Il dramma storico del comunismo, russo e internazionale, fu sintetizzato da uno striscione inalberato dalla folla di studenti e operai scesi in piazza nei giorni delle ultime convulsioni del blocco sovietico . C’era scritto : “Settant’anni di marcia verso il nulla”, una marcia che, nella sola URSS, lasciava dietro di sé molti milioni di morti. In quei giorni la Russia e i paesi dell’Europa orientale finalmente riprendevano, faticosamente, il viaggio verso il progresso, l’umanità e la libertà. Penso a questo, oggi, perché preoccupato dalla ormai chiara involuzione della sinistra occidentale, che, pur tra mille contraddizioni, sta assumendo sempre più le caratteristiche di quella rabbiosa intolleranza che fu propria del comunismo e senza neanche quella fiducia nel progresso, che, seppur rozza e fideistica, almeno nel comunismo c’era.
Ma vediamo cosa la sinistra occidentale, che solo in parte fu legata alla storia del comunismo, abbia determinato o contribuito fortemente a determinare, dal dopoguerra ai giorni nostri. Anzitutto il problema della libertà di espressione e di pensiero. Sono diventate sempre di più, negli anni, le leggi che pongono limiti alla libertà di pensiero ed alla sua esternazione e per di più applicate nelle interpretazioni più estensive, tali da essere dilatabili fino a comprendere anche atti e fenomeni che poco avrebbero a che fare con il loro dettato. E, si badi bene, non stiamo parlando di leggi democratiche e di validità generale contro la violenza, da chiunque praticata, no si tratta di leggi mirate contro una parte o scuola di pensiero, indipendentemente dal merito e dalle sue infinite articolazioni.
Si è cominciato, in alcuni stati, con il divieto di ricostituzione del partito fascista, giustificato con l’allora fresco ricordo di quella dittatura, si è continuato con la sanzione della sua propaganda apologetica, si è proseguito con la messa al bando di ogni concezione etnica anche quando non tale, ma puramente e solo identitaria e, col recente reato di negazionismo, si è arrivati al divieto di mettere in dubbio, anche su un piano puramente tecnico-documentale, la verità storica dei campi di sterminio, verità in tal modo però assolutizzata e sottratta alla ricerca (la verità deve essere tale semplicemente perché vera e non per dogma) e fino al punto di provare a sanzionare non solo chi negava quella verità, ma anche chi semplicemente criticava una legge che limitava la libertà degli studi storici. Si è arrivati poi a lambire autoritariamente tutti i campi, nessuno escluso.
Qualunque critica agli omosessuali e alle loro monomaniacali lobbies è diventata “incitazione all’odio” verso i diversi e rischia la sanzione di un’apposita legge, la critica all’azione di penetrazione “politica” di talune religioni diviene discriminazione religiosa condannabile, mentre, in Italia, il “sospetto” di infiltrazioni mafiose può condurre allo scioglimento d’autorità di amministrazioni comunali che, democraticamente elette, possono così essere non democraticamente sciolte, mentre, senza attendere il giudizio penale finale, si confiscano molto facilmente beni e proprietà private dei sospettati di mafia.
Insomma, sempre più spesso si nega alla radice l’impianto generale di uno stato di diritto liberale. Nella prassi, se possibile, ancora peggio, si sono moltiplicate le richieste di scioglimento di partiti politici di destra, così come sono aumentati i presidi aggressivi contro le libere manifestazioni di partito, anche moderate, di quella parte, le contestazioni di qualunque vittoria elettorale conservatrice sono divenute immediate e rabbiose e spesso pretestuosamente giudiziarie, accompagnate con un disprezzo dichiarato, coltivato e veicolato, dai grandi mezzi di informazione radical-chic.
