Lo avevamo scritto più volte che Matteo Renzi è il vero leader, l’uomo vincente dei dem, lo stratega che ha colto al balzo la crisi di Governo per riprendersi tutto il piatto e tornare protagonista della scena politica. Del resto per lo spaccone toscano gente di seconda fila come il fratello del più noto Commissario Montalbano, Franceschini, Gentiloni, Orfini, Orlando, Martina o Delrio sono dei scendiletto, nullità alle quali impartire ordini. E basta. O come si dice dalle mie parti “quelli e niente a cena sono la stessa cosa”.
Il povero Zinga è all’angolo e si sta giocando una partita per lui vitale tanto che potrebbe anche essere l’ultima, ossia se ne uscisse con le ossa a pezzi questo segnerebbe la sua carriera politica. La posta in ballo è alta, ovvero la scelta su cui un capo politico si gioca tutto: meglio forzare la mano assumendosi tutti i rischi che può comportare una iniziativa del genere o tentare manovre di mediazione consapevole che il fronte dei governisti all’interno dei dem si fa sempre più granitico assumendo i contorni di un vero assedio?
Nelle ultime ore Zinga, rilasciando poche battute ai cronisti, batte principalmente su questioni come “discontinuità” facendo intendere che il nuovo governo deve avere facce nuove, se tale governo vuole dare una svolta. Tuttavia ora glissa su Conte, sul quale aveva espresso in maniera esplicita la sua contrarietà a un riposizionamento a palazzo Chigi, come invece richiesto fin da subito dai pentastellati. Gli stessi anche ieri avevano ripetuto che se Zingaretti si fosse ostinato a porre il veto sull’attuale presidente del consiglio la trattativa sarebbe fallita. Bene, come d’incanto il no secco all’avvocato del popolo in serata non c’è più. Zinga ormai alle corde ha cambiato tiro e ha ingoiato il rospo. Sapeva bene che se il braccio di ferro con i grillozzi fosse fallito sarebbero stati in parecchi nel partito a chiedere la sua testa. In primis Matteo Renzi – da subito favorevole a un Conte bis – che insieme ai suoi fedelissimi si riprenderà adesso il partito che a ben vedere non ha mai perso, vista la caratura dei personaggi che lo popolano.
Insomma, Zingaretti in questo imprevedibile e demenziale passaggio istituzionale voluto da Salvini ha sempre avuto le spalle al muro e di conseguenza ne è uscito pesantemente sconfitto, come era stato facilmente prevedibile. Era stato eletto al Nazareno con l’obiettivo di avvicinare i delusi dei 5 Stelle e ora il partito – o meglio Renzi – lo spinge affinchè accetti l’inciucio con il nemico di sempre: Grillo e la sua creatura politica. Non solo. Negli ultimi giorni l’assedio al segretario si è irrobustito, purtroppo per lui sempre più solo, sempre più in difficoltà.
Sono tanti i sostenitori della mostruosa creatura giallo-rossa. Oltre all’ex premier e i suoi accoliti, come abbiamo detto, il pressing per la formazione di un governo ammucchiata, di fatto nato dalle consuete e indecenti trame di palazzo, arriva anche da Romano Prodi, il padre nobile del Pd non poteva certo mancare quando si tratta di grandi interessi. In compagnia del professore, che i compagni vorrebbero al Quirinale dopo Mattarella, troviamo puntuale l’establishment dell’Ue e addirittura contro tutti i sovranismi scende in campo anche la Chiesa. E perchè no, ci attendiamo adesso anche la benedizione di Papa Francesco e poi siamo al completo. In sostanza non manca nessuno contro il nemico numero uno: Salvini. La spinta è quindi fortissima per un esecutivo pateracchio… rinforzata anche da coloro che non vedono l’ora di tornare al governo e dai soliti peones del Parlamento che vivono costantemente l’incubo di tornare a casa, qualora si fosse andati in tempi rapidi a votare. Ma tranquilli, potete tirare un sospiro di sollievo: la vostra poltrona ben retribuita è salva. Per ora.
Ora l’elemento sostanziale di questa crisi ferragostana è uno solo: o un Conte bis oppure salta il tavolo. Nessuno vorrebbe in questo momento essere nei panni imbarazzanti di Zingaretti costretto a calare le brache e a rimangiarsi tutto chinando il capo dinnanzi alla spaccone toscano che da questa crisi ne esce trionfante. Dal canto suo Zingaretti sa perfettamente che l’esecutivo con i grillozzi è ad altissimo rischio e potrebbe costare molto caro al partito in termini di consenso, come del resto lo stesso rischio esiste in casa 5 Stelle. Ma l’alternativa è la rottura del partito, un partito terrorizzato dal voto perchè consapevole che se si tornasse alle urne il centrodestra a trazione leghista guiderebbe il Paese.
Comunque vada in questa sceneggiata in cui i due contraenti – stellati che alzano la posta e un Pd in affanno con il terrore del voto anticipato – si confrontano solo su poltrone e nomi da piazzare nei posti chiave alla faccia degli italiani Renzi avrà vinto. Se questo mostruoso governo dell’imbroglio giallo-rosso nascerà lui archivierà la balla di andarsene – mai credere a ciò che dice il fiorentino, ne abbiamo già avuto prova di quanto peso si possa dare alle sue parole – e contestualmente alle prime difficoltà dell’esecutivo – difficoltà che esploderanno in tempi brevissimi visto i presupposti – saranno gli stessi dem a tornare con il capo cosparso di cenere dal padrone Renzi. E tanti saluti al buon Zinga.
Così se il governo avrà il via libera dal Colle il merito sarà del fiorentino tornato protagonista della scena politica e se dovesse fallire si riprende il partito. Meglio di così non gli poteva andare con la soddisfazione, oltretutto, dei suoi sodali, quelli del giglio magico, che rivedremo presto nelle stanze del potere. Questa è la politica, sangue e merda, come diceva un vecchio socialista, Rino Formica. Ma questo tanfo che adesso avvertiamo non poteva essere evitato? Cosa gli è saltato in mente a Salvini di mandare tutto per aria per ritrovarci un governo di estrema sinistra?