Sono 93 i giornalisti uccisi per motivi legati alla loro professione nell’anno appena terminato. Il maggior numero di vittime in Medio Oriente, come riferisce la Fij, Federation internationale des Journalistes.
Si tratta di operatori del mondo dell’informazione che hanno trovato la morte nel corso di attacchi mirati in zone di guerra o sparatorie in genere. Come detto la maggior parte delle vittime sono state registrate nel mondo arabo, 30, mentre nell’area asiatica se ne contano 28, in Sud-America 24, 8 in Africa e in Europa 3.
Nel dettaglio il rapporto stilato dalla federazione internazionale evidenzia che il più alto numero di cronisti e operatori in genere dei media sono deceduti in Iraq,15, a ruota segue l’Afghanistan con 13, 11 in Messico, 8 nello Yemen, Guatemala 6 a pari merito con la Siria, India e Pakistan con 5 morti ciascuno.
Numeri che fanno raggelare il sangue, anche se rispetto all’anno scorso sono inferiori quando le vittime furono 112.
Tuttavia la federazione insiste affinché non si abbassi la guardia su una realtà che rimane gravissima.
Ancora troppe sono le minacce, le intimidazioni che vedono sotto attacco reporter quotidianamente impegnati per informare, per capire, per spiegare i fatti che realmente accadono. “Ogni diminuzione degli atti di violenza contro i giornalisti è sempre il benvenuto ma queste statistiche lasciano poco spazio alla speranza di vedere la fine della crisi di sicuerzza nel campo dei mezzi di comunicazione“, ha detto il presidente della Fij Philippe Leruth convinto inoltre che non bisogna permettere che questi crimini rimangano impuniti.
Il caso più clamoroso è stato l’attacco avvenuto nel gennaio scorso a un minibus afghano della Tolo Tv portato a segno dai talebani che massacrarono sette persone tra giornalisti e tecnici televisivi. Senza dimenticare che il rapporto della federazione non contempla le sparizioni di giornalisti spariti nel nulla.
Per questo il presidente Leruth spinge i governi a vigilare, ad indagare su tutte le forme di violenza con un solo obiettivo: proteggere l’integrità fisica degli operatori garantendo contemporaneamente la libertà di informazione.