Dopo l’Epifania il via al toto-Ministri? Il Quirinale non permetterà soluzioni pasticciate e i tre azionisti di governo è difficile credere siano disponibili a rischiare una crisi di governo il cui sbocco sarebbe lo scioglimento delle Camere
Eppure, dovrebbero aver imparato da tempo di che pasta è fatto Sergio Mattarella. Giurista, laureato col massimo dei voti, una tesi che è un programma: ‘La funzione dell’indirizzo politico’. Il diritto costituzionale e quello parlamentare sono il suo pane quotidiano. Politico, figlio e fratello di politici, parlamentare, ministro… Persona a ‘sangue ghiaccio’, lo definisce con più di una punta di ammirazione Paolo Armaroli, anche lui giurista e, per una stagione, politico attivo e buon conoscitore delle aule parlamentari. Il 3 febbraio prossimo saranno sei anni che Sergio Mattarella, dal Colle, esercita la sua costante e discreta azione di moral suasion, misura e ‘pesa’ le parole, sempre cortesi, spesso sentenze affilate, buone per chi ha orecchie per intendere quando si parla alla nuora, quando si parla alla suocera, quando si parla a entrambe.
C’è, tuttavia, chi è duro d’udito; chi pensa al Quirinale ci sia un inquilino distratto, che non presta le dovute attenzioni alle forme e ignora il galateo istituzionale, secondo il quale forma e sostanza sono un unicum imprescindibile.
Tra i duri di comprendonio va senz’altro annoverato il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Quale strategia coltivi, non si capisce, probabilmente nessuna, dati i precedenti che lo vedono perdente di rara coerenza. E’ tuttavia evidente che -illudendosi forse di dare un soffio di vita a un qualcosa nata morta- Renzi si agita e fa il diavolo a quattro. Ardentemente vorrebbe mandare a casa Giuseppe Conte, e sostituire il suo Esecutivo non si capisce bene con cosa. Non potendolo fare perché ancora, per quanto non attuata e in parte snaturata, la Costituzione non prevede la sfiducia per renziana volontà, ecco ripiega sul ‘rimpasto’.
Rimpasto è un’espressione gergale comunemente accettata anche dai manuali di diritto costituzionale (anche se in nessun articolo della Costituzione lo menziona), e s’intende un mutamento all’interno della compagine di un governo, senza che questo debba dimettersi.
Da sempre i politici italiani eccellono nell’arte dell’imbellettamento. Per questo vagheggiato ‘rimpasto’ ecco una sorta di rinforzino: ‘pilotato’ e vattelapesca cosa vuole dire chi lo propone. Un cambio di squadra, si dice, «che dia slancio al governo ma non precipiti tutti in una crisi dagli esiti imprevedibili». Più prosaicamente, un ‘fatti più in là’ di alcuni, per lasciare il posto libero ad altri. Troppo brutale? Ecco allora che si auspica ‘un passo avanti’, cioè un coinvolgimento più diretto, dei leader dei partiti di maggioranza. L’ennesimo ‘progetto’ elaborato da Renzi, questa volta sostenuto da una parte consistente del Partito Democratico e da spezzoni del Movimento 5 Stelle. Si consuma il panettone natalizio, si sorseggia lo champagne di Capodanno, poi con il carbone dell’Epifania, ecco il ‘rimpasto’. Il Budda del PD Goffredo Bettini, alter ego del segretario Nicola Zingaretti, propone di attendere la fine dell’emergenza Covid, o almeno la distribuzione del promesso vaccino. Potrebbe essere l’equivalente della famosa tela di Penelope…
Conte il ‘rimpasto’, pilotato o meno che sia, lo vede come il classico fumo negli occhi: teme, non a torto, che possa essere la mela avvelenata per farlo fuori. Ancora meno è favorevole a essere affiancato da due vice-presidenti del Consiglio, uno del PD, l’altro del M5S. L’esperienza del Conte primo, quando nei giorni pari doveva sopportare Matteo Salvini, e in quelli dispari Luigi Di Maio, gli è bastata. Di più: ci ha preso gusto a volare da solo; e con l’uomo a ‘sangue ghiaccio’ ha stabilito un rapporto di educata e rispettosa convivenza.
