30 anni fa, il 20 novembre 1989, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottava la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la Legge n. 176, strumento giuridico che ha rappresentato una cornice notevole di principi e diritti per tutelare la fascia più fragile della società, legata all’età, quella degli indifesi per definizione. Tale condizione di vulnerabilità non deve però solo generare la giusta tenerezza nei confronti dei bambini e dei loro potenziali problemi, ma renderci più consapevoli che una società che si occupa dei bambini è quella che guarda prioritariamente al proprio futuro.

L’Italia, con oltre un milione di bambini in povertà assoluta, presenta dati che danno la cifra di un Paese che non guarda avanti, anche perché quel milione e duecentomila bambini non esaurisce i casi di povertà educativa, di negligenza familiare, di fragilità che molto spesso prescinde dalle condizioni economiche del nucleo familiare (visto che un bambino fragile non è necessariamente povero economicamente).

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Una società che voglia dirsi civile (e direi anche intelligente) deve garantirsi che non ci sia un solo bambino in difficoltà, non tutelato. È un dramma troppo trascurato dalle istituzioni: non basta un posto nido in più (tra l’altro in tempi di pieno inverno demografico) piuttosto è necessario creare le condizioni affinché le famiglie possano garantire ai propri figli un presente e un futuro dignitoso, anche attraverso forme di demonetizzazione dei servizi e forme di supporto pubblico alla genitorialità.  Una delle proposte delle ACLI, per esempio, è quella di estendere la cedola libraia per i testi scolastici a tutti gli studenti, fino ad almeno l’assolvimento dell’obbligo scolastico e, più in generale, l’idea che i servizi sociali moderni siano un sostegno per le famiglie non nell’emergenza, ma nella promozione della dignità dei genitori e dei figli, per il benessere e l’inclusione sociale dell’infanzia.

L’infanzia (e l’adolescenza) non possono essere una delega di un ministero, o un servizio di un ente locale, o un’Autorità Garante. Il futuro di un popolo non può essere relegato a un compito specifico, ma a politiche integrate, sistematiche e organiche per la famiglia, su cui il nostro Paese è ancora molto lontano. L’urgenza però resta e non è più procrastinabile. Alla società civile organizzata il compito del pressing culturale e politico, come già l’Alleanza per il Benessere e l’Inclusione Sociale dell’Infanzia – Investing In Children ha iniziato a fare; alla Politica e alle Istituzioni, il compito di non distrarsi più e di concentrarsi sul tema, guardando al futuro e non alla pancia del Paese e dei propri elettori. Corriamo il rischio di rendere inutile un trentennale che, che come tutte le celebrazioni, va onorato con i fatti.

di Gianluca Budano

Consigliere Presidenza Nazionale ACLI

Portavoce Nazionale “Investing In Children – Alleanza per il benessere e l’inclusione sociale dell’Infanzia”