Lo scriveva già ieri Stefano Zamagni: “non si muore e non ci si ammala solo a causa del virus, ma anche per la denutrizione (o malnutrizione) o per il senso di isolamento sociale che deriverebbero da una eventuale grave e lunga recessione economica( CLICCA QUI ).
Segnali molto inquietanti al riguardo stanno venendo da Stati Uniti e Regno Unito per il quali aumenta il timore di veder loro raggiungere il più alto tasso di disoccupazione dai tempi della Grande depressione degli anni ’30. Questo è il timore registrato da The Guardian ( CLICCA QUI ) che offre le considerazioni di David Blanchflower, secondo il quale nella sola Uk si potrebbero raggiungere circa dei milioni di disoccupati, pari al 21% dell’intera forza lavoro del paese.
Negli Usa, mentre si stanno individuando i meccanismi per intervenire celermente a favore di altri tre milioni persone che vivono solo di sussidi e di assistenza pubblica, come è nel caso dei veterani di guerra ( CLICCA QUI ), sono già state presentate circa dieci milioni domande per l’assegno di disoccupazione ( CLICCA QUI ). Oltre tre milioni le richieste nel corso degli ultimi sette giorni, a fronte delle 281 mila della settimana precedente.
Nel mese di marzo è stata registrata un’impennata al 4.4%, 3,5% nel precedente mese di febbraio, del numero dei disoccupati e nel corso dell’ultima settimana sono stati persi circa 701 mila posti di lavoro. Il New York Times parla così della fine di un decennio di crescita dell’occupazione ( CLICCA QUI ).
E’ evidente che, mentre si prova a contenere la diffusione del Coronavirus, si è già aperto in pieno il fronte relativo alle conseguenze occupazionali, anche per gli Stati Uniti entrato in una fase cruciale.
In particolare su questo argomento, riprendiamo il seguente intervento di Pierluigi Gerbino.
La frastagliata discesa dei mercati azionari verso i minimi di marzo ha vissuto ieri una giornata di rimbalzo, che è riuscita però a recuperare solo metà del calo accusato la seduta precedente. Si procede a zig zag, con alternarsi di speranze per il futuro e preoccupazioni per il presente che è durissimo, come ha ammesso persino l’ottimista ad oltranza Donald Trump.
La cronaca dal fronte sanitario ci ha mostrato il superamento di due barriere psicologiche da parte dell’avanzata mondiale del coronavirus: il milione di contagiati e quota 50.000 morti. Gli USA vedono crescere esponenzialmente la curva dei contagi, che sono già il doppio di quelli italiani, mentre la Spagna si avvicina sempre più ai numeri nostrani ed il superamento non dovrebbe più tardare.
La situazione a casa nostra è migliorata, ma lo scollinamento della curva dei contagi, ora che si cominciano a fare più tamponi, non è veloce come forse ci si attendeva. Questo significa che non sarà affatto facile evitare un nuovo
prolungamento del lockdown dopo Pasqua. Comincia ad emergere, accanto alle molte improvvisazioni che hanno caratterizzato la fase più acuta dell’emergenza, e che hanno aiutato la diffusione del virus, anche una certa impreparazione da parte degli esperti, questa volta quelli politici ed economici, e non quelli sanitari, a gestire una ordinata riapertura delle saracinesche, per impedire una seconda ondata di contagi se gli italiani torneranno in massa a mettere il naso fuori casa.
In fondo stiamo scoprendo che, in preda alla paura, chiudere tutto è stato drammatico, ma relativamente facile. Basta un decreto (noi italiani siamo riusciti a farne una decina, ho perso il conto. Siamo la patria del diritto). Ma riaprire è molto complicato. Richiede molto ordine ed organizzazione, e purtroppo l’Italia non è la patria né dell’ordine, né dell’organizzazione. Non sarà per nulla facile, anche perché appena calerà il virus scommetto che ripartiranno le solite polemiche politiche. Il facile populismo, che siamo riusciti a contenere abbastanza bene in questo periodo di lockdown, temo che riprenderà il sopravvento.
In campo economico ieri era il temuto giovedì della disoccupazione USA. Alle fine di ogni settimana viene comunicato il numero di richieste di sussidi di disoccupazione. La scorsa settimana è arrivato lo shock del decollo a 3.300.000 richieste dalle 280.000 del giovedì precedente. Ieri la previsione era per un ulteriore aumento a 3 milioni e mezzo. Ebbene il numero è stato di 6.648.000 richieste di sussidio. Si può così osservare una crescita esponenziale
anche sulla curva dei sussidi di disoccupazione, che assomiglia molto a quella dei contagi da coronavirus degli USA, e la dice assai lunga sulla situazione del mercato del lavoro americano appena ha cominciato a mordere il lockdown.
Va detto comunque che il sussidio non viene dato solo ai disoccupati. Molte richieste sono di lavoratori momentaneamente a casa, per la chiusura della loro impresa a causa del blocco. Se e quando l’impresa riaprirà questi lavoratori dovrebbero rientrare. Teniamo presente che in USA la Cassa Integrazione non esiste.
Gli occhi dei mercati sono ora puntati sul dato che verrà comunicato , sempre sul mercato del lavoro USA: la variazione dei posti di lavoro non agricoli nel mese di marzo. Questi sono veri posti di lavoro. Gli analisti prevedono un calo dei lavoratori non agricoli di -100.000 e sarebbe la prima volta che assisteremmo ad un calo, dopo l’ultimo del settembre 2010. Temo che anche questa previsione si riveli ottimistica, come quella di ieri, anche se l’impatto dei
licenziamenti si è fatto consistente solo dopo che la rilevazione è stata chiusa, e si rifletterà quindi sul dato del mese di aprile, che arriverà ai primi di maggio. E’ evidente comunque che sorprese molto negative non porteranno certo il
buonumore. Come il dato che ha tolto il sorriso ai mercati europei ed al future su SP500, e li ha fatti tornare in negativo fino all’apertura di Wall Street, che appariva ancora in calo.
Ma qui ecco arrivare, provvidenziale, il tweet di Trump sul petrolio: “Ho parlato col mio amico MBS (il principe saudita) che ha parlato con Putin. Mi aspetto un taglio di 10, anzi 15 milioni di barili al giorno. Se succederà sarà grande per l’industria del petrolio”. Ovviamente i russi hanno poi smentito ogni colloquio con i sauditi, ma al mercato è bastato il tweet di Trump per considerare già fatto l’accordo. Il petrolio è schizzato al rialzo di circa 5 dollari (da 22,50 a 27,30, cioè +21%) in 10 minuti e l’euforia ha fatto dimenticare agli indici il dato sulla disoccupazione, riportandoli sui massimi di seduta, che tra alti e bassi sono poi stati mantenuti fino alla fine.
SP500 ha chiuso così con un +2,28%, che però ha recuperato solo metà della precedente perdita. Eurostoxx50 invece ha fatto peggio, solo +0,31%, e si è accontentato di chiudere con gran fatica sopra il minimo del giorno prima, dopo
averlo sfondato alla grande sul dato americano. Meglio è andato il nostro FtseMib (+1,74%), che sfrutta un po’ di ottimismo per l’appiattimento della curva dei contagi, specialmente in Lombardia, e le voci di ammorbidimento di tedeschi e olandesi sui corona-bond, che per Conte sembra siano diventati questione di vita o di morte.
Sembra che si vada verso una soluzione a metà strada. Non certo quella di condividere l’intero debito pregresso (a Berlino non si scordano ‘o passato), ma l’emissione di Bond da parte della UE (e non dai singoli stati), garantiti in solido da tutti gli stati dell’Eurozona e destinati a finanziare progetti specifici da parte di chi ne ha più bisogno.
Stiamo a vedere, consapevoli che lo zig zag dei mercati per ora ha una tendenza verso il basso e che i minimi del 23 marzo sono un po’ più vicini della scorsa settimana.
di Pierluigi Gerbino – politicainsieme