Compagine decorosa, voto 6. Ma mancano anima liberale ed euroscettica, rischio “pilota automatico”. Interessanti i cambi di nome ai Ministeri. Incognita Salute
Semplicemente di destra, conservatore ma senza venatura libertaria, più democristiano che sovranista, protezionista
Tutto fatto, in tempi record, nonostante le fibrillazioni dei giorni scorsi e con buona pace dello spin del giornalista collettivo che lo vedeva a rischio per i capricci e gli audio di Berlusconi.
Abbiamo un presidente del Consiglio. Anzi, forse occorrerà dire una presidente del Consiglio. E abbiamo i ministri. Già oggi il giuramento e domani il primo Cdm. Martedì, probabilmente, il voto di fiducia.
Poche brevi considerazioni a caldo sull’incarico e sulla composizione del nuovo governo.
Una donna premier
Partendo dal presidente del Consiglio: Giorgia Meloni. Per la prima volta in Italia una donna premier. Ma una donna di destra. Molto è già stato detto quindi non ci dilungheremo, ma la notizia è notevole, un passo avanti doppiamente importante.
Non solo perché abbiamo una premier donna, ma anche perché a Palazzo Chigi non è arrivata una femminista, né una figurina. Ci è arrivata una leader, fondatrice di un partito, con le proprie forze, senza spinte e favori, né asterischi, semmai lottando come una leonessa. Non vogliamo cedere alla retorica, non la facciamo troppo lunga, ci siamo capiti.
Però è un messaggio importante, sia per le femminucce che per i maschietti: la parità non è garantita da quote rosa e recinti. Merito, competizione, duro lavoro.
Mattarella
L’incarico. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci aveva abituati a tutt’altra loquacità in occasione del conferimento degli incarichi. Ieri invece ha parlato per pochi secondi. Muso più lungo del solito.
Non che ci aspettassimo chissà quale entusiasmo, ma peccato che il presidente non abbia nemmeno trovato il modo per salutare la prima donna premier in Italia. Si poteva trovare una formula garbata per sottolineare la novità. Siamo abbastanza certi che lo avrebbe fatto in altre, diciamo, circostanze… e ci siamo capiti.
I ministri
Tutto secondo le attese della vigilia. Governo politico, anche nelle poche figure tecniche, comunque “di area”. Non un dream team, ma abbiamo sperimentato che poi i “dream team” esistono solo sulla carta. Complessivamente, si tratta di una compagine decorosa. Voto 6.
La prima cosa che notiamo, con Lorenzo Castellani, è che non è un governo anti-establishment. Semplicemente di destra, conservatore ma senza venatura libertaria, più democristiano che sovranista, protezionista.
Con l’eccezione di Carlo Nordio alla Giustizia, che ci auguriamo abbia la forza e il coraggio (e il sostegno) per riforme radicali, spicca l’assenza di un’anima liberale. Zero. D’altra parte, nei partiti che lo compongono scarseggiano, per usare un eufemismo, profili e anche forti convinzioni liberali. Manca “Clint”, come direbbe Daniele Capezzone. Ma non ci aspettavamo nulla di diverso.
Il rischio che intravediamo è un eccesso di statalismo e protezionismo, in particolare nelle politiche economiche.
I Ministeri della proiezione internazionale sono decisamente connotati in senso atlantista. Continuerà senza dubbio il sostegno all’Ucraina e non si faranno sconti alla Cina, con una maggiore cura al budget della difesa. E ciò è bene.
Non si può certo definire, almeno nei nomi, un governo euroscettico. Non ci sono nomi “contundenti”, sembra un governo concepito per rassicurare e compiacere le capitali e i piani alti Ue. In particolare due europeisti all’Economia e agli Esteri, c’è il rischio “pilota automatico“, di uno scarso coraggio nelle interlocuzioni con Bruxelles. Spetterà alla premier evitare appiattimenti e cedimenti.
Anche in questo caso, ce lo aspettavamo: il problema è che in questi partiti, come abbiamo più volte osservato, manca un sano euroscetticismo thatcheriano (non sanno nemmeno cosa sia) e di conseguenza mancano le figure che possano incarnarlo.
L’incognita Salute
Incognita forse eccessiva alla Salute. Non conosciamo Orazio Schillaci, ma qui occorreva dare un segnale forte e certo l’aver fatto parte del Cts di Speranza non fa ben sperare. Dopo il biennio pandemico tutto il settore necessita di trasparenza e di un radicale ricambio ai vertici di tutte le autorità sanitarie, nessuna esclusa – ISS, Aifa etc.
I Ministeri
Interessanti i cambi di denominazione ai Ministeri, che non hanno mancato di suscitare polemiche.
Il Ministero dello sviluppo diventa “delle imprese e del Made in Italy”. Il Ministero dell’istruzione diventa anche “del merito” (ci auguriamo anche degli insegnanti oltre che degli studenti). La “transizione ecologica” viene riposta nel cassetto, speriamo di fatto oltre che di nome, a favore del Ministero dell’ambiente e della “sicurezza energetica”.
Al Ministero dell’agricoltura viene aggiunta la “sovranità alimentare”. Il Ministero del Sud sarà anche del “mare” e quello della Famiglia anche della “natalità”. In particolare i termini natalità, sicurezza energetica e sovranità alimentare stanno facendo venire forti bruciori di stomaco a sinistra. Suggeriamo di prenderla sportivamente.
Per quanto ci riguarda saremmo a favore di una moratoria della “politicizzazione” delle denominazioni dei ministeri. Oltretutto i cambiamenti costano. Però è la sinistra ad aver inaugurato questa abitudine di sostituire i nomi istituzionali con slogan programmatici.
Hanno coniato, per esempio, “transizione ecologica”, “mobilità sostenibile” e altre amenità, ora si beccheranno “sovranità alimentare”. Qualsiasi cosa voglia dire, lo scopriremo. Ma ad occhio e croce non credo che non ci vogliano più far coltivare kiwi e mangiare sushi. Vi diamo un indizio: avete mai sentito parlare della follia Nutriscore?
Federico Punzi – Atlantico