La frase choc del conduttore in diretta tv: “Se sbagli non ti voto più? Facile a dirsi, più difficile a farsi”

Tra pochi giorni Corrado Augias compie 90 anni e in un’intervista a Repubblica lamenta il fatto che spesso finisca sui giornali “di destra” per le sue uscite. “Quello che mi dà fastidio non è la critica – sussurra – Quello che mi dispiace è l’insulto: sapessi cosa mi arriva dai social o via mail. A riassumere il concetto più o meno: ‘Vecchio rincoglionito, cosa aspetti a toglierti dalle palle?’”. Dispiace, sia chiaro. Il punto è che si fa fatica a non criticarlo quando in diretta televisiva arriva a dire che il voto popolare ormai non conta più in democrazia, forse perché – maledetti elettori – il popolo non premia più progressisti e democratici.

L’altra sera, colpevolmente non ce ne siamo accorti prima, il conduttore de La Torre di Babele su La7 si è lasciato andare ad una sperticata analisi sulla vittoria di Donald Trump negli Usa, sulla sua vicinanza con Giorgia Meloni e sulla sua convinzione dei essere una sorta di unto del Signore. Quando Italo Bocchino gli fa notare che gli elettori americani lo hanno scelto, e con discreto margine, infilando una scheda nell’urna, Corrado non fa una piega: “Se sbagli non ti voto più? Bello da dire, più difficile a farsi. Perché gli strumenti fulminei di indirizzo dell’opinione pubblica sono tali che il diritto di voto ormai da solo non vale tutta la democrazia. Deve essere accompagnato da una sufficiente possibilità di corretta informazione su come vanno le cose”.

Come, scusa? Cioè: la democrazia è tale non se il popolo vota, ma solo se si informa dove vogliono gli Augias boys? E chi decide quali sono le fonti corrette di informazione? Per restare agli Usa: consideriamo valido il voto democratico solo se chi si iscrive alle liste elettorali presenta la ricevuta dell’abbonamento al New York Times? Oppure va bene anche la Fox?

Anche perché il discorso di Augias rievoca un discorso, decisamente pericoloso, che Mario Monti in epoca Covid fece proprio negli studi di La7. Ricordate? L’ex premier disse che in certi casi, ovviamente quando piace a loro, bisogna “dosare dall’alto l’informazione” in modo da trovare “delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione”. E chi avrebbe dovuto decidere? “Il governo, ispirato dalle autorità sanitarie”.

Se è la qualità dell’informazione, e non il libero voto degli elettori, a determinare l’esistenza o meno di una democrazia, il rischio è di ritrovarsi come sognava Mario Monti. Ovvero in un sistema paternalista e illiberale in cui, disprezzando la facoltà di giudizio dei cittadini, qualcuno stabilisce quali siano le informazioni da validare e quali no. Con la censura di Biden imposta a Meta, come confermato da Zuckerberg, in fondo ci siamo andati molto vicini.

Noi che siamo degli irriducibili libertari, invece, riteniamo che a contare sia sempre e solo il desiderio degli elettori. I quali scelgono da soli dove informarsi, senza censure né indirizzi di sorta. Checché ne dica Corrado Augias.

da – nicolaporro.it