Anche senza strette di mano e foto di rito con le autorità, ritorno alla libertà merito del governo italiano in carica, quello “di destra”. E a molti non va giù
Il “compagno” graziato preferisce smarcarsi dal governo che ne ha permesso il ritorno alla libertà? “La sensazione migliore è la libertà. Domani mattina a Bologna per coronare il sogno tanto atteso”. Questo l’annuncio di Patrick Zaki su Instagram, ma dovrà attendere qualche giorno per il rientro a causa di questioni puramente burocratiche.
Le accuse e la condanna
Questa “storia” di Zaki è pazzesca e la voglio ricordare: attivista per i diritti umani, egiziano e studente presso l’Università di Bologna, viene condannato a tre anni di carcere in Egitto, come da sentenza dei giudici del Tribunale egiziano di Mansura.
Il 7 febbraio 2020 l’arresto all’aeroporto del Cairo mentre rientrava in Egitto per una vacanza. L’accusa, che lo ha portato alla condanna a 3 anni, ma ne rischiava 5 per altre prove riguardanti post sui social dove incitava alla rivolta sociale (sempre da lui negati), era di “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese”.
Si basava su un articolo che Patrick scrisse nel 2019 dal titolo “Il calvario dei cristiani copti in Egitto” su attentati dell’Isis e casi di presunte discriminazioni ai danni dei copti, i cristiani d’Egitto, che peraltro guardano ad Al Sisi come ad un baluardo contro il terrorismo islamico e l’ostilità su base religiosa di ampie frange della popolazione egiziana. Dopo la custodia cautelare (diversi mesi già scontati), il verdetto: lo studente avrebbe dovuto trascorrere altri 14 mesi in cella.
Grazia e ringraziamenti
Ma, colpo di scena, è arrivata la grazia del presidente egiziano al-Sisi. Solo 24 ore prima veniva portato via dalla gabbia degli imputati, tra le grida della madre e della fidanzata che attendevano all’esterno, poi finalmente la libertà.
La notizia della grazia è rimbalzata ad ogni angolo del pianeta. Le sue prime parole, dopo gli abbracci alla famiglia, sono state di ringraziamento alle organizzazioni della società civile, ai partiti, alle forze politiche ed ai personaggi pubblici intervenuti per questo caso.
Un ringraziamento (e ci mancherebbe) è stato da lui diretto anche verso il governo ed il Parlamento italiani, alla presidente del Consiglio ed al ministro degli esteri che lo hanno sostenuto durante tutto il periodo di reclusione e durante il processo, cercando di trovare una porta d’uscita per lui, pur non essendo cittadino italiano, ma facente parte della nostra comunità.
Una trattativa che ha suscitato illazioni, subito smentite, di contropartite. Ma per la grazia a Patrick, ha assicurato Tajani, “non c’è stato alcun baratto, nessuna trattativa sottobanco. Solo un lungo, e alla fine efficace, sforzo diplomatico”.
Rientro “indipendente”
A Zaki era stato proposto il rientro a casa, come di consueto, e doveroso, con volo di stato e accoglienza da parte della premier Giorgia Meloni e del ministro Antonio Tajani, ma è stato da lui stesso rifiutato, preferendo viaggiare con una compagnia di linea, così come ha preferito declinare l’incontro con i rappresentanti del governo al suo arrivo.
“Questione di indipendenza”. Così (pare) abbia giustificato. Perché, lo ricordiamo ancora, Zaki si batte da sempre per i diritti umani nel suo Paese e a Bologna, dove stava frequentando un master sulla materia, data la sua storia personale, connotata, appunto, di forte attivismo.
Tanto che in occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018 fu uno degli animatori della campagna elettorale di Khaled Ali, avvocato e attivista politico impegnato nella difesa dei diritti umani che in seguito ritirò la candidatura denunciando le minacce e gli arresti di molti suoi collaboratori.
“La reputazione dei difensori dei diritti umani si basa sulla loro indipendenza dai governi” tuona in una dichiarazione Amnesty International. Ecco perché (forse) la sua scelta di rifiutare il volo di Stato e “la stretta di mano” del governo italiano.
Successo del governo
Ma il “caso Zachi”, un caso come tanti altri, ingigantito dalle sinistre che però nulla hanno mai concluso, ha posto di fatto ed eloquentemente sotto la lente il successo di questo governo, sia della premier Meloni che del ministro Tajani, per le loro capacità di cooperazione e intermediazione tra Stati.
E questo viene mal digerito da chi, in modo fallimentare, come in questo caso (ma potremmo citarne altri) si fa baluardo delle libertà e punta il dito continuamente sulle “destre” che della libertà, a detta loro, vorrebbero privarci. Era troppo, oltre l’annuncio, ringraziare chi è intervenuto in sostegno proprio al diritto e alla libertà?
Partiamo da un presupposto: il governo italiano ha fatto bene, benissimo a fare tutto quanto era possibile fare – anche se per un ragazzo egiziano che si trovava a studiare a Bologna, quindi nel nostro Paese. Nessun disappunto. Sia Tajani che Meloni si sono mossi cercando di operare in nome di quella giusta diplomazia che tra Stati occorre.
Ed è anche un segnale importante, perché c’è da augurarsi, e l’appello parte forte e chiaro da qui, che la diplomazia possa proseguire con successo anche per tanti altri italiani nelle prigioni di tutto il mondo, Chico in primis, da far rientrare in Italia al più presto.
Intendiamoci, davvero nessuna critica a Zaki per aver rifiutato il volo di Stato. Libertà e democrazia sempre a baluardo del nostro Paese, tutela e supporto a chi fa parte (seppur temporaneamente) della nostra comunità.
È giusto che venga trattato, come lui ha espresso, da pregiudicato graziato in modo simile a come viene trattato un “qualsiasi” altro egiziano. Il ricercatore dell’Alma Mater ha già espresso le sue intenzioni: quella di tornare a Bologna, poi al Cairo nuovamente per sposarsi, dopodiché proseguire in Italia con un dottorato e l’impegno sociale per i diritti dell’uomo. L’avvio del suo futuro è già tracciato.
Bologna ed il primo cittadino lo attendono con una festa grande in piazza e la cittadinanza onoraria che il Consiglio comunale ha approvato due anni fa. Zaki uno di noi, sembra lo slogan.
Bene, dunque, che questa triste vicenda sia sia conclusa positivamente, anche se senza strette di mano e foto di rito da parte delle autorità di governo da mostrare. Alla fine, contano davvero poco di fronte alla grande vittoria di libertà e di “giustizia giusta” che il governo italiano in carica, sì, quello “di destra” contro i diritti (giusto?) è riuscito a compiere. Grazie Meloni, grazie Tajani. Grazie Italia.
Antonella Gramigna – Atlantico