Il Governo Conte due, avendo ricevuto la fiducia delle Camere, è nella pienezza dei suoi poteri. Non ci siamo associati ai molti che hanno accusato il Presidente della Repubblica di aver permesso la formazione di un Governo di segno opposto al precedente, senza prima aver interpellato il corpo elettorale. Chi ha sostenuto questa tesi, spesso in buona fede, ha dimostrato di non conoscere l’impianto costituzionale del nostro Paese, che è una Repubblica Parlamentare, dove i Governi derivano la propria legittimazione dalla fiducia del Parlamento, sulla base delle indicazioni che i partiti (rectius i Gruppi parlamentari) danno al Capo dello Stato in ordine alle intese in corso o raggiunte tra loro. La procedura adottata da Mattarella, sotto il profilo Costituzionale, è impeccabile, anche se ha dato luogo ad un Esecutivo di segno politico diametralmente opposto al precedente. Può piacere o non piacere, ma nessuna norma del nostro ordinamento prevede un limite rispetto al cambio anche radicale di indirizzo tra un Esecutivo e quello che gli subentra.

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D’altronde, dopo le elezioni del 4 marzo 2018, si era determinata una situazione del tutto analoga, quando si erano alleate due forze che nella recentissima campagna elettorale erano schierate su fronti contrapposti e con programmi del tutto diversi. Le Costituzioni di tipo parlamentare non impongono alle forze politiche alcuna regola di coerenza al riguardo. Va inoltre ricordato come in Italia i tentativi di tipo maggioritario siano tutti falliti e pertanto si è ritornati ad un sistema elettorale prevalentemente proporzionale. Il medesimo insuccesso dei sistemi maggioritari si sta verificando un po’ ovunque nel mondo, perché, o rivelano una tendenza a trasformarsi in regimi di stampo plebiscitario, o, per evitare pericolose derive autoritarie, si avviano a ritornare al deprecato sistema proporzionale ed alle sue faticose mediazioni. Persino nella più antica democrazia del mondo, culla del liberalismo, la Gran Bretagna, il sistema elettorale maggioritario, che vige da tempo immemorabile, comincia a mostrare i suoi limiti ed il Paese appare avviato verso una fase incerta di pericolosa ingovernabilità.

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Suscita meraviglia invece che nessuno dei pennivendoli che imperversano con i loro supponenti sermoni sui grandi giornali, nei Tolk show, nei telegiornali, abbiano detto una sola parola contro un fatto gravissimo annunciato dallo stesso Presidente del Consiglio, il quale ha previsto il ruolo di capi delegazione per due rappresentanti delle maggiori forze politiche di Governo, Di Maio e Franceschini, assegnando ai medesimi, non soltanto un ufficio a Palazzo Chigi, ma precisando che saranno loro ad interloquire col Presidente all’interno del Consiglio dei Ministri, nonostante la formazione del Governo sia stata preceduta da una lunga quanto sterile polemica su quanti, chi dovessero essere i Vice presidenti. Controversia risolta con la formale rinuncia da parte di PD e M5S, ricordando come per altro tale ruolo non sarebbe previsto dalla Carta Costituzionale.

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Tuttavia, una lunghissima prassi, ormai consolidata nei decenni, aveva sempre ammesso che i Governi avessero uno o due vicepresidenti. Appare invece, oltre che vergognoso, (perché si tratta di un aggiramento della forma con una sostanziale assegnazione di fatto della medesima funzione ai due ministri sopra indicati) l’istituzione di tale anomala qualificazione di capi delegazione a due rappresentanti delle maggiori forze politiche, che non solo non è prevista dalla Costituzione, ma è ad essa contraria, poiché la Carta Fondamentale attribuisce a tutti i Ministri il medesimo ruolo e potere all’interno dell’organo collegiale del Consiglio.

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Meraviglia che il Presidente Mattarella, sempre attento al rispetto formale e sostanziale del dettato costituzionale, non abbia ancora rilevato tale gravissima violazione. Uno dei due Ministri insignito di tale qualifica ha addirittura convocato alla Farnesina, presso il proprio dicastero, i Ministri del proprio partito per imporgli le regole comportamentali alle quali dovranno attenersi. Di fatto in tali termini, la nomina di ben venti ministri risulta una finzione. Sarebbe stato più corretto nominarne due soli ed assegnare agli altri il rango di viceministri o sottosegretari, dal momento che agli altri diciotto è stato inibito persino il diritto di prendere la parola in Consiglio. Quella sollevata potrebbe apparire una questione soltanto formale, ma è di sostanza ed attendiamo un intervento determinato del Capo dello Stato e, subito dopo, la conseguente decisione di Conte di sfrattare i due intrusi da Palazzo Chigi per tornare alla normalità costituzionale.

di Stefano de Luca – Rivoluzione Liberale