Sei referendum per la giustizia giusta, obiettivo di quelle riforme che l’UE esige
La nota può cominciare con la scarcerazione di Giovanni Brusca, il super killer della Cosa Nostra, responsabile di oltre cento delitti, e tra questi l’uccisione di Giovanni Falcone, la moglie, gli uomini della scorta; e del piccolo Giuseppe Di Matteo, 12 anni, sventurato figlio di un collaboratore di giustizia. Certamente è un cazzotto nello stomaco, come dicono tanti politici, la sua scarcerazione, dopo 25 anni di detenzione. Ma i tanti politici indignati, non lo sapevano che si è applicata una legge da loro approvata? Una normativa che concede sostanziosi sconti di pena a chi in cambio fornisce notizie ed elementi fondamentali per il contrasto e la lotta alle organizzazioni delinquenziali. A stabilire che Brusca ha fornito questo consistente contributo sono stati investigatori e magistrati. Si vuole mettere in dubbio, ora, il loro operato? Perché hanno taciuto 25 anni fa, quando è stata emessa la sentenza in favore di Brusca? Allora dovevano parlare, indignarsi.
Notazione a margine: l‘orrore non è come tutti ripetono a pappagallo, aver sciolto il corpo morto del piccolo Di Matteo nell’acido; piuttosto averlo freddamente strangolato, dopo averlo tenuto incatenato per ben 25 mesi, in un buco sottoterra dove moriva ogni giorno.
“Questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata”, dice Maria Falcone a proposito della scarcerazione di Brusca. Ha ragione.
Qui si arriva ai referendum che ieri mattina sono stati presentati, nel corso di una conferenza stampa, da Maurizio Turco e Irene Testa per il Partito Radicale, e Matteo Salvini, per la Lega. Sei referendum per la giustizia giusta. Quella che invocavano e per cui si sono mobilitati in tanti, da Enzo Tortora a Leonardo Sciascia. Alcuni temi riguardano questioni che anche Falcone riteneva giusti: penso alla separazione delle carriere dei pubblici ministeri e dei giudici; alla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura; al superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale. Anche queste riforme, le voleva Falcone; per averle invocate ha subito, dai suoi stessi colleghi e da molte forze politiche, emarginazione ed isolamento.
Ma ecco i quesiti su cui tra qualche settimana si cominceranno a raccogliere le firme: responsabilità civile dei Giudici; separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti; custodia cautelare; abrogazione del testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo (legge Severino); Consiglio Superiore della Magistratura abolizione raccolta firme Lista magistrati; voto per i membri non togati dei Consigli Giudiziari.
Forze politiche come il Partito Democratico o il Movimento 5 Stelle non vedono di buon occhio l’iniziativa referendaria: è il Parlamento, dicono, che deve varare le necessarie e urgenti riforme che l’Unione Europea esige. Riforme – come il pacchetto predisposto dal ministro della Giustizia Marta Cartabia – che proprio pungolate dai referendum, potrebbero beneficiare di una corsia preferenziale ed essere approvate nel corso dell’attuale legislatura. Che si tratti di riforme urgenti lo si desume da un ‘piccolo’ fatto.
Comprensibile il disappunto del capo della procura di Verbania Olimpia Bossi che si vede smontato, in modo clamoroso, l’impianto accusatorio dal Giudice per le indagini preliminari Donatella Banci Bonamici. E’ pesantissimo giudizio sostenere che il fermo dei tre indagati per la strage «è stato eseguito al di fuori dei casi previsti dalla legge e non può essere convalidato». Se si deve dar credito a quanto riferisce ‘La Stampa’, sempre la procuratrice Bossi commenta: con il GIP Buonamici «prendevamo insieme il caffè, per un po’ lo berrò da sola». Non si rende conto di fornire così un ulteriore argomento a favore della separazione delle carriere: per anche ‘solo’ una questione di forme quel caffè Bossi e Buonamici non lo avrebbero dovuto prendere mai; né loro, né nessun pubblico ministero e Gip: per ragioni che non c’è bisogno di spiegare. Proprio quel ‘caffè’ conferma la necessità e l’urgenza di separare le carriere del Pubblico Ministero da quelle del Giudice.
di Valter Vecellio