di Domenico Ricciotti
Alcuni giorni fa stavamo commentando una sentenza di un giudice che sanciva un nuovo diritto che non è presente nell’ordinamento italiano, ovvero il diritto alla genitorialità. Oggi, a seguito di un altro pronunciamento di un tribunale sul medesimo tema, ma di senso diametralmente opposto, si nega l’esistenza di quel diritto.
Ricapitoliamo. Il diritto alla genitorialità non è presente nell’ordinamento italiano, ma un giudice ha ritenuto questo compatibile con l’ordinamento giudiziario italiano, in quanto una coppia di omosessuali avevano adottato in Gran Bretagna una coppia di gemelli e volevano che tale adozione fosse anche registrata in Italia. Il giudice ha stabilito che questo fosse corretto, in quanto rientrava a pieno titolo nella fattispecie del diritto alla genitorialità, estensione dei più generali diritti della persona, ma questo non trova una disposizione di legge in Italia. Fin qui, si può forse contestare l’applicazione creativa di norme di diritto relative a stati esteri, ma non applicabili all’Italia. Eppure il giudice ha così sancito.
Ma cosa di dice la Costituzione? L’articolo 10 così recita: “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. Ma l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso non è ancora una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta e non certo in Italia. Eppure, il giudice, applicando il proprio personale convincimento, ha deliberato secondo il diritto alla genitorialità.
Ma veniamo al caso opposto. Esattamente alcuni giorni dopo questa sentenza, eccone un’altra diametralmente opposta. Una coppia sposata, quindi un uomo e una donna, un po’ avanti con gli anni, ma all’epoca dei fatti, lei intorno ai sessant’anni e lui sotto i settanta, hanno seguito tutte le procedure per adottare una figlia. Appena ottenuto la bambina una sentenza la toglie loro e la rende adottabile da altra coppia, in quanto, a dire della sentenza, i genitori sono troppo anziani. Ma non dovrebbe esistere un diritto alla genitorialità? Oppure è garantito solo alle coppie dello stesso sesso? Andiamo oltre. La bambina è stata così data ad altra famiglia. Oggi l’uomo ha 74 anni e la donna ha circa sessantacinque anni. Ovvero lui è largamente sotto quella soglia che è l’attuale aspettativa di vita per un uomo (oltre 80 anni), mentre lei, secondo le disposizioni della legge, non avrebbe maturato ancora il diritto alla pensione e la bambina ha compiuto i 5 anni.
Domandina facile facile. Come mai, se la Costituzione ci dice all’articolo 3 che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, queste sentenze hanno un segno diametralmente opposto? La legge non prevede l’adozione di figli da parte di omosessuali, eppure un giudice, anzi già vari giudici in Italia lo hanno già consentito. Mentre, malgrado che la vita si sia allungata, viene negato ad una coppia di coniugi eterosessuali il diritto alla genitorialità? C’è qualcosa che non torna, anzi è un vero corto circuito giudiziario. La legge esiste? E se esiste deve essere applicata. Ma è consentito ai giudici applicare il proprio convincimento al di sopra del diritto? Non credo!
In conclusione, se la Costituzione all’articolo 29 stabilisce che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e il matrimonio tra omosessuali non esiste in quanto esistono solo unioni civili senza la possibilità di adozione di minori, sta bene il fatto che il giudice sancisca un ipotetico diritto alla genitorialità, ma allora perché un tribunale di un’altra città nega quello stesso diritto ad una coppia regolarmente sposata solamente perché ha qualche anno di troppo, a giudizio del tribunale? Si tratta di fare chiarezza soprattutto nell’ordine giudiziario, dove non deve prevalere la visione del giudice, ma deve prevalere la norma scritta che poi deve essere applicata con discernimento dal magistrato. Ma consentire ad alcuni, senza uno straccio di legge, e negare ad altri lo stesso ipotetico diritto, questa è una vera aberrazione.