Gentiloni- Renzi come Pinocchio: il diritto di cittadinanza promesso è stato invece affossato
Lo ius soli destinato a rimanere questione aperta. Così ieri l’appello del movimento “Italiani senza cittadinanza” al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché il delicato argomento non finisca nel cassetto ma torni al centro dell’attenzione del Parlamento. In una lettera aperta i giovani del movimento – che rappresenta poco meno di un milione di ragazzi residenti e buona parte di questi nati in Italia ma senza cittadinanza – ribadiscono l’urgenza di approvare una legge sulla cittadinanza che rischia di cadere nel dimenticatoio. In sostanza i ragazzi chiedono al capo dello Stato di prolungare la legislatura di qualche mese con l’obiettivo di riportare in Aula il confronto. Tuttavia, seppur sensibile al problema, difficilmente il presidente Mattarella deciderà in tal senso dopo il recente flop al Senato del 23 dicembre per la mancanza del numero legale nell’ultima seduta prima della pausa natalizia. Dunque il Quirinale vuole evitare un altro scivolone e dello ius soli se pe parlerà con il prossimo governo… forse.
Anzi, la discussione a palazzo Madama non è neppure iniziata per la mancanza del numero legale poiché del M5S non vi era neppure l’ombra di un esponente, il centrodestra assente al gran completo e, non ultimo, una buona parte della truppa di centrosinistra non si è fatta vedere. E pensare che prima Renzi e poi Gentiloni avevano promesso e ripromesso che prima dello scioglimento delle Camere lo ius soli sarebbe stata legge.
Sabato scorso in Aula è saltato tutto e la legge che prevede di concedere la cittadinanza italiana alle persone nate in Italia o che sono arrivate nel nostro Paese da piccole si è miseramente arenata registrando un nulla di fatto. Il confronto è stato rimandato al 9 gennaio ma le Camere saranno sciolte il 28 o il 29 dicembre per andare poi a elezioni il prossimo 4 marzo, salvo imprevisti. Si arriva quindi alla facile conclusione che lo ius soli tornerà sì in aula ma la legislatura sarà ormai già finita e addio all’ approvazione della proposta di legge.
Certo è che anche il Pd ha contribuito in maniera determinate per affossare il provvedimento sulla cittadinanza: assenti 29 senatori su 89. Dopo l’approvazione della manovra in calendario – la maggioranza di centrosinistra aveva calcolato che far votare la fiducia sullo ius soli prima del documento economico avrebbe rischiato di far saltare l’approvazione della legge di bilancio – il Senato ha iniziato la tanto attesa discussione sullo ius soli. Ma il suo fallimento era stato scientificamente pianificato. Il presidente Pietro Grasso ha verificato il numero legale dei presenti in aula e naturalmente non c’era ed è mancato per 33 senatori. Assenti in blocco i 35 senatori del Movimento 5 Stelle così come quelli di Gal, Ala, Alternativa Popolare e Lega. Qualche isolato collega di Forza Italia ha risposto all’appello, mancavano 3 di Mdp su 16 e infine, come detto sopra, il colpo di grazia è arrivato dai 29 dem. A conti fatti erano perciò assenti non solo coloro che hanno sempre dichiarato contrarietà alla legge, ma anche una buona parte di coloro che si professavano favorevoli. Quando si dice della coerenza politica…
Subito dopo è andata in scena la solita pantomima con la girandola delle accuse tra forze politiche che si scaricano a vicenda la responsabilità del fallimento della legge. Imbarazzante scambio di battute in cui il Pd è stato preso di mira dalla sinistra integralista mentre i democratici hanno puntato il dito verso i grillini. Ma la verità è che questa legge è naufragata per mera scelta politica del PD che ha fatto di tutto per tenerla arenata in commissione. E il giochino sporco è riuscito alla perfezione, alla faccia delle promesse propagandate a coloro che attendono da anni il riconoscimento di cittadinanza. Il motivo dell’imbroglio? Il terrore del Pd di perdere consensi in piena campagna elettorale. Questa è la verità. Il resto sono balle.