Nei momenti complicati, come quelli che stiamo vivendo, sono necessari uomini specializzati in questioni difficili e certamente Mario Draghi lo è. Bisogna dargli atto di aver tenuto il timone della impegnativa barca Italia con mano ferma ed in modo efficace, nonostante le inevitabili  fibrillazioni della coalizione colorita e contraddittoria che lo sostiene. Siamo ormai alla vigilia del voto per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Il PD, rompendo una antica tradizione che prevedeva una alternanza tra laici e cattolici e rappresentanti di forze politiche diverse nel delicato ruolo di Capo dello Stato, ne ha imposto tre consecutivi della propria parte, dopo aver sottomesso ai propri interessi il quartultimo, Scalfaro. Sarebbe quindi opportuno, forse necessario, interrompere questa continuità, certo poco opportuna.

Il centro destra, in seno all’Assemblea che dovrà eleggere il prossimo inquilino per il Quirinale, ha la maggioranza relativa e quindi potrebbe avere un ruolo determinante. La scelta, pur legittima, di proporre Berlusconi è la più sbagliata che si possa immaginare, trattandosi di un personaggio troppo divisivo per quel ruolo di arbitro e supremo garante degli equilibri costituzionali. Pertanto si tratta di un tentativo destinato all’insuccesso. Infatti, anche se dovesse riuscire una disperata campagna acquisti, a costo delle promesse e dei compromessi più scellerati, sicuramente vi saranno defezioni nel voto, anche se ne verrà tentato un relativo controllo, da parte di un buon numero dei quattrocentocinquanta grandi elettori del centro destra, cominciando da molti parlamentari di Forza Italia, che sono consapevoli che non saranno ricandidati. Tale coalizione  quindi dimostrerebbe maturità e credibilità se, rinunciando a velleitarie avventure personalistiche, si facesse carico di proporre la elezione di Mario Draghi, che ha alte probabilità di successo.

Ne conseguirebbe una immediata vittoria politica, oltre al sicuro raggiungimento dell’obiettivo, perché il PD non potrebbe che dire di sì, abbandonando al proprio destino l’armata brancaleone di ciò che resta del M5S. Ovviamente  non verrà scelta questa strada in prima battuta, anche se, dopo la sconfitta della candidatura del Cavaliere, diventerà l’unica possibile alternativa, ma inevitabilmente se ne intesterà l’indicazione ancora una volta il PD. Succede sempre così quando, anziché la politica, si inseguono gli obiettivi personalistici.

In un sistema che ormai da oltre un quarto di secolo è stato caratterizzato da partiti padronali, qualunquisti, populisti, sovranisti, autoritari, con venature sovente antipolitiche, difficilmente il buon senso riesce a prevalere rispetto agli interessi. Non dovremo sorprenderci se dopo il grillismo analfabeta, vedremo nascere un partito ancora più barbarico, attraverso la trasformazione del movimento “no vax, no tutto” in un nuovo soggetto politico, che renderà il prossimo Parlamento ancora più incolto ed ingovernabile. La cosa purtroppo, come diceva il liberale Ennio Flaiano, è grave ma non è seria!

Il PLI, pur consapevole di avere una forza quasi irrilevante priva di presenza in seno all’Assemblea che dovrà esprimere il nuovo capo dello Stato, dichiara di schierarsi con convinzione a sostegno della elezione di Mario Draghi. Se successivamente sarà difficile comporre una nuova maggioranza di Governo, non sarebbe un grande male, perché nessuno rimpiangerà questo Parlamento. Tuttavia, poiché saranno in troppi i miserabili peones che non vorranno andare a casa, una maggioranza per quanto precaria e raccogliticcia, si formerà e la legislatura proseguirà almeno per qualche altro mese, anche se sarebbe auspicabile per il suo infimo livello che finisse al più presto.

Stefano de Luca – Rivoluzione Liberale