Perché è chiaro che il rimpasto, anche se pilotato, alla fine va discusso con il Presidente della Repubblica. Mattarella non concepisce il suo come un ruolo di mero esecutore notarile. La sua è la scuola di Meuccio Ruini: « …nel nostro progetto, il Presidente della Repubblica non è l’evanescente personaggio, il motivo di pura decorazione, il maestro di cerimonie che si volle vedere in altre costituzioni…Egli rappresenta ed impersona l’unità e la continuità nazionale, la forza permanente dello Stato al di sopra delle mutevoli maggioranze. È il grande consigliere, il magistrato di persuasione e di influenza, il coordinatore di attività, il capo spirituale, più ancora che temporale, della Repubblica…Il Capo dello Stato non governa; la responsabilità dei suoi atti è assunta dal Primo Ministro e dai Ministri che li controfirmano; ma le attribuzioni che gli sono specificamente conferite dalla costituzione, e tutte le altre che rientrano nei suoi compiti generali, gli danno infinite occasioni di esercitare la missione di equilibrio e di coordinamento che è propriamente sua…».
Si rassegni dunque Renzi, e chi la pensa come lui. Per quanto lo spettro di un cambio di squadra si aggiri nei Palazzi della politica e procuri sonni agitati a più di un ministro, occorre comunque fare i conti con un oste vigile e attento alle forme e alle sostanze: quel freddo ghiaccio che si chiama Mattarella.
Qualcuno dei ‘rimpastisti’ ha parlato con il Colle? Non risulta. Risulta, però, che il Colle ha idee chiare. Il problema è innanzitutto delle forze politiche che sostengono il Governo, e poi del Parlamento. Loro devono pelare questa gatta. Il Quirinale va ‘semplicemente’ informato. Anche se l’informazione non è riducibile a mera comunicazione. L’‘informazione’ comporta anche la spiegazione di alcune cose: il rimpasto riguarda solo un ministro, due? In questo caso, il presidente della Repubblica non avrebbe nulla da obiettare. Diverso il caso che il ‘rimpasto’ riguardi tre o quattro, o cinque ministri. In questo caso sarebbe non solo opportuno, ma anche necessario, il voto di fiducia delle Camere. Stesso discorso nel caso si volesse tornare ai due vice-presidenti del Consiglio.
I tre ‘azionisti’, e segnatamente, Di Maio, Renzi, Zingaretti, se la sentono di fare questi passi rischiosi? Tutti e tre hanno da perdere, e -al momento- poco da guadagnare in questo risiko. E’ un mikado estremamente complesso e ogni mossa, per quanto cauta, può provocare conseguenze non controllabili.
Forse non hanno ben chiaro che aver approvato l’adeguamento dei collegi elettorali (da completare entro il 31 dicembre), dopo la incongrua riduzione dei parlamentari che hanno scelleratamente avallato, è una formidabile arma nelle mani di Conte; messo all’angolo può alla fine comportarsi come Sansone pressato dai filistei: dimettersi e di fatto aprire una crisi il cui sbocco è, inevitabilmente, lo scioglimento delle Camere. Un doloroso ‘tutti a casa’ per molti (e tanti sono davvero, letteralmente, senza arte e parte); e un più che certo cambio di maggioranza, con quello che questo comporta.
Parlare ufficialmente di rimpasto con Mattarella significa costringerlo a porre, altrettanto ufficialmente, queste domande. Sono giorni e giorni che dal Quirinale giunge l’inequivocabile messaggio: essere prudenti e responsabili. E ora gli vanno a proporre uno sconcertante gioco di camarille, fatto di poltrone ministeriali da spartirsi? Renzi, Di Maio, Zingaretti possono certamente essere come scorpioni che sulla schiena della rana attraversano il fiume. Ma difficile credere che la loro ‘natura’ possa raggiungere simili vertici di masochismo…
di Valter Vecellio