Giuseppe Conte che ha chiesto ai tecnici del ministero dell’Economia un ulteriore sforzo per trovare le risorse in grado di ridurre le imposte rimaste in quella che “già adesso è una legge di bilancio che non aumenta la tassazione”, dicono dall’esecutivo.
Ma ora viene da chiedersi: il governo cederà al diktat di Renzi? Certo è che qualora fossero abolite le tre tasse in questione verrebbe a crearsi un buco in bilancio importante considerando che gli sconti già concessi dall’esecutivo per rendere meno pesante la pressione delle stesse misure avrebbero causato un mancato introito che sfiora i due miliardi di euro. Insomma, un altro scoglio da superare dopo la delicata e complessa faccenda del Fondo salva Stati e la grana relativa alla prescrizione.
La partita è dunque aperta. Le condizioni dettate da Renzi sono chiare: o si eliminano le tre tasse o salta tutto. E questo significa che si andrebbe dritti al voto. Possibilità, tra l’altro, che pare non spaventare il toscano… anche se siamo abituati alle sue uscite da spaccone pronto a dire tutto e il contrario di tutto. Di lui non c’è da fidarsi. Mai.
E proprio nel momento in cui Conte cerca in qualche modo di rassicurare gli animi da Renzi arriva l’ultimatum nel corso di una intervista televisiva: “Se si continua così si torna a votare. Litigano su tutto” e avverte l’esecutivo con una previsione nefasta: “Do il 50% di possibilità che rimanga in piedi”.
A questo punto non resta che aspettare ma non stupirebbe se questo governo perennemente in difficoltà, nato da intrighi di palazzo e con basi parecchio instabili, durasse fino alla fine della legislatura. Purtroppo.