di Anzio Lupo
Una volta, ascoltando una conferenza di Gianfranco Miglio, ideologo della prima Lega di Bossi, ascoltai una frase che mi rimase impressa nella mente: il nuovo nasce sempre dal peggio del vecchio. Mutatis mutandis, applicando alla situazione attuale e in prossimità del referendum costituzionale, provo a riflettere sulla veridicità della tesi di Miglio.
Quale sarebbe quel cambiamento epocale che il giovane premier e la sua “bella statuina” promotrice della riforma si auspicano e sarà realizzato? Bene, andiamo per ordine. L’impostazione della riforma sembra ricalcare il piano politico “segreto” che era alla base del progetto della cosiddetta P2 di gelliana memoria. Ovvero, un progressivo allontanamento della democrazia diretta (=elezioni popolari) verso una democrazia diretta (=nomina per interposta persona). E certe affermazioni di alcuni colleghi di spiccata tendenza per il Si referendario confermano questa tesi, specie quando, davanti alla vittoria inaspettata di Trump, hanno espresso forti dubbi sulla validità del suffragio diretto nella società moderna.
Diceva Churchill che la democrazia è un sistema sicuramente imperfetto, ma ancora non è stato trovato un sistema migliore. Quando il popolo si esprime è sempre un bene. Ma a fronte di questo si sono evocati gli avventi delle dittature in Italia e in Germania nel XX secolo. Sbagliato. Sono anche male informati! Infatti, il Fascismo in Italia divenne dittatura solo dopo aver modificato la legge elettorale. La legge Acerbo fu approvata alla fine del 1923 e sei mesi dopo portò con le elezioni il Fascismo, da partito che esprimeva il capo del governo, a maggioranza alla Camera, inventando una dittatura. Vedete forse una analogia? Quindi, si rischia quello che i Padri Costituenti del 1946 cercarono in tutti i modi di evitare con la nostra costituzione, oltre tutto mai applicata per intero.
Obama, Blair, Draghi, Junker, la Merkel, la Deutsche Bank, qualche euroburocrate e la grande finanza internazionale (JP Morgan e Goldman Sachs in testa) spingono per la riforma, senza neppure conoscerla nei dettagli. La cosa mi puzza.
Ma chi è il nuovo che avanza e propone di rinnovare lo Stato? I prototipi del nuovo sono Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, il resto è tutto un “sottoboschi” di comparse senza alcuno spessore.
Allora parliamo di Renzi. Il “toscanello” rischia con questo referendum di essere fumato per intero. Il ruolo che si è ritagliato, e che forse gli è stato affidato da qualcuno che conta sul serio, è quello del rinnovatore, in peggio, del sistema politico italiano, per ridurre gli spazi della democrazia diretta, quasi che non esistesse un sistema che possa rendere efficiente la nostra democrazia rappresentativa. Ebbene, l’humus dal quale è emerso Renzi è il contesto della vecchia DC toscana e un ambiente familiare con forti commistioni tra politica e affari di famiglia. E non diciamo altro, in quanto non esistono, forse, prove giuridicamente rilevanti per queste affermazioni, mai fatti lo attestano ampiamente.
E la boscosa aretina, invece, è figlia e sorella di chi con l’affiancamento politico ha gestito, e male, gli affari di molti, finendo per trarne benefici, se non economici e penalmente rilevanti, sicuramente personali, professionali e di accrescimento elettorale. Anche in questo caso non affermiamo niente più di quello che è evidente.
Ecco che sia Renzi sia la Boschi inverano l’affermazione del professor Miglio, che il nuovo nasce sempre dal peggio del vecchio. In questo caso allora è meglio direttamente tenersi direttamente il vecchio, anche perché lo conosciamo! E se lo conosci …