di Francesco Graffigna
Ci si deve chiedere se usi, costumi e tradizioni diversi da quelli del nostro Paese, possano essere giustificati o comunque sottosanzionati, quando sfocino in condotte reiettive di reati, solamente perché non specificatamente previste dal legislatore come figure criminose.
I reati culturalmente motivati sono quasi sempre reati “espressivi”, cioè determinati da alta emotività, passioni, conflitti o dal desiderio di soddisfare bisogni personali fini a se stessi (come l’omicidio, l’aggressione, le violenze sessuali e la sfigurazione).
E’ soprattutto nell’ambito dei rapporti interni al nucleo familiare, legati all’affettività, alla sessualità ed alla organizzazione di base del vivere umano, che si registrano tali situazioni.
In questi ultimi anni è di estrema attualità il moltiplicarsi di casi di donne marchiate e sfigurate con l’acido, tanto da diventare una necessità l’inquadramento di certi crimini; non perché, ovviamente, non sia grave ogni atto lesivo di una persona, ma perché lo sfregio del volto ha conseguenze cosi profonde da incidere sull’identità fisica, sociale e psicologica di chi lo subisce.
“Vitriolage”, anche cosi nominato, è quella forma di violenza premeditata consistente nel gettare una sostanza corrosiva sul corpo di un’altra persona con l’intento di sfigurarla, mutilarla, torturarla o ucciderla.
Fra le vittime di questa violenza vi sono in particolare giovani donne dell’Asia meridionale (principalmente provenienti dal Pakistan, dal Bangladesh, dall’India, dall’Afghanistan) che oggigiorno subiscono la violenta pratica della sfigurazione del volto tramite acido, da cui l’espressione “ragazze acidificate”.
In quest’ambito, ci si pone il problema di come deve reagire l’ordinamento di fronte a certe condotte, frequenti in paesi mediorientali, non riconducibili a nessuna fattispecie criminosa, che insistentemente si affacciano alla cronaca italiana.
Proprio per questo, recentemente, le parlamentari di tutti i partiti, hanno firmato una proposta di legge della senatrice del Pd Laura Puppato, al fine di configurare il c.d. «omicidio di identità».
«È l’inverso di quello che era il delitto d’onore, che autorizzava una forma di violenza se si era subito un disonore in famiglia da parte di una donna. Noi speriamo di essere così brave da scrivere nel codice penale che se chi distrugge il tuo viso è una persona che dice di averti amato questa è un’aggravante, non un’attenuante. Vuol dire che non ti ha mai amata, che ti ha solo posseduta, che sei un oggetto per lui» commenta la senatrice.
Un disegno che mira a colmare rapidamente il vuoto legislativo per regolare i casi di sfregio, istituendo una nuova fattispecie con l’introduzione nel codice penale degli artt. 577-bis, 577-ter e 577-quater.
Un testo suggerito concretamente dalla tragica vicenda di Carla Caiazzo, la donna data alle fiamme il 2 febbraio 2016 dall’ex compagno mentre era incinta.
La legge introduce articoli specifici nel codice penale: non meno di 12 anni di carcere, per chiunque (uomo o donna), volontariamente, cagioni al volto di una persona danni parziali o totali, tali da modificarne le caratteristiche, ed un aumento di pena da un terzo alla metà se i fatti sono commessi da familiari o conviventi.
L’introduzione del “delitto di identità”, figura culturalmente sconosciuta al nostro ordinamento penale, con la previsione di pene di gran luga più severe di quelle previste per le lesioni personali, si presenta come potente deterrente avverso la commissione di certe abominevoli condotte.
Disegno di legge che pretende una accelerazione del dibattito penalistico su tali tematiche, in risposta ad esigenze concrete portate dal promulgarsi di casi – come lo sfigurazione con l’acido – che fino ad un ventennio fa, erano molto lontane, sia geograficamente che culturalmente, dalla nostra quotidianità, e che proprio per questo il legislatore non si è mai preoccupato di definire.
Alla luce della evoluzione sociale del nostro paese e della previsione di nuove figure di reato, una battuta, nella sua esageratezza scherzosa, come “ti cambio i connotati” che valore assume?