Sembra che se ne siano accorti in pochi, ma sta arrivando la Tempesta Perfetta. Godiamoci la relativa tranquillità dei prossimi mesi: da ottobre andranno ad incrociarsi (non vorremmo sembrare delle cassandre, ma il Coronavirus ci ha tolto molte scontate certezze) due elementi, potenzialmente disastrosi entrambi. Il primo è il secondo picco; virologi ed esperti vari non sono univoci nel dire quando arriverà, che intensità avrà, se addirittura ce ne sarà anche un terzo. C’è poco di che essere ottimisti, insomma, Il secondo è l’esplosione della crisi sociale, e qui non c’è virologo che tenga: lo sappiamo tutti che non ce ne sarà per nessuno. Speriamo bene.
Arriverà, però, con ogni probabilità anche l’aiuto dell’Unione Europea. Dice quello: aspetta ancora un po’ e sarà l’aiuto di Pisa. Giusto. Auguriamoci quindi arrivi il prima possibile. Ad ogni modo, soldi benedetti: sempre che vinca la linea Italia-FranciaGermania-Spagna, e non quella di qualche cancellierino dall’aria saccente tipica di chi non ha avuto sufficientemente esperienza di vita. Sostiene il suddetto cancellierino: soldi sì, ma se ci sono le riforme. E qui verrebbe da dirgli di farsi gli affari suoi, al ragazzo: noi mica gli andiamo a rinfacciare che comanda su una popolazione che è meno di quella di Toscana e Lazio messe insieme, per non parlare delle dimensioni dei rispettivi Pil.
Invece no, e non per masochismo o debolezza. Perché siamo seri, accontentiamolo. Facciamole, le riforme. Quelle che diciamo noi. Perché – non ce lo ha detto lui, ma lo vediamo ben da soli – la Tempesta Perfetta potrebbe essere una grande opportunità. Come nessuno l’ha mai avuta da tanti decenni. Perché tra i fattori della Tempesta ve ne son anche altri, minori ma da non sottovalutare. Il primo è la debolezza del quadro generale: il sistema bancario, il sistema giudiziario, il sistema sanitario. La burocrazia della pubblica amministrazione. Persino il sistema economico ed imprenditoriale (anzi, questo per primo).
Che vuol dire? Vuol dire che è uno scenario da sogno per chi vuole cambiare le cose sul serio. Tanti soldi a disposizione, e tanti freni a mano che non possono essere tirati. Un sogno per davvero. E allora facciamole, queste riforme: riportiamo omogeneità nel sistema sanitario, radicandolo nel territorio; rivediamo la legislazione in materia di appalti e vincoli, con il discernimento necessario; alleggeriamo e velocizziamo la giustizia amministrativa, sapendo
che le sue lentezze sono uno dei veri ostacoli agli investimenti stranieri; rivediamo i regolamenti ministeriali e degli enti locali per snellire la burocrazia (l’altro grande ostacolo agli investimenti). La situazione estrema, la somma di denaro a disposizione e la debolezza di alcune corporazioni creerà una possibilità forse irripetibile.
Ma chi dovrà svolgere questo compito titanico? La politica, naturalmente. Siamo tra quelli che della politica rivendicano sempre il primato. Attenzione però: politica, non governo. O meglio, un governo espressione della buona politica: inclusivo, aggregante, pronto a creare le condizioni per una rinascita del ceto medio e con esso delle istituzioni democratiche. Certo, ci vorrebbe una classe dirigente all’altezza, e qui il discorso si fa più difficile.
Ma speriamo bene: i fiori non nascono mica dai diamanti. Il tempo per far nascere qualcosa, poi, non manca perché lunga sarà la crisi, ma anche il tempo per amministrare questa nuova fase politica non sarà di pochi mesi. E alla fine, se sapremo rinnovarci, magari varrà anche la pena spiegare a qualche giovanotto come stanno veramente le cose,
in Europa.
di Nicola Graziani