Nuova performance dei professionisti dell’inciucio: i grillozzi ormai a secco di consensi puntano sulla Cina sperando magari che attraverso la politica estera – capirai che tipo di strategia può uscire da personaggi del genere – si possa ricavarne qualcosa per rimettere sui binari l’Italia. Ma possiamo fidarci delle creature del guru genovese affidando a loro il nostro destino? Possiamo contare su gente simile che avevano promesso tanto e non hanno mantenuto nulla? Che solo per amore della poltrona hanno tradito dimostrandosi peggio dei camaleonti della Prima Repubblica da loro stessi insultati, infangati, condannati.
Evidentemente non sono stanchi delle pagliacciate, di fare figure meschine e i 5 stelle ci riprovano illudendosi di stringere accordi commerciali importanti con il Dragone ma la realtà è che nei vari tentativi precedenti si è registrato solo un fallimento dietro l’altro. Ricordiamo infatti che furono proprio i grilluti nel marzo scorso a invitare in Italia il presidente Xi Jinping che firmò il documento d’intesa sulla “nuova via della seta”. Accordo che fu propagandato dai fenomeni stellati come uno straordinario successo per il comparto economico-produttivo italiano che avrebbe portato a chissà quali traguardi ma che in realtà non ha sortito nessun risultato concreto per le nostre tasche. Ennesima dimostrazione – se ce ne fosse stato ancora bisogno – della “statura” strategico-politica dei miracolati a 5 stelle che ci ritroviamo in Parlamento.
Ma c’è di più. I fenomeni che hanno avuto l’ideona di agganciare il popolo con gli occhi a mandorla hanno peggiorato la situazione provocando la reazione agguerrita della Francia. Al bluff della firma sull’intesa siglata a Roma quel simpaticone di Macron è passato al contrattacco riuscendo a portare a casa – lui sì che è passato davvero all’incasso senza doversi inchinare davanti ai compagni cinesi – un affare miliardario definendo con la Airbus della Cina una maxi commessa dal valore di 30 miliardi di euro. E questo alla faccia dell’armata Brancaleone grillina che tra una banalità e l’altra fantasticava immaginando nel prossimo futuro ondate enormi di turisti cinesi in visita nel nostro Paese.
Disastro dopo disastro adesso il governo traballa, il Movimento è sulla via dell’estinzione e allora dalle retroguardie qualcuno ha preso l’iniziativa tentando di uscire dal pantano. E’ intervenuto lui, il capo popolo del “vaffa” che voleva aprire il palazzo come una scatola di tonno, il multiplo Beppe che è andato in soccorso dalla sua marionetta preferita, Giggino, il capo dei voltagabbana pentastellati, incredibilmente titolare della Farnesina senza sapere una parola di inglese ma che sorride sempre.
Beppe Grillo si è recato dunque a cena venerdì sera nella sede diplomatica cinese nel quartiere Parioli a Roma dove ad attenderlo c’era l’ambasciatore Li Junhua. Sabato pomeriggio è tornato a fargli visita, trattenendosi in ambasciata oltre due ore. Grillo da tempo tesse la tela con il gigante asiatico e attraverso il suo blog non perde occasione di esibirsi in un imbarazzante comportamento servile e adulatorio esaltando il regime comunista di Pechino. Quindi mai una parola sui diritti umani da quelle parti vergognosamente calpestati, mai una parola sulla situazione incandescente di Hong Kong. Dal canto suo Giggino – che si crede il nuovo Hanry Kissinger versione italica – fa la sua sceneggiata intensificando le improvvisate in Cina. Ricordiamo infatti che recentemente il ministro degli Esteri ha annullato la propria partecipazione al G20 in Giappone per essere l’ospite d’onore a Shangai dove ha brindato con il presidente Xi Jinping.
Altro personaggio che si dà un gran da fare è il proprietario della piattaforma Rousseau, Davide Casaleggio, che da abile uomo d’affari intrattiene rapporti con i vertici di Huawei. Insomma, è tutto un fermento di interessi personali, una fitta rete di rapporti in cui si comprende perfettamente quanto piaccia la dittatura rossa ai grillozzi divenuta per loro una sorta di faro, un modello da seguire. Ma di sicuro non per la maggior parte degli italiani.
Tra gli slogan che hanno fatto breccia nelle piazze gremite agli esordi di Beppe e dei suoi “Grilloboys” risuonavano incessanti come un mantra due parole: onestà e trasparenza. Bene, si richiedeva dunque alla nuova generazione politica che avrebbe spazzato via quella vecchia e stramaledetta casta un comportamento moralmente coerente che, curiosamente, gli stessi stellati non hanno mai praticato nella maniera più assoluta. Vi ricordate quante volte avevano promesso che tutto, ma proprio tutto si sarebbe saputo? Agli esordi in Parlamento i grillazzi avevano addirittura promosso lo streaming (le dirette via rete) come strumento essenziale di onestà e trasparenza e invece oggi le decisioni importanti sono prese in segreto, a porte chiuse. Altro che onestà e trasparenza sbandierata a parole quando nei fatti si rileva una totale blindatura, una chiusura dai contorni addirittura dittatoriali.
Con lo streaming l’onestà sembrava come per magia essere arrivata al potere, questo il piano diabolico dell’associata Grillo-Casaleggio che attraverso i giovani raccattati qua e là li hanno spediti in Parlamento che si apprestava ad essere aperto come una scatoletta di tonno. E naturalmente lo strumento per mostrare le nefandezze interne al palazzo era quello, ovvero mandare tutto in diretta, tutto in chiaro, tutto doveva girare, la gente doveva sapere. E invece alla fine si è rivelata l’ennesima menzogna stellata.
In questo senso troviamo, guarda caso, una forte analogia con con i loro amici del partito comunista cinese. La campagna contro la corruzione di qualche anno fa, ad esempio, ha di fatto permesso al presidente Xi di togliersi di mezzo migliaia di oppositori politici. Mentre lo stesso presidente Xi, contestualmente, non fa nulla per tentare di risolvere alla radice il problema della corruzione. Tantomeno pensa di aprire a un sistema democratico ma anzi, accentra sempre di più il potere nelle mani del regime spedendo in galera nel contempo tutti coloro che non gli prestano assoluta obbedienza con la scusa della corruzione. Non è forse lo stesso metodo adottato dal M5s che butta fuori dal movimento tutti quelli che si oppongono alla linea menzognera e ingannevole decisa dal comico e che il suo maggiordomo Giggino la spaccia come propria.
Inoltre, proprio come le leggi in Cina vengono prima decise nelle segrete stanze dei plenum di Partito e poi formalmente approvate dal Parlamento fantoccio, così i buoni a nulla ai vertici del Movimento si incontrano lontano da occhi indiscreti per prendere ogni decisione e poi passano alla solita buffonata fingendo grande democrazia: lanciano qualche sondaggio, inutile dire che tutto è pilotato, sulla piattaforma privata Rousseau per dare l’impressione di essere trasparenti.
Resta comunque un fatto: tra M5S e Cina è sempre più amore. Non è da escludere che la manovra grillazza voglia dimostrare all’Ue e agli stessi Usa che l’Italia è in grado di trovare alleati al di là dei soliti canali politico-diplomatici. Tantomeno è da escludere che per quanto riguarda l’ex Ilva di Taranto i pentastellati sondino varie ipotesi per comprendere se la superpotenza asiatica abbia qualche gruppo siderurgico in grado di sostituire i franco-indiani di ArcelorMittal.
Non ultimo è probabile che i 5 Stelle abbiano un filo diretto con Romano Prodi. Spieghiamo: l’ex premier non ha mai nascosto la voglia di tornare in campo ma solo per raggiungere un obiettivo: il Quirinale. Il resto, le beghe di partito, non ne vuole neppure parlare. Da tenere inoltre in considerazione che il professore gode di un rapporto privilegiato con la Cina e ha più volte apprezzato il piano commerciale varato da Xi Jinping. Ora si comprende meglio che se Prodi fosse un domani al Colle la sua presenza sarebbe una garanzia per la Cina su questioni particolarmente delicate. Senza dimenticare un’altra stelletta guadagnata sul campo comunista dal professore recentemente nominato dal governo cinese “Advisor Council” del Belt and Road Forum.
E’ ragionevole dunque immaginare che il Grillo attraverso la Cina voglia rafforzare l’alleanza di governo con un Pd ormai troppo debole e logorato al suo interno per misurarsi su questioni internazionali. Di sicuro con Pechino è necessario aprire più di un canale politico-economico. Ma per condurre un gioco di questo livello che tocca interessi e sfide internazionali occorre esperienza, parecchia esperienza, quella che i grillozzi certamente non hanno.