I prossimi due o tre anni saranno decisivi per vedere se l’Italia c’è e quindi c’è l’Europa, o se l’Italia, gomma bucata, trascinerà con sé l’intera Europa
Dicevo ieri, senza approfondire, circa il fatto che Mario Draghi ha colpito a fondo con l’affermazione ‘rivoluzionaria’ «disegnare la sovranità europea» in occasione della firma del Trattato del Quirinale. «senza farsela disegnare da altri», ha poi precisato, approfittando di una domanda dal contenuto diverso, richiamandosi a quanto detto nella sua introduzione, sulla ricerca, nel trattato con la Francia, di approfondire e precisare la sovranità europea.
Prima di approfondire, è la semantica che conta. Non ha detto (e, badate ancora di più: non ha detto Emmanuel Macron e non è scritto nel trattato) ‘creare la sovranità europea‘, o peggio ‘cedere sovranità all’Europa‘, come dice sputandoci sopra un Matteo Salvini o simili. Cioè: la sovranità europea già c’è. Ora si tratta di disegnarne bene i contorni, ma specialmente i tempi. Non i contenuti, badate, assolutamente no. Draghi parla poco, vero, ma parla secco e specialmente preciso. Insomma, sa quel che dice. E non si cura di spaventare Salvini, Giorgia Meloni e magari Matteo Renzi, sì, Renzi, tranquilli, ad un esame di sovranismo vince Renzi di molte lunghezze su chiunque altro. Ma è preciso proprio per il diritto internazionale: la sovranità cresce da sola e si consolida con gli atti, non illudendosi di crearla.
La sovranità europea c’è già, che è un modo sintetico, forse troppo, per dire le cose come stanno. Non ci sono, ammesso che mai vi siano state, sovranità da cedere. Le sovranità nazionali, lo ha detto incidentalmente Draghi, vanno rafforzate all’interno della sovranità europea. Che è un modo per dire chiaramente che, per lui, si va (o se preferite, si deve andare) verso l’Europa confederale o federale, ma insomma l’Europa come unità identificabile, diversa dagli Stati.
Lo ricordate quel Presidente USA che prendeva in giro l’Europa dicendo che, all’occasione, se avesse voluto parlare con l’Europa non avrebbe saputo quale numero di telefono fare. Draghi ha risposto, e lo ha fatto con, non solo in presenza, con Emmanuel Macron, tra l’altro stipulando il trattato, se volete, del Quirinale e anche questo ha un senso. L’Europa c’è, e il telefono ce l’ha. Sul trattato dico fra un attimo.
Ma è stato significativo vedere i due Presidenti firmare, in piedi (!) al Quirinale, sotto l’occhio sorridente (ma vigile) di Sergio Mattarella, il testo del trattato. Con qualche sbavatura, che, secondo me, attesta di una certa emozione in giro; forse, potrà sembrare strano, più in Macron che in Draghi.
I due, come dicevo, non si sono seduti, forse per rispetto a Mattarella che era alle loro spalle. Ma insomma seduti non si sono. Ma non è finita: Draghi ha firmato con la penna ‘ufficiale’, messa lì nel portapenne quirinalizio ufficiale, Macron ha tirato fuori dalla tasca un suo pennarello (così mi è sembrato, almeno) e ha firmato con quello, dimenticandolo poi sul tavolo. Nessun dramma, ma la vecchia abitudine di scambiarsi le penne e comunque di conservarle non si è potuta soddisfare. E ancora non è finita. Un po’ imbarazzati, i due hanno cominciato a muoversi senza costrutto: Macron tendeva la copia da lui firmata a Draghi, che, disattento e rivolto verso Mattarella che diceva qualcosa, non ha porto la sua; poi Mattarella (che non stava nella pelle) è corso in mezzo ai due, ha stretto mani eccetera … e alla fine i due testi sono rimasti lì, sul tavolo, abbandonati e dimenticati da tutti.
La prassi dice, che i due firmatari si scambiano il testo firmato. Ma, intendiamoci, quel testo non è quello definitivo perché quello, dopo l’approvazione del Parlamento, sarà firmato da Mattarella (se sarà ancora in carica) e poi dato o trasmesso a Macron, che è capo dello Stato, mentre Draghi è capo ‘solo’ del Governo.
Infine, visto che mi sono impegolato in cose da giornaletto illustrato, si è notata bene la diversa ‘qualità’ dei vestiti dei tre attori. Quello di Macron, taglio moderno (che personalmente giudico insopportabile, ma non vi dico come a Napoli chiamiamo quel tipo di giacca!) ma come ‘taglio’ a dire il vero scadentuccio, il colletto della giacca era imperdonabilmente spiegazzato! Tradizionali i due italiani, ma ottimo taglio.
Ma insomma. Ho detto che Mattarella non stava nella pelle. Ma lo immaginate cosa ha dovuto fare in questi lunghi quattro o cinque anni per cercare di ricucire gli insulti di Luigi Di Maio e le aggressioni di Matteo Salvini? Ed è tutto merito suo e di qualche diplomatico con le palle … ve lo ricordate Costantino Nigra? Chiedetelo a Cingolani.
Il Trattato del Quirinale inizia proprio dal mezzo: il primo articolo è dedicato alla difesa comune italo-francese e, il senso mi pare molto chiaro, specie quando dice che: «Così facendo, esse contribuiscono a salvaguardare la sicurezza comune europea e rafforzare le capacità dell’Europa della Difesa, operando in tal modo anche per il consolidamento del pilastro europeo della NATO». Insomma, ben più di una prima pietra della desiderata difesa comune europea, in cui subito si precisa che, non escludendo la NATO, però l’Europa diventa un ‘pilastro‘ della NATO. Insomma, pare di capire, la volontà è di mettere la NATO in qualche modo in secondo piano, almeno in Europa. Vedremo se sarà così, ma certo è una affermazione forte di autonomia europea.
Esaurita la parte militare, è dell’Europa che ci si occupa, affermando (e di nuovo siamo ai concetti che ho ripetuto prima) all’art. 3.1 «Le Parti agiscono insieme per un’Europa democratica, unita e sovrana e per lo sviluppo dell’autonomia strategica europea». Di nuovo, sovranità europea, ma anche, che è un portato diretto della sovranità, ‘autonomia strategica‘: l’Europa definisce la propria politica alla luce della propria visione strategica, che non vuole dire soltanto militare, come ovvio. E infatti, il concetto di ‘autonomia strategica’ viene ribadito all’art. 5.2 in materia economica. Dove, inoltre, al n. 3 di nuovo si batte forte sulla sovranità europea come diversa e distinta da quella (residuale) nazionale: «Le Parti riconoscono l’importanza della loro cooperazione al fine di rafforzare la sovranità e la transizione digitale europea».
Insomma, sia nella terminologia che nei contenuti, questo trattato va visto come uno stimolo all’avanzamento del progetto europeo del quale, dunque, viene data per scontata l’irreversibilità e la prevalenza sugli interessi dei singoli. Anche qui, sembrerebbe, c’è un messaggio delicato ma fermo, diretto a quei Paesi europei, dell’est europeo, recalcitranti.
Questo accordo, non si può dimenticare, viene sottoscritto subito dopo la clamorosa sentenza della Corte di Giustizia europea, che, nel condannare la Polonia ad una ‘pena’ di un milione di euro al giorno, ribadisce l’obbligo della Polonia stessa di modificare le leggi che riducono l’autonomia della Magistratura. C’è da sperare che il messaggio sia chiaro alla Polonia, ma anche a certi ambienti della destra italiana che si adoperano esattamente per questo obiettivo. Ma contiene anche, forse per la prima volta, riferimenti chiari alle migrazioni … nel Mediterraneo -si studi le guerre puniche signor Cingolani, che forse impara dove vive!
Tutto il trattato, infine, è nell’ottica della cooperazione molto stretta: consultazioni continue quasi su tutto, fino addirittura alla partecipazione frequente di un ministro francese ai Consigli dei Ministri italiani e viceversa. Una cosa molto singolare, ma anche molto importante, anche per la terminologia: si dice ‘prende parte’, che, magari, non significherà che vota, ma che parla sì: e non è cosa dappoco! Sugli scambi di funzionari, sempre nell’art. 11, sarei molto più cauto, perché il rischio che la cosa sia interpretata come una vacanza pagata non è solo teorica.
Insomma, concludo come ieri: la ‘visione‘ -e che visione- c’è, ed è una visione tutta europea, perfino nell’uso improprio (apparentemente) del termine ‘cooperazione rafforzata‘, che non è riferita alle istituzione europee, ma è una delle ‘politiche‘ europee: usar quel termine non è un caso, in diplomazia nulla è un caso. Anche qui, si può cominciare a leggere un messaggio, specie se si considera che questo trattato fa da ‘pendent‘ (in francese, appunto!) all’altro, della Francia con la Germania, che presto o tardi (io penso presto) verrà completato con qualcosa di analogo tra Italia e Germania e, perché no, di tutti e tre con la Spagna. È il quadrilatero forte dell’Europa, degli europei profondamente europei, quasi ‘naturalmente‘ europei. E affacciato sul Mediterraneo! (Cingolaniiiii!) Potrebbe essere la base per la definizione di strutture forti europee, di strutture della sovranità europea.
Badate, forse mi sbaglio ma non credo: qui siamo molto, ma molto vicini, forse anche oltre, al primo rivoluzionario accordo Francia-Germania, officiato da Robert Schuman, ma pensato da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. Allora l’Italia si ‘aggiunse’ e mutò il senso dell’iniziativa che divenne la Comunità europea federalista. Oggi l’Italia è promotrice e centrale in quel disegno. I prossimi due o tre anni saranno decisivi per vedere se l’Italia c’è e quindi c’è l’Europa, o se l’Italia, gomma bucata, trascinerà con sé l’intera Europa, per la gioia di USA e Russia, e di Matteo Salvini naturalmente.
E volete confinare Draghi al Quirinale?
Giancarlo Guarino – L’Indro