Se Meloni chiama c’è chi risponde. Il partito voluto e fondato da Berlusconi non ha eredi; scarsa l’eredità. Chi promette di fare vera opposizione dovrebbe assumere il prioritario impegno per una nuova legge elettorale, che finalmente coniughi due esigenze: governabilità e rappresentanza
Mettiamola così: Silvio Berlusconi, per ragioni che cozzano con ogni possibile logica, gioca le sue carte in modo che più bislacco non si può. Comunque è un dato di fatto incontestabile che Forza Italia non vota al Senato per Ignazio La Russa, fondatore di Fratelli d’Italia, il partito guidato da Giorgia Meloni, la vincitrice delle ultime elezioni politiche. Ha pensato, ancora una volta mal consigliato, di essere ‘determinante’. Meloni, piaccia o no, la politica la mangia fin da adolescente; ci ha messo un nano secondo a capire che c’è baruffa nell’aria. Gli sherpa del suo partito e quelli dei partiti di opposizione lestamente predispongono il ‘piano B‘. Quando avventatamente Berlusconi, vista fallita l’operazione Licia Ronzulli Ministro, ordina ai suoi di non votare La Russa, la contro-mossa è pronta: arrivano in soccorso i voti di parte dei calendian/renziani, del Partito Democratico, perfino dal Movimento 5 Stelle. Naturalmente nessuno lo rivendica apertamente; resta il fatto che quel ‘soccorso’ c’è stato.
Si potrà anche dire che alla prima prova, Meloni non è riuscita a tenere compatta la maggioranza di destra-centro che la porterà a breve a essere la prima donna che varca la soglia di Palazzo Chigi. E’ altrettanto indubbio che si sia mossa con intelligenza e fiuto politico. A brigante (Berlusconi), risponde brigante e mezzo. In politica e in amore i colpi bassi sono la regola. Meloni ha avuto chiaro fin da subito che accettare le richieste avanzate da Berlusconi equivaleva a far nascere orbo e zoppo il suo governo. Il ‘piano B‘ ha fatto capire a Berlusconi e al suo entourage che in futuro sa dove andare a pescare i voti per sostituire quelli mancanti. Messaggio recepito anche da Matteo Salvini, prontamente allineato sulla linea di Fratelli d’Italia, e con la cresta di molto abbassata, rispetto alle iniziali pretese.
Matteo Renzi respinge le accuse di chi lo vuole tra i ‘soccorritori’ di Meloni; poi rilascia una lunga intervista a ‘La Stampa‘, l’ultima risposta è indicativa dei suoi magheggi; premette che l’obiettivo è occupare il ‘centro’, inglobando quello che resta di Forza Italia; pronostica che per il nascituro governo «fino alle Europee sarà luna di miele. Poi nel 2024 vediamo come risponderanno gli italiani. Meloni per governare dovrà rimangiarsi tutto: le trivelle, il PNRR, l’euro, la politica estera, quota 1000. Sarà uno spettacolo vedere come farà esattamente il contrario di ciò che ha detto in campagna elettorale. E il ritornello: però la Meloni è coerente, finirà nell’album dei ricordi. Ma hanno vinto loro ed è giusto che governino. Ma temo che non saranno all’altezza. A quel punto toccherà a noi dare una mano per uscire dalle sabbie mobili».
Una mano: sarà interessante vedere cosa accadrà con gli uffici di presidenza di Senato e Camera dei deputati, e per le presidenze delle commissioni parlamentari, in particolare quelle di ‘garanzia’, tradizionalmente appannaggio dell’opposizione: commissione di controllo sull’attività dei servizi segreti e commissione parlamentare di vigilanza; formalmente l’opposizione è divisa in tre tronconi e si guardano in cagnesco. Meloni e i suoi fidati consiglieri giocheranno la partita del dividi e impera.
Berlusconi da questa vicenda esce annichilito. E’ una regola diffusa, tra gli ‘attori‘ politici italiani quella di non comprendere quando è giunto il tempo di ritirarsi.
Come Molière alle prese con la rappresentazione de ‘Il malato immaginario’, la maggior parte dei politici italiani vuole morire sul palcoscenico. Solo che non c’è nulla di eroico in questa volontà: è solo triste e patetico.
Patetico e triste, al di là dell’apprezzamento di quello che dice e cerca di fare, è vedere personaggi come Emma Bonino uscire di scena nel modo in cui li hanno fatti uscire; il loro non capire che giunti a un certo punto è meglio lasciare che siano altri a scendere in campo, evitare di ‘offrirsi‘ a penose sconfitte frutto di incomprensione e incapacità di comprendere quello che intorno accade.
