Il distacco della gente vera dalla politica è ormai siderale. Nessuno più ascolta questi politicanti, ma nemmeno si pone il problema di ascoltarli. La disillusione è profonda, totale
Attonito, devo dire, attonito verso la fine del pomeriggio del giorno di chiusura delle Elezioni 2021, attonito vedo il viso giulivo -sì, giulivo con tutto ciò che questa parola comporta- di Enrico Letta, ‘il dotto’, congratularsi con sé stesso e con il suo (suo?) partito, per la ‘vittoria‘ strabordante, il successo incontrovertibile, anche di lui stesso, che finalmente avrà uno stipendio.
Eh sì, perché, con qualcosa come il 35% ha battuto l’avversario, col 25%, nelle elezioni suppletive di Siena e Arezzo, dove ha votato meno del 50%. Ed è andata pure bene, perché altrove hanno votato anche meno persone.
È felice, dice, perché è stata premiata la concretezza delle proposte: come dire che le ‘parole d’ordine’ di un tempo, di poco tempo fa invero, le parole d’ordine dello stipendio ai giovanotti pagato con i soldi delle abitazioni sontuose dei ricconi e dello ius soli, sono scomparse. Non si capisce se voglia dire che non si parla più di quelle cose. Ora si bada alle cose concrete, e ci si congratula perché si è presentato senza simbolo, con una miriade di ‘simbolini’ strani, a dimostrazione che il PD, il suo personale PD, è inclusivo e vince grazie all’appoggio di altri, pardon, di liste civiche. Delle quali ho già detto cosa penso e quindi mi fermo.
Ma è felice, ‘il dotto‘, perché Beppe Sala vince a Milano stracciando l’avversario, e lo stesso fanno Matteo Lepore a Bologna (anche con l’aiuto della sardina in scatola … lo ricordate?) e Gaetano Manfredi a Napoli. Quasi ci riesce anche altrove, insomma, dice, vince. Ma mica si domanda come mai quelli hanno vinto così: non certo perché hanno amministrato bene, non prendiamoci in giro, forse perché, oltre ad amministrare, hanno ‘fatto politica’ davvero. Ma su ciò torneremo.
Non dice cosa, vince. Lo stipendio ai giovani con le case dei ricchi, lo cancella, forse dopo avere parlato con Monica Cirinnà, o col suo ricco cane. Lo ius soli, lo lascia a Giovanni Malagò, che si prepara a incoronare cittadini italiani chiunque sappia vincere una corsa o fare un salto più in alto di altri.
Una vittoria smagliante! Suvvia non si può mica dire di no, poverino lui, che finalmente torna in Parlamento a prendere uno stipendio, lui è contento felice per le smaglianti vittorie del PD, grazie alla sua direzione … questo non lo dice, ma si capisce dal guizzo dei suoi occhi dietro gli occhiali.
E, è talmente contento, che fissa anche la strategia degli avversari, la ‘destra‘, spiegando sussiegoso che la destra perde se non ha Silvio Berlusconi. Non si capisce se lo dice per dare un’imbeccata a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, o perché pensa che essendo ormai Berlusconi agli sgoccioli, potrebbe portarli insieme a lui alla rovina. Mi dovete riconoscere che non sono io il cattivo: avete mai sentito uno dire che vince perché gli altri non si sono lasciati guidare da un certo specifico suo avversario? Se è il segretario del PD, vuoi vedere che vuole diventarlo anche di Forza Italia o, magari di Fratelli d’Italia.
Usciamo un momento dallo scherzo, magari un po’ greve, e ciò che emerge chiarissimo da questo voto è che la gente, tutta la gente di destra e di sinistra, non ne può più di loro, di tutti loro. Non vanno più a votare, neanche per cercare di scegliersi il Sindaco. Già, nemmeno quello, ma perché lo scelgono gli elettori il Sindaco? A giudicare da certi nomi e da certe carriere, direi proprio di no. Basterebbe pensare all’eletto napoletano.
Ma, certo, gli eletti sono stati bravi. Ecco il primo punto che vorrei sottolineare: sono stati bravi ad allearsi con questo e con quello, a inventare ‘liste civiche‘, a -lo vogliamo dire?- manovrare. Bravi, magari poi, con comodo per carità, ci direte che diamine avete concordato, così giusto perché il popolo bue ne abbia un’idea, sia pure fuggevole.
Ma tant’è.
E non è che la destra abbia di meglio da dire. Per loro, come per la sinistra, il punto centrale dovrebbe essere: come diamine si fa a fare tornare gli elettori a votare? Che cosa si è fatto di male perché gli elettori ormai ci schifano? Queste sarebbero le prime domande da farsi già la sera stessa del voto, per poi approfondire, studiare, chiarire. Ma non lo fanno.
E a questo punto, riguardo la faccia ilare del ‘dotto’, e mi chiedo: ma davvero costoro si pongono il problema di capire perché la gente non va più a votare e perché se vota sceglie ridicole ‘liste civiche’, che non sono altro che liste di clienti, e di aspiranti sotto-governanti. Ne ho già parlato e non ci torno, ma questa sarebbe davvero una questione da studiare e approfondire.
Il distacco della gente vera dalla politica è ormai siderale. Nessuno più ascolta questi politicanti, ma nemmeno si pone il problema di ascoltarli.
La disillusione è profonda, totale; la convinzione che sia inutile informarsi e chiedere perché il ceto politico è di lega così bassa che nemmeno sanno perché sono lì.
Resta solo una cosa, bella e giusta perché funziona, ma che rischia di diventare, anzi, ha già cominciato a diventare pericolosissima: Mario Draghi. Draghi che fa tutto da solo, che li lascia sfrenare e poi fa a modo suo. E, sia chiaro, fa bene, anche se poi la democrazia ne risente un po’ … tanto! Il problema è: che succede se, finito Draghi, come non per caso vogliono fortissimamente le destre di Salvini e Meloni, questi ultimi due riuscissero nel disegno di mandare Draghi al Quirinale e prendere loro il potere, con quelle premesse? Non che, sia chiaro, io mi fiderei gran che di altri, a cominciare da Renzi e, probabilmente, dal neo-parlamentare ‘dotto’. Magari non ne sarebbero nemmeno coscienti, ma allora sì che mi porrei il problema di controllare se ho pagato la tassa sul passaporto.
Giancarlo Guarino – L’Indro