Se i sondaggi dicono il vero, potrebbero finire per trionfare i No al prossimo referendum sulla legge intenzionata a ridurre il numero dei parlamentari. Se così fosse, ma i sondaggi hanno portato spesso molte delusioni e a inattese resurrezioni, avremmo la conferma che gli italiani sono istintivamente diffidenti verso ogni cambio della Carta costituzionale.
Matteo Renzi ne è rimasto scottato e travolto. Soprattutto, perché era dato sicuro vincitore alla vigilia di quel 4 dicembre 2016 che avrebbe dovuto avviare il superamento del bicameralismo cosiddetto paritario, la riduzione del numero dei parlamentari ( si vede che è un chiodo fisso!) e modificare altri elementi di natura costituzionale, tra cui quello che prevedeva l’abrogazione del Cnel.
La conclusione fu che, in realtà, gli italiani vollero lasciare la Costituzione com’era e votargli contro. Fu il referendum costituzionale, il prossimo sarà il quarto, con il più alto numero di votanti con il 65,48%. I No furono preminenti in modo schiacciante con il 59,12 %. A quello che pochi giorni dopo diventò l’ex Presidente del Consiglio, si poté applicare il famoso detto che chi entra Papa nel Conclave ne esce cardinale.
Se i sondaggi si riveleranno corretti, la stessa sorte potrebbe capitare ai 5 Stelle che hanno fortemente voluto questo taglio del numero dei parlamentari contro la “casta”.
In sé, la cosa potrebbe anche andare bene se, però, fosse inserita in un più generale piano di riforme istituzionali di cui, effettivamente, il Paese ha bisogno per superare un problema di fondo sorto negli ultimi decenni: si privilegia la governabilità o la rappresentatività? E’ ovvio che entrambe sono parte e riguardano il funzionamento delle istituzioni, l’attività di governo, la vita delle camere elettive. Sempre ricordando che la nostra è una Repubblica parlamentare e che gli italiani a questo tengono molto.
Restando un intervento del tutto spurio, l’impressione è che si tratti di un qualcosa che riguarda soprattutto la spinta iniziale dei cosiddetti “grillini” sulla base di un “Vaffa” generalizzato e rivolto contro una cosiddetta “casta” indistinta che, però, si perpetua nonostante tutto.
Questo è un Paese che non funziona più anche a causa di posizioni apicali e, quindi, è necessario porsi questo “piccolo” problema. Purtroppo finisce sempre per essere accantonato o affrontato sulla base della retorica e, soprattutto, dando sempre la colpa agli altri. Così la minoranza di turno se la prende con la maggioranza di turno imputandole gli stessi ritardi, le stesse latitanze, le stesse dimenticanze che erano state le proprie. Questo riguarda un po’ tutto: l’assetto istituzionale, gli immigrati, i problemi del lavoro.
Questa volta, però, è accaduta una cosa davvero inattesa. Grosso modo, tutti i partiti più importanti hanno finito per schierarsi per il Si. Persino il Pd è finito per sostenere il progetto dei 5 Stelle, proprio nell’ultima votazione cambiando repentinamente atteggiamento. Solamente per dare vita al governo Conte 2 ed evitare, così, che Matteo Salvini ci portasse anticipatamente alle urne. C’era il rischio grosso che lo favorisse la legge dell’ex pieddino Rosato cui è stato subito appiccicato il diminutivo “rosatellum”, più adatto ad un eventuale vino rosé prodotto sui castelli romani che a una legge elettorale.
L’ipocrisia del Pd, ipocrisia politica ovviamente, fa il paio con quella di Matteo Salvini. Egli non appena ha subdorato che potesse vincere il No si è precipitato a lasciare libertà di espressione ai leghisti nonostante il suo partito avesse votato per la riduzione del numero dei parlamentari. Resta un funambolo della politica italiana. Un po’ come quando ha pensato di volare con la stessa disinvoltura sia a Mosca, sia Washington senza considerare che è Trump a volersi lanciare in una eventuale danza con il “nemico amico Putin”, ma questo non lo consente certo a chi deve imparare a stare al posto suo.
Cosa ha subdorato Salvini? Che, in maniera del tutto imprevedibile e spontanea, anche chi vuole esprimere il proprio disagio contro l’attuale sistema dei partiti finirà per votare per il No. I sostenitori del Sì potrebbero finire per assaporare ciò che significa l’eterogenesi dei fini. Nel senso che tutti quelli del Si si dicono contro la “casta”, come se loro non ne facessero parte, ma finiscono in realtà per essere identificati come tali. Anche perché tutti hanno capito la tanta strumentalità che c’è in questo referendum: come dicevamo sopra, rischia di risolvere niente di davvero importante e definitivo in materia di assetti istituzionali.
Molti hanno capito che questo sostegno al Si non è proprio genuino come si vuol far credere. Nasce così un moto spontaneo per il No nell’indifferenza verso le disposizioni di partito. Si arriva al paradosso che gli anti casta finiranno per votare No alla riduzione del numero dei parlamentari nonostante tutti i proclami ascoltati in questi anni. Buffo no?