Le ambiguità di Tripoli e il business dell’immigrazione sono ormai sotto gli occhi di tutti. Esponenti del governo, milizie, tribù, Ong e trafficanti mangiano alla stessa greppia decidendo e incentivando come e quando devono avvenire le partenze di quella umanità disgraziata pronta a morire in mare per un sogno. E tutto questo a spese dell’Italia e del resto dell’Ue.
Dopo la caduta di Gheddafi la Libia è di fatto allo sbando dove Tripoli e Tobruk si contendono le redini del Paese. Un caos che ha inevitabilmente dato la possibilità ai boss dalle organizzazioni mafiose di aumentare enormemente il loro potere, le stesse che con il tempo sono riuscite a ramificarsi ad ogni livello dello Stato insinuandosi in molti tessuti sociali e politici.
Dalle informazioni raccolte dagli investigatori europei sarebbero tre le principali bande di trafficanti che attraverso le varie connivenze hanno questa sorta di monopolio e riescono a gestire come meglio credono il flusso di esseri umani verso le nostre coste con la complicità dei guardiacoste libici che hanno, naturalmente, il proprio tornaconto. Senza dimenticare che prima di affrontare il Mediterraneo questi disperati non sono certo sistemati in centri di accoglienza ma sono prigionieri in centri di detenzione simili ai lager gestiti dalle milizie dove le violenze e i soprusi sono all’ordine del giorno. E queste milizie, capeggiate da personaggi dal terribile passato, hanno ormai raggiunto un potere parallelo a quello ufficiale mentre, ironia della sorte, l’Unione europea ha affidato i movimenti migratori a questo pseudo- governo libico (metten do a disposizione 200milioni) che ha a sua volta delegato i termini operativi del fenomeno proprio alle milizie che diventano così un corpo unico con il governo. Anzi, con il denaro europeo i campi di concentramento libici si stanno moltiplicando con la benedizione della guardia costiera che dovrebbe invece combattere l’illegalità. Insomma, le vecchie abitudini fatte di intrighi, ruberie, kalashnicov e morte continuano grazie alla carta migratoria attraverso la quale si ottengono finanziamenti decisamente cospicui da Bruxelles.
Come del resto sarebbe provato il collegamento criminale tra alcune Ong e gli scafisti più volte denunciato dalla Marina italiana .Anche se in questo caso si tratta di un business decisamente inferiore rispetto a quello che si consuma quotidianamente sulla terraferma tra i mercanti di uomini e le guardie libiche, che sarebbero titolate a monitorare e a impedire gli imbarchi, in realtà condiscendenti a qualsiasi vergognosa soluzione pur di fare soldi sulla pelle dei disperati. Un giro di affari enorme, strutturato, fatto di interessi reciproci che evidenzia un sistema perverso in cui chi dovrebbe garantire i controlli è in verità complice attivo degli stessi criminali.
Un dato desolante alla fine emerge: nell’inferno migratorio libico c’è il rischio che l’Italia e il resto dell’Ue diventino pure loro complici dei trafficanti che oggi hanno il dominio assoluto sui migranti dell’intero nord Africa.