La destra più intransigente in Italia, Austria, Ungheria, Polonia e adesso anche in Germania  detta l’agenda sul dossier migranti. Anche a Berlino il vento è cambiato e Angela Merkel messa alle corde è stata costretta a irrigidire la politica migratoria e accettare di respingere gli immigrati su pressione del  ministro dell’Interno  Horst Seehofer che aveva annunciato la scorsa settimana di volersi dimettere nel caso in cui il governo della cancelliera non avesse attuato politiche più severe sul tema dei migranti e dei richiedenti asilo in Germania. Le eventuali dimissioni di Seehofer, che è anche il leader dell’Unione Cristiano-Sociale in Baviera (CSU), il partito conservatore regionale attivo unicamente in Baviera, porterebbero – o porteranno se l’intesa ritrovata dovesse saltare –  serie conseguenze per la coalizione che sostiene il governo Merkel formato dopo mesi di difficoltose trattative.  Seehofer e la CSU sono storici alleati dell’Unione Cristiano-Democratica di Merkel (CDU) ma hanno da tempo posizioni parecchio diverse e drastiche in quanto immigrazione in netto contrasto con quelle di Merkel propensa a maggiori aperture e inclini all’accoglienza.
Il giovane cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che ha da qualche giorno assunto la presidenza di turno dell’Ue per sei mesi, ha proposto centri di smistamento fuori dall’Unione europea.  Se nessuno rimette in discussione ufficialmente lo spazio Schengen, se i Paesi, tra cui Francia e Germania hanno già reintrodotto i controlli alla frontiera , resta il fatto che la posizione di Parigi è considerata ambigua e inaccettabile tra appelli alla solidarietà nei confronti dei partner europei e la volontà di seguire l’ondata dell’opinione pubblica anti-migranti. Macron dovrebbe calibrare meglio le sue dichiarazioni, in particolare quando si rivolge all’Italia.
maxresdefault
Certo è che l’arrivo al potere dell’estrema destra in Italia e Austria ha imposto un brusco cambio di rotta modificando i rapporti di forza all’interno del club dei 28.   A Strasburgo, dove martedì si è dibattuto sui risultati del vertice europeo del giugno scorso  sull’ immigrazione la destra europea e la destra nazionalista  hanno fatto a gara in termini di entusiasmo. Per questi esponenti il summit è stato quello della svolta che ha indubbiamente segnato la vittoria di una alleanza populista, ossia quella dei governi di Italia, Austria, Ungheria più quella di altri Paesi per il momento ancora defilati e più discreti nelle dichiarazioni ufficiali. “E’ la rivincita dello Stato nazione”, ha commentato il leader britannico Nigel Farage che tutti ricordiamo come araldo della Brexit. Per gli osservatori solitamente più neutrali la tonalità del vertice è stata determinata dalle correnti più conservatrici malgrado il fatto che la questione migranti sia oggi meno pregnante, meno allarmistica rispetto a quella di qualche anno fa visto che il numero di arrivi è sensibilmente diminuito dal picco del 2015.
Naturalmente la nuova guida del governo italiano voleva dimostrare all’unione che a Roma c’era  stato un cambio di regime per ottenere un gesto di presa d’atto da parte dei partner europei. Bene, la scommessa  è stata vinta, almeno per il momento anche se l’accordo concluso lascia in realtà più interrogativi che risposte se la creazione di centri sorvegliati dove raggruppare e separare da una parte i richiedenti asilo e dall’altra i migranti economici indispone per certi versi Roma. Non solo. Preoccupa inoltre il fatto che una maggioranza di Stati maggiori esita a uniformare le regole di Dublino per evitare che tutto il peso dei flussi ricada sui Paesi del sud e a rifinanziare i fondi per aiutare Libia e Africa.
Ma ad imporsi oggi a destra è Kurz , il giovane 31enne che sembra seguire il modello Viktor Orbàn, primo ministro di Ungheria, e Matteo Salvini. Qualche giorno fa, come detto, aveva evocato il principio di organizzare centri per migranti fuori dai confini europei individuando come zona i Balcani. L’idea inizialmente era stata giudicata poco realistica ma alla fine è stata adattata e adottata da altri leader che adesso individuano centri di sbarco lungo le coste sud  del Mediterraneo. Kurz, il cui Paese ha assunto la presidenza di turno semestrale dell’Ue, ha indicato senza sorprese che l’Austria privilegerà il controllo delle frontiere esterne e una politica di accoglienza restrittiva. Il giovane cancelliere governa Vienna con l’estrema  destra della  FPO e vuole fare dell’immigrazione la priorità dell’Unione europea con un approccio tutto basato sulla sicurezza. Approccio che è stato riassunto in un documento preparatorio in vista dell’incontro del 12 e 13 luglio prossimi tra i ministri dell’interno in cui Vienna, in maniera più o meno velata,  assimila gran parte dei migranti a potenziali delinquenti. Prima di questa riunione il tedesco Seehofer  ha previsto di incontrare il suo omologo  italiano Salvini mentre nei giorni scorsi ha parlato con Kurz.
Gli ultimi eventi confermano che il fenomeno populista imprime il segno anche nel nord scandinavo. In Danimarca il partito popolare impone la sua supremazia e ormai socialdemocratici e liberali sono all’unisono con questo partito sul tema migranti.   In Svezia i conservatori e socialdemocratici tentano senza successo di recuperare elettori sedotti dall’estrema destra dei democratici svedesi lanciandosi in una corsa al rialzo in termini di proposte per indurire le condizioni di accoglienza.
Di fatto il successo di Viktor Orbàn ha contagiato il resto dell’Unione per quanto riguarda le proposte sul versante immigrazione. Che la crisi sia politica lo dimostrano anche le vicende a Berlino dove si è sfiorata la rottura della grande coalizione proprio sulla scottante questione migratoria. Un poco ammaccata Merkel per  ora sopravvive a un’altra battaglia politica. Il centro con la grande coalizione ha retto ma all’orizzonte si intravedono presagi molto più infausti. E non solo per la Germania.