Triste e patetico il declino di Berlusconi: gli fanno credere che può diventare Presidente della Repubblica; lui abbocca. Gli fanno credere di essere il perno di un’alleanza; lui si illude; gli organizzano perfino un matrimonio farlocco; per qualche giorno gli fanno credere che può diventare Presidente del Senato… Rimette piede (e si è potuto vedere quanto malfermo) in quel ‘Palazzo’ da dove lo avevano espulso in modo discutibilissimo, applicando retroattivamente una legge. Il giorno del trionfo. Invece no: come gli sussurra un nonostante tutto devoto Gianni Letta, riesce a trasformare quel giorno in una Waterloo; fa tutto da solo, non c’è nessun duca di Wellington, o feldmaresciallo von Blucher da incolpare.
Poi, certo, ci saranno motivazioni psicologiche. Ha 86 anni, Berlusconi. Nessuno e nulla lo potrà convincere che deve farsi ‘governare‘ da una ‘ragazzina‘ che ha la metà dei suoi anni, potrebbe essere sua nipote. Ecco perché quella sfilza di aggettivi uno più insultanti dell’altro, volutamente lasciati riprendere da un teleobiettivo.
Berluisconi sicuramente vive con grande disagio e tormento, circondato da interessati yes men, un declino fisico che comporta anche una perdita di lucidità in numerosi, decisivi, passaggi politici. E dire che alle ultime elezioni ha saputo conservare ancora un 8 per cento di elettorato…Una ‘rendita’ condannata a estinguersi. Forza Italia non esprime (ammesso l’abbia fatto un tempo), una politica e una progettualità che non sia quella della mera sopravvivenza, del galleggiamento e del salvare la ‘roba‘. Inevitabile che prima o poi (più prima di poi) si arrivi al parricidio.
Non sarà operazione indolore: finora, dal punto di vista economico, la baracca si è nutrita dei suoi averi. Non è particolarmente secondario. La figlia Marina, che della famiglia mostra di essere quella più accortamente politica, un giorno potrebbe decidere di imporre uno stop alle ‘mattane’ paterne, proprio in funzione del salvataggio della ‘roba’. Un Berlusconi del resto sempre più solo, anche fisicamente: il tempo, gli anni, hanno logorato quello che un tempo era il fidato ‘cerchio magico‘ dei consiglieri e dei collaboratori. Molti hanno abbandonato il campo per ragioni anagrafiche; altri sono stati allontanati o sono approdati in altri più confortevoli lidi. Letta e Fedele Confalonieri, ecco chi rimane; e quest’ultimo in più di un’occasione ha esplicitamente opzionato Meloni. A contendersi il residuo di spoglie la coppia Ronzulli-Fascina a cui si oppone Antonio Tajani. Tutto dire. Il partito voluto e fondato da Berlusconi non ha eredi; scarsa l’eredità. Game over.
Al di là di questi avvilenti giochi di ‘palazzo‘, c’è una realtà di cui non ci si cura e che non sembra interessare: da anni e anni una buona metà degli aventi diritto al voto non vota; dice in sostanza: ci fate tutti schifo. Hanno senz’altro torto, perché tra due o più contendenti uno peggiore c’è sempre.
Il fatto comunque è che nessuno sembra preoccuparsi di questo rigetto/rifiuto. Una quota di popolazione che nessuno ascolta, cerca di capire, con cui prova a dialogare. Non lo fa la destra, che oggi (e ancor più domani) ha i suoi enormi problemi da ‘governare’. Non lo fa l’opposizione, che nelle sue varie declinazioni imperterrita persegue miopi unità di vertice, rinuncia a unioni laiche su proposte concrete, credibili e realizzabili. Da anni la sinistra italiana è incapace di elaborare strategie pragmatiche, opta per tattiche di nessun respiro che si traducono in occupazione arrogante di postazioni di potere. Per questo è stata punita elettoralmente. Invece di interrogarsi su questo si ‘consola’ gridando al lupo al lupo che ‘torna’.
Se il lupo ‘torna’ e parte del gregge lo vede come alleato, di chi è la colpa? Del lupo, del gregge, o del pastore che non sa fare il suo mestiere?
Tra le ‘novità‘ proposte una Commissione Parlamentare Bicamerale per studiare, proporre, offrire un pacchetto possibile di riforme. Un film già visto. Quando non si vuole fare nulla, si propone una bella Commissione Bicamerale. Una riforma, sì, andrebbe fatta urgentemente: una nuova legge elettorale. L’attuale, voluta da Renzi e congegnata dal fedele e sodale Ettore Rosato, è una mostruosità che ha sortito l’effetto dei famosi pifferi di montagna: dovevano suonare, sono stati suonati. Renzi voleva annichilire la destra di Salvini e Meloni. Ne è uscito lui con le ossa a pezzi.
L’elezione di La Russa a presidente del Senato dimostra che c’è chi, all’occorrenza, pur al di fuori della coalizione vincente, è pronto ad accorrere in ‘soccorso’. Per questo chi promette di fare vera opposizione dovrebbe assumere il prioritario impegno per una nuova legge elettorale, che finalmente coniughi due esigenze: governabilità e rappresentanza.
Questa la situazione, questi i fatti.
Valter Vecellio – L’Indro