Mai vista una campagna elettorale così balorda: ogni partito sembra impegnato a procurare voti e consensi all’avversario. L’intesa raggiunta da Letta con Sinistra Italiana e Verdi è un pretesto per Calenda. La motivazione della rottura è molto più prosaica: la paura che il suo potenziale elettorato gli potesse voltare le spalle
Caro Lettore, chi ti scrive di campagne elettorali ne ha viste ormai parecchie. Le campagne elettorali sono come le guerre: ognuno gioca per sé, mira ad accaparrarsi il ‘bottino’ (vale a dire i voti), ed è perfino ‘normale’ che i vari contendenti si sferrino l’un l’altro colpi proibiti e sotto la cintura: “A’ la guerre comme à la guerre”. Mai vista tuttavia una campagna elettorale così balorda come quella per le Elezioni 2022: ogni partito sembra impegnato a procurare voti e consensi all’avversario.
I ‘poli‘, nel momento in cui si scrive, fondamentalmente sono quattro: la coalizione attorno al Partito Democratico; la coalizione di destra-centro; il Movimento 5 Stelle; un fantomatico e ipotetico terzo polo, in cui si sono accampati Matteo Renzi con Italia viva, e Carlo Calenda di Azione (vedremo se troveranno un’intesa o se ognuno marcerà per suo conto). Con il loro ‘dire’ e con il loro ‘fare’ ognuno di questi poli sembra lavorare non tanto per sé (cosa comprensibile), quanto per gli altri. I vari leader, se li si ascolta e li si valuta ognuno separatamente, ottengono il risultato di far apprezzare l’avversario. Poi, ovviamente, accade che l’elettore mette insieme il ‘dire‘ e il ‘fare‘ di tutti, e presumibilmente si radicherà nell’opinione già maturata da anni da un buon 40 per cento di elettorato: quello di rifiutarli in blocco e non andare a votarli.
La disaffezione al voto sarà di tutta evidenza confermata e probabilmente anche accentuata. E’ ben vero che il voto è un diritto, e lo si può esercitare o ci si può astenere dal farlo. Ma quando è almeno la metà dei votanti che rifiuta la scheda mandando il messaggio: “Siete tutti uguali, e tutti quanti vi rifiutiamo” qualche campanello d’allarme dovrebbe pure suonare. Non è così. Anzi: partiti e leader politici sembrano ingegnarsi perché questa disaffezione non solo si consolidi, ma aumenti. Tuffiamoci allora in questo melmoso mare della politica politicante.
La decisione di ‘rompere‘ con il PD, Calenda l’ha presa dopo aver freneticamente compulsato i sondaggi da cui emerge che la sua ‘base’ non ha affatto gradito il ‘patto’ siglato con Enrico Letta. Questi ‘terzisti’ moderati non disponibili a dare fiducia al destra-centro, e al tempo stesso per nulla entusiasti di votare il PD, avevano comunque un ‘porto’ nel quale trovare rifugio: Renzi. L’intesa raggiunta da Letta con Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e i verdi di Angelo Bonelli, è un pretesto. E’ un’intesa meramente elettorale e non di governo; inoltre, se è vero che molti sono i punti di dissenso, è anche vero che tanti sono i punti di dissenso tra Azione, Più Europa e il PD: dai temi eticamente sensibili alla giustizia.
No, la motivazione della rottura è molto più prosaica: la paura che il suo potenziale elettorato gli potesse voltare le spalle. Chissà che non accada comunque, dopo l’ennesima contorsione.
Il leader di Azione parla a ‘Mezz’ora in più‘ di Lucia Annunziata: «Non intendo andare avanti con l’alleanza. Non mi sento a mio agio, non c’è dentro coraggio, bellezza, serietà e amore a fare politica. È la decisione più sofferta che io abbia mai preso da quando ho iniziato a fare politica». Ora, aggiunge, c’è «una grande ammucchiata di persone. Da parte mia non c’è stato un equivoco, ma l’ingenuità che il Pd fosse pronto a decidere di rappresentare la sinistra senza correre dietro a Fratoianni, Bonelli e domani ai 5 stelle, che Letta avesse capito che la coerenza è fondamentale. Che il Pd avesse fatto la sua Bad Godesberg. E ho sbagliato».
Ora c’è chi ipotizza una possibile intesa con Renzi. Strada in salita. «Non l’ho sentito, ma gli dirò che come non si fa la politica destra contro sinistra non si fa nemmeno contro chiunque. Bisogna spiegare agli italiani come governare», dice Calenda. Par già di vederli, questi due galli nella piccola stiàccia. Ci sono problemi pratici e molto concreti da risolvere. E’ vero che Calenda dispone di rappresentanze sia al Parlamento Europeo che in quello italiano; ma le interpretazioni non sono univoche, e dunque il leader di Azione potrebbe essere costretto a raccogliere le firme per la presentazione di liste autonome. Poco più di una settimana. Da questo punto di vista tutto consiglia a stringere un nuovo accordo con Renzi. Il leader di Italia Viva ha già gettato un primo amo: «Ora è il momento della Politica con la P maiuscola. Abbiamo un’opportunità straordinaria». I contatti con Renzi, che imbarca nella sua lista l’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti, sono già in corso; anche se Italia viva è intenzionata a fissare dei paletti: «Non si può parlare di alleanza, sarebbe una follia»: una coalizione, per superare lo sbarramento deve raggiungere il 10 per cento. Un rischio troppo alto. Resta la possibilità di confluire in una lista comune: equivale a ‘pesarsi’ e iniziare una battaglia per ottenere i migliori posti nei listini proporzionali, così da avere il seggio sicuro; che sono molto pochi.
E Più Europa? Non ci pensa neppure a mettere in discussione l’alleanza con il PD. Anzi, ora che Azione se ne va, c’è la possibilità di guadagnare qualche ulteriore collegio sicuro. «Nel patto siglato col PD», fanno sapere, «era evidente che ci sarebbero state altre liste ed era evidente che ci sarebbe stato un rapporto politico privilegiato con noi, basato sulla continuità dell’azione del governo Draghi, rispetto al patto elettorale con le altre liste». Quindi, non solo si è rotto l’accordo tra Azione e PD, ma si è rotto anche quello tra Azione e Più Europa.
Il PD, com’è logico, non l’ha presa per nulla bene: un imbufalito Letta accusa Calenda di volersi alleare solo con Calenda: «Parla di ‘onore‘. Onore è rispettare la parola data. Un accordo, una firma, una stretta di mano tra persone leali e serie: questo è onore. Il resto, compreso l’attacco alla destra e alla sinistra tutte uguali, è populismo. Populismo d’élite, ma pur sempre populismo».
A destra non si aspettava che questo. Gongola il leader della Lega Matteo Salvini: «A sinistra caos e tutti contro tutti! Avanti compatti, Lega e centrodestra, con il bene dell’Italia come unico obiettivo. Il 25 settembre si cambia!». Non perde l’occasione per irridere Giorgia Meloni: «Nuovo colpo di scena nella telenovela del centrosinistra. Calenda ci ha ripensato e non si sposa più con Letta, forse scappa con Renzi. Letta mollato sull’altare pensa ora al suo vecchio amore, mai dimenticato, Conte. Il gran finale di stagione tra 7 giorni, quando scadrà il termine per la presentazione delle alleanze».
Situazione balorda, si diceva. Meloni può vincere. Ha un solo problema: Salvini. Letta potrebbe non perdere rovinosamente. Ha però due problemi: Calenda e il PD. Ma tutti loro, che finora si sono fatti scudo (e alibi) della cosiddetta ‘agenda Draghi’ che faranno ora che con perfida bonomia proprio Mario Draghi ha detto, in sostanza, che questa agenda non esiste?
Valter Vecellio – L’Indro