Soldi e appuntamenti internazionali hanno preso il sopravvento nella vita della giovane attivista svedese. La tenace Greta Thunberg, affetta dalla sindrome di Asperger, divenuta uno dei simboli mondiali nella lotta contro il surriscaldamento del pianeta e la difesa dell’ambiente, si era concessa una lunga pausa per concentrarsi a tempo pieno sulla sua campagna. E adesso, dopo due anni di lotte contro il cambiamento climatico in giro per il mondo – anche in barca a vela come i miliardari – e di assenza da scuola, l’adolescente ha annunciato il suo ritorno tra i banchi di scuola.

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Ora al di là di tutto il circo mediatico creatosi attorno alla scandinava non c’è dubbio che ci sia qualcosa di inquietante dietro a questa giovinetta che pare non aver certo il tempo per la scuola… anche se si racconta del suo ritorno alle lezioni dopo una lunga e inconcepibile assenza per un qualsiasi altro normale studente. Seguito da una altrettanto normale famiglia che giustamente ha a cuore innanzitutto la sua formazione educativo- scolastica. Ma evidentemente in casa Thunberg tale aspetto è considerato di secondaria importanza.

E allora ci si chiede come mai sia stato possibile che la fanciulla, sia per la sua età, sia per la sua scarsa preparazione culturale, aggravata dal fatto di non aver neppure ricevuto una informazione di base a livello scolastico che i suoi coetanei frequentando la scuola regolarmente hanno invece acquisito, abbia incontrato importanti esponenti politici di mezzo mondo – addirittura il Papa si è fatto largo in piazza San Pietro per poterla salutare -, sia stata chiamata a parlare di fronte a scienziati e insigni esperti venuti da ogni parte del pianeta. E ancora più strano è che costoro si siano precipitati ad ascoltarla come fosse il nuovo messia. Va bene il comizio che raduna i soliti studenti pronti a marinare la scuola alla prima occasione ma che illustri accademici si facciano incantare dalla “sirena svedese” è davvero strano se non imbarazzante.

Tempo fa alla Cop-24 di Katowice, il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutosi nella città polacca, la piccola con le treccine – non le porta più nessuno e questo fa pensare a una attenta strategia di marketing che ha creato mirabilmente  una determinata immagine in grado di far breccia sul mercato… operazione perfettamente riuscita – è intervenuta come rappresentante di una neo-organizzazione che si chiama Climate Justice Now. In quel consesso pronunciò uno dei suoi più celebri discorsi – scritti da chi? – in cui con toni severi contrappose la purezza dei suoi ideali agli obiettivi economici delle grandi lobby che farebbero gli interessi di una ristretta cerchia dell’umanità condannando il resto all’emarginazione.

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Insomma, la popolarità di Greta è cresciuta velocemente in maniera impressionante. Dal summit a New York sul clima, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, al vertice dell’Unione europea, alla conferenza delle Nazioni Unite in Cile passando per l’appuntamento di Piazza del Popolo a Roma per parlare con gli attivisti italiani che imbesuiti dalla nuova icona dell’ambiente sono divenuti in un istante “gretini-dipendenti”.

In sostanza tutti coloro che si considerano ecologisti impegnati nelle varie organizzazioni mondiali hanno deciso di non farsi rappresentare da esperti di spessore consapevoli della complessità dei problemi ambientali ma di cavalcare l’onda mediatica creatasi attraverso quel volto ancora infantile – a tratti anche inquietante – incorniciato dalle treccine. Quel volto arrivato come un fulmine a ciel sereno a difesa del mondo intero. A difesa di tutti noi. Almeno è questo che si narra in ambienti sofisticati radical chic sempre pronti a impugnare la bandiera del buonismo contro i cattivoni di turno che opprimono e inquinano. E chi si azzarda a sollevare perplessità sulla questione è considerato un povero ignorante. E anche fascista.

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Non facciamoci dunque trascinare da facili entusiasmi e diciamo, a differenza dell’insopportabile e ottuso integralismo purtroppo dilagante, che Greta conosce assai poco i temi di cui parla. Il cambiamento climatico è questione seria, complicata che non può essere trattata dal primo che passa. Considerando poi che Greta e i suoi aficionados gretini hanno affrontato solo una parte del complesso problema. Al riguardo ricordiamo che non è una novità che i cosiddetti ecologisti immaginino soluzioni severe, autoritarie per rimettere le cose a posto. Ma come intendono loro però. E allora a questo punto sorge un altro interrogativo: ma queste “anime belle” che dicono di voler salvare la terra dai veleni da quale potere globale sono pilotate? Quali sono i loro reali obiettivi? Da qui è comprensibile intuire che tutti coloro che hanno a cuore la sacrosanta libertà individuale guardino con sospetto e diffidenza la pericolosa intransigenza ambientalista che ricorda per certi versi i regimi dittatoriali.

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Resta comunque il fatto che tra simpatie e antipatie questa ragazzina è divenuta dunque una autentica star presente a ogni kermesse internazionale. Costantemente sotto i riflettori al punto che ci si chiede come una di quell’età possa girare il mondo come se si trattasse di una gita fuori porta. Ad accompagnarla e sostenerla chi c’è? Fino a che punto si spingerà l’interesse, il cinismo e l’azione spregiudicata di chi la sta utilizzando per meri calcoli affaristici?

Di conseguenza si capiscono i motivi per cui la giovane non susciti le simpatie di tutti. Dietro le buone intenzioni “green” della giovanissima attivista si nasconde un mondo di ombre e inganni che sta astutamente e abilmente  sfruttando il ciclone ambientalista. Ciclone che di fatto utilizza Greta trasformatasi nel tempo in un grosso affare, in una macchina per far soldi, un vero business che nulla ha a che fare con la salute del nostro pianeta. Questa è la realtà.

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La vicenda che è all’origine del “fenomeno” Greta è molto semplice poichè mette allo scoperto coloro che proprio sull’immagine di questa ragazza ci ha marciato. E continuano a farlo. Emergono le ambizioni della madre, cantante e scrittrice mediocre, e il dinamismo di una piccola e fino a poco tempo fa sconosciuta ma disinvolta società di marketing che ha fiutato velocemente l’opportunità di incassare tanto denaro nel giro di qualche mese. Non ultimo è venuto a galla anche l’interesse altrettanto lungimirante dall’ex-ministro socialdemocratico Kristina Persson appartenente proprio a quel partito che ha candidato addirittura la piccola al Nobel della pace… ci mancava che qualche “fenomeno” dell’accademia svedese caldeggiasse la folle proposta. Anche se dopo Bob Dylan potevamo aspettarci un’altra demenziale sorpresa.

Ma adiamo con ordine e partiamo con lo sciopero scolastico della scorsa primavera che coinvolse anche le scuole italiane. Sciopero che altro non era che parte di una strategia pubblicitaria più ampia per lanciare il nuovo libro della madre di Greta, Malena Ernman. E il grande stratega, la mente di questa singolare campagna è un tal Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità, che ha sfruttato a sua volta l’immagine della ragazza per lanciare la sua start up.

“L’avventura Greta” pare sia iniziata il 20 agosto 2018 quando Rentzhog, fondatore della start-up We Do not Have Time, per caso – ma toh guarda la coincidenza – incontra Greta che con tanto di cartello protesta di fronte al Parlamento svedese e pubblica un post guarda caso strappalacrime sulla sua pagina Facebook. La commozione diventa rapidamente virale. Siamo al primo giorno dello sciopero iniziato da Greta e già chi manovra dietro le quinte avverte l’odore dei soldi. Curiosamente, quattro giorni più tardi, il 24 agosto, esce il libro della madre, Scenes from the Heart, che racconta i dettagli della vita privata della coppia e della figlia. Anche questa una banale coincidenza? E’ certo invece che il business inizia a prendere quota e grazie a Greta la start up decolla: viene lanciata una campagna di crowfunding per 30 milioni di corone svedesi (circa 2,8 milioni di euro) incentrata proprio su cambiamenti climatici e alla sostenibilità.

Non solo. Emergono altri aspetti poco edificanti della vicenda. Dietro alla società We Do Not Have Time c’è il progetto di un nuovo social network destinato a coinvolgere esclusivamente le persone in materia climatica. L’obiettivo sarebbe quello di creare una sorta di social tematico che si interessa esclusivamente della galassia ambientalista e di conseguenza è facilmente immaginabile quali potrebbero essere gli interessi commerciali  dell’operazione.

Naturalmente Rentzhog, che si vanta di aver scoperto la ragazza, nega però di averne sfruttato l’immagine per raccogliere denaro. Cos’altro poteva dire questo signore? Contestualmente conferma comunque di aver avuto un ruolo centrale nella crescita della sua popolarità. Immacolati e decisamente disinteressati anche loro, i genitori, ci mancherebbe, i quali sostengono che la battaglia della loro figliola è assolutamente genuina e sincera. Ma intanto non smentiscono affatto i stretti rapporti con Rentzhog e il suo entourage.

In sostanza tutto è purezza e bellezza, nessuno ha sfruttato Greta e la sua battaglia per il clima per i propri tornaconti personali. Bene, fatto sta però che ad oggi la sola presenza della giovane popolare svedese può trasformare un semplice evento in una grande kermesse internazionale. E, salvi i presunti e sani principi che sostengono la sua azione, tutto questo vale tanti, tanti soldi. Così tanti che anche la scuola può attendere.