Basta vedere come reagiscono, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Polonia all’Ungheria, a libere scelte elettorali che a loro piacerebbe tanto poter interdire su di un piano mondiale. Tutto questo sta diventando (o ritornando) un carattere distintivo delle sinistre, sia italiane che internazionali, il “politically correct” è ormai il sigillo della nuova intolleranza e tende ormai ad estendersi a tutto, dalla larvata criminalizzazione del corteggiamento uomo-donna, alle paranoiche accuse di “assassinio” degli animali lanciate da molti animalisti vegani, mentre contemporaneamente si mina il concetto di unicità e inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte. E tutto questo in un mondo in cui il villaggio elettronico globale ha certamente aperto la strada a nuove opportunità, ma anche ad enormi nuovi rischi, col Grande Fratello divenuto informatico.
E il bello è che “i nuovi compagni” più diventano intolleranti, più amano definirsi liberali o almeno liberal, quando sono la più sfacciata negazione della liberal-democrazia, sempre più assente dalla loro concezione ed incompatibile coi loro comportamenti. Il divieto e la sanzione, al posto del confronto delle idee, il proibire quasi tutto e ciò che non è proibito renderlo obbligatorio. Ancora peggio quando si passa dalla politica all’economia ed ai comportamenti individuali.
Del tutto incapaci di comprendere veramente il ruolo della libertà in economia, con diligenza da neoconvertiti, si dedicano però allo struscio coi grandi capitalisti per sentirsi parte del salotto buono, mentre affondano l’iniziativa privata in un mare di regole e ne chiedono sempre di nuove, confondendo il capitalismo di stato con il libero mercato. Come lo studente che copia senza capire, sono diventati solo “mercatisti” senza darsi la fatica di intelligere, di comprendere che non esistono formule “pret à porter” facili da applicare e che, ad esempio, una limitata e concordata politica di dazi doganali, può talvolta evitare le pericolose monocolture agricole o industriali ( e penso al Cile di Allende pesantemente dipendente dai corsi del rame o al Giappone privo di risorse alimentari, senza contare i paesi petroliferi ) in favore di una situazione più diversificata e meno dipendente dai rischi di crisi del commercio internazionale ( il risultato sarebbe un pò come con le assicurazioni, che costano, ma attutiscono le catastrofi).
Lo stesso sul piano dell’energia e dell’ambiente, si dà per già completamente dimostrata la responsabilità umana nel riscaldamento globale per effetto serra e poi si combatte la forma di energia che meno di tutte lo provoca : quella nucleare. Sul piano dei diritti individuali, poi, la sinistra ha portato ad una compressione violenta delle libertà personali, dal giustizialismo che con la cultura del sospetto ed il carcere preventivo ha indebolito lo stato di diritto e con esso le garanzie dei cittadini, alla vanificazione del diritto di proprietà, oggi reso precario dai troppi poteri abusivi attribuiti alle autorità locali, che, con il “vincolismo selvaggio” autoritario e le troppe tasse sugli immobili, anche non destinati a reddito, stanno riportandoci all’alto medioevo del signoraggio del potere sulle proprietà private altrui.
Ma dove la sinistra ha dato il peggio di sé è nell’aver annullato la speranza del futuro. Lungo tutti gli anni cinquanta e sessanta, lo spirito della vecchia Europa, sposato all’ottimismo americano, fu il motore che continuò a spingere i pionieri ” sempre più ad Ovest ” . Il desiderio di libertà, sopravviveva infatti intatto e vitale nella Nuova Frontiera di John Fitzgerald Kennedy e Wernher Von Braun. Quello spirito, quell’eterno, irrequieto, spirito occidentale, ci portò sulla Luna. Pensavamo al Futuro, non solo per idearlo e costruirlo, ma sopratutto per realizzare le condizioni per poterlo avere, un futuro.
Penso a questo, oggi che quello spirito va ritrovato, oggi che non riusciamo ad uscire da una crisi di fine millennio , ancora ripiegati in noi stessi, in preda a dubbi, angosce e prediche catastrofiche di bigotti, guaritori, nichilisti e santoni. Penso a questo oggi, che é più che mai necessario riprendere il nostro cammino, per continuare a vivere da uomini. Non sbarcammo sulla Luna solo per un sogno (come dissero i poeti), per le ricadute economiche (come scrissero miopi economisti) o per motivi di puro prestigio (come sostennero gli agit-prop, i distratti ed alcuni imbecilli) ma essenziamente per questo: per assicurarci un futuro. Quel giorno agimmo per assicurarci l’unico futuro non solo auspicabile, ma realisticamente possibile: un futuro di libertà.
Non credo che potremmo avere un futuro col numero di figli stabilito per legge, le professioni, i costumi, le attività economiche sempre più strettamente regolate, lo spazio individuale a disposizione rigidamente fissato, una standardizzazione e massificazione dei comportamenti sempre più accentuata, una fine di tutte le differenze e le tradizioni, una pesante tutela internazionale contro le nazioni, i popoli e i loro “populisti” ( tutte cose che, per i limiti finiti del nostro pianeta, ci dicono di doverci imporre e sempre più ci imporranno), senza provocare una crisi di follia generalizzata, che sola, oggi, potrebbe condurre ad una guerra totale, a massicce invasioni o ad un perenne stato insurrezionale. Perché questo é il pericolo insito nella “crescita zero” ( che non solo non esiste in natura, dove tutto invece cresce o decresce, ma è forse la più pericolosa utopia mai concepita dal pensiero di sinistra), il pericolo di considerare l’uomo solo come una perturbazione di un preconcetto ordine naturale – preconcetto perchè nella natura l’uomo invece c’è – o addirittura come un peccatore degno di scomparire o almeno da irreggimentare e comprimere, prescindendo completamente dalle sue inclinazioni e tendenze, aspirazioni e paure, fino a farne un “uomo diverso”, eterna e sciagurata tentazione di tutte le dittature, vecchie e nuove, dal nazismo, alle teocrazie, al comunismo.
Ecco perchè lo Spazio, allora. Lo Spazio assicurerà la crescita futura e con essa la prosecuzione della nostra avventura di esseri umani, ma già da oggi dobbiamo cominciare a prepararci , sia per essere pronti quando assolutamente servirà, sia per avere – da subito – il beneficio di sapere che c’é una prospettiva di futuro per le prossime generazioni, nostra necessità psicologica e nostro dovere morale. E’ solo e unicamente in questa prospettiva, che la conservazione dell’ambiente, la lotta agli sprechi, la moderazione dei consumi, diventano vero buon senso, perché servono a darci il tempo di preparare la grande avventura, invece di essere il prologo di una futura immensa galera. E la storia umana, cominciata con la lotta al fuoco, al freddo, alla fame, continuerà.
Non è compito di noi, semplici cittadini di oggi, colonizzare i pianeti, i figli dei nostri figli lo faranno, ma nostro compito é creare le premesse scientifiche, tecniche e industriali, perchè essi lo possano fare quando diverrà insieme possibile, necessario e urgente. Saranno pionieri spinti dall’interesse e dall’avventura i colonizzatori, oppure deportati, perseguitati e galeotti ? Anche questo dipenderà da noi, dalla nostra capacità di avere o no difeso e sviluppato la liberaldemocrazia e le libere istituzioni. E questo è il nostro secondo grande compito, che dovrebbe essere di tutti, perché di tutti sono i problemi. A tutto ciò invece si oppone, tradendo le ipotesi di socialismo nella libertà, la sinistra occidentale (e purtroppo in quasi tutte le sue articolazioni) ormai ricaduta nel clericalismo della sostituzione della ragione con la Dea Ragione, rifiutando il dubbio e la ricerca come metodo.
La sinistra ormai non è più solo un pericolo per la sopravvivenza della nostra concezione liberale del mondo, il che comunque ci dispiacerebbe e molto, la sinistra ormai è un pericolo potenziale per la semplice convivenza nel mondo stesso, con la sua intolleranza e il suo giacobinismo, con le destabilizzazioni internazionali manichee che provoca e con l’oscurantismo irrazionale che evoca, col radicalismo esagitato delle sue troppe guerre sante finte e la sua mal dissimulata sottovalutazione delle troppe guerre sante vere. La sinistra non solo non aiuta certo la soluzione dei problemi, ma ne crea di nuovi e falsi. La sinistra, purtroppo, si è di nuovo messa in marcia verso il nulla.
di Giuseppe Basini – Partito Liberale