Al meeting di Rimini, un discorso da fine mandato, pignolo nel dire tutto, ma proprio tutto quanto fatto, quindi un discorso che mette sulle tremolanti ginocchia dei prossimi politicanti di governo un peso che c’è da dubitare che sapranno portare
Mario Draghi, con una battuta crudele, davvero crudele e senza pietà, ha concluso, con la solita apparente freddezza, il suo discorso al meeting di Rimini -che non si capisce perché sia tanto gettonato, salvo a volerne riconoscere la natura di lobby del cattolicesimo conservatore, ma tant’è. Ha concluso, dico, perché il tono e, appunto, la crudeltà dell’ultima battuta, mi danno l’impressione, forse sbagliata, che abbia inteso dire che lui non è più disponibile. Se poi per altre esperienze è tutto da vedere, ma, da come ha parlato, non credo proprio che sarebbe, lui, disponibile ad una esperienza presidenziale in versione meloniana.
La battuta?
‘Mi chiedono di agende, io non ho agende, ho un metodo‘. Questo è il senso di quando dice: «Molte volte mi è stato chiesto di descrivere la mia ‘agenda‘ che –nelle intenzioni di chi vuole che si descriva– dovrebbe essere un insieme di proposte da lasciare al prossimo governo. Ma io credo che saranno gli italiani, con il loro voto, a scegliere i loro rappresentanti per la prossima legislatura e quindi il programma del futuro esecutivo.
Io posso solo fare –come fatto con voi oggi– una sintesi dei principi e del metodo che hanno guidato l’azione del nostro governo e dei risultati che ne sono conseguiti». E’ un ceffone da stordire a chi ciancia di agende Draghi o a chi ‘combatte’ le agende Draghi.
Chi possa raccogliere la sua eredità, cioè applicare il suo metodo, è veramente difficile immaginarlo. Certo non le prime donne in salsa renziana, ma certamente nemmeno le improvvisazioni di una ‘nuova’ politica attenta alla scelta di vecchie presunte competenze, e illusa che basti cambiare la Costituzione per risolvere i problemi.
Nemmeno, temo, da chi si propone per la lealtà piuttosto che per le idee, anche se, almeno, ha qualche carta in più, ma anche, a quanto pare, qualche voto in meno.
Draghi ha elencato, letteralmente con puntiglio, tutte le cose che ha fatto. Anzi, con una leziosità un po’ da primattore, ha detto e si è corretto aggiungendo l’intero Governo: tutte le cose che hanno fatto.
Ha sempre evitato la parola ‘io‘, l’esatto contrario dei nostri politicanti da strapazzo che usano solo quel pronome. L’esatto contrario anche dei politicanti che ‘si’ propongono di risolvere tutto con pochi colpi bene aggiustati. Li avete letti, li avete sentiti: il ‘mio codice penale’ che è nel cassetto del Ministero e ora lo riaprirà e tutto si risolverà; oppure il neo-Bartali dell’economia, che constata con arroganza che nessuno ha capito nulla tranne lui. E così via.
Perché una cosa, Draghi, ha tenuto a sottolineare, schiaffeggiando senza pietà i lamenti degli anti-Europa della perdita di sovranità e sciocchezze varie con cui ci si immagina di governare, anzi, schiaffeggiandoli a sangue quando ha detto la pura verità: che in Europa ci sono cittadini che sono stati tassati per aiutare l’Italia, che finora (non ha usato la parola ma era lì, sul leggio, chiara e forte) ha onorato l’impegno.
Ognuno, poi, decide da sé, ma attenti: è vero che l’Europa, o meglio gli altri cittadini europei, cioè i nostri concittadini (quando mai certa gente capirà questa banalità, sì, ma fondamentale), si sono tassati per aiutarci, ma è anche vero (e questo, perfidamente, non lo ha detto!) che i soldi promessi arrivano a rate, e si fa presto a saltarne qualcuna.
Però, il suo Governo ha onorato l’impegno, mettendo in campo quello di cui parlavo prima senza dire la parola, una cosa che, dicevo, ha sottolineato: l’‘autorevolezza‘, grazie alla quale, pur essendo quelli che chiedono più soldi di tutti a tutti gli altri cittadini europei, quei soldi arrivano.
Frase dura, sferzante, ma anche malinconica. Draghi ovviamente non lo dice, ma il senso è chiaro: chi oggi in Italia può accampare non dico la stessa ma un centesimo della sua ‘autorevolezza‘? ammesso e non concesso che i nostri politicanti sappiano che significa.
Autorevolezza, ha detto chiaro, che deriva da un fatto certo, chiaro ed innegabile: l’Italia, oggi, unico Paese in Europa, ha un Prodotto Interno Lordo in crescita.
Ma non basta, -secondo me ridendo molto tra sé- ha affondato e ritorto il coltello nella piaga, perché, alla faccia di Salvini e di chi con lui vuole superare i limiti del bilancio, non solo non lo ha fatto, ma ha ridotto la percentuale di debito sul prodotto interno.
Era visibilmente soddisfatto, quando lo ha detto, e con l’aria di dire: beh, provateci voi ora!
E poi, di nuovo, a mostrare la propria autorevolezza sul piano internazionale e con riferimento alla guerra in Ucraina, a ribadire che occorre fare la pace, sia pure nei termini che sono più accettabili dall’Ucraina. L’ho scritto molte volte questo: Draghi non è matto, né scemo, altri lo sono.
Ha detto chiaro che ora, subito, ci vuole la pace, sia pure nel rispetto della volontà ucraina. Che detto a suocera perché nuora intenda, significa banalmente (ma anche brutalmente) ‘fate la pace, cedendo quanto si deve‘. O, se preferite, per fare la pace si negozia a partire dallo status quo.
Il resto, di un discorso inusualmente lungo, è stato la spiegazione di quello che ha (pardon: ‘hanno’ … su, coraggio, non vi fa ridere, che so: Giggino incluso?) di quello che ha fatto. Un discorso tipico e serissimo da fine legislatura, da fine mandato, perfino pignolo nel dire tutto, ma proprio tutto, e quindi specialmente un discorso che mette sulle tremolanti ginocchia dei prossimi politicanti di governo un peso che dubito molto sapranno portare.
Giancarlo Guarino – L’